Viaggi e viaggiatori dell’antichità
Abbiamo finora visto il rapporto diretto dei Sardi con il mare; ora invece, giusto per questa volta, viaggeremo sulle ali della fantasia… della mitopoiesi, ovvero della nascita dei miti, soprattutto a quelli legati appunto alla navigazione. Non c’è terra antica nel Mediterraneo che non abbia conosciuto un eroe venuto dal mare o conquistatore che lo abbia sfidato, a volte vincendo altre volte soccombendo a lui.
Il fascino del mito, anche per noi uomini moderni rimane immutato e ancora oggi, guardando il nostro grande mare, pensare a loro è quasi naturale.
Tra gli sfavillanti e coloratissimi tesori racchiusi nelle case dell’antica Pompei, la città romana distrutta dall’eruzione del Vesuvio, si nasconde un graffito ormai quasi cancellato dall’incuria e dal tempo. Vi appare una nave, non particolarmente grande, ma tuttavia imponente, con una ampia vela, un groviglio di cime e sartie, merci disordinatamente sparse sul ponte, un uomo a prora in un autoritario atteggiamento di comando e un’altro, pericolosamente in equilibrio in cima al pennone che sembra saluti con gioia.
E’ solo un piccolo disegno che una mano sconosciuta ha voluto lasciare sulla parete di una abitazione, ma che ci trasmette inequivocabilmente un mondo antico, fatto di mare, viaggi e commerci e, perché no, di sogni.
Il graffito appare preciso, eseguito da qualcuno che ben conosceva il mondo del mare e delle navi, che verisimilmente ha viaggiato a lungo, come mercante o come semplice e umile marinaio che ha avuto la possibilità di conoscere il via vai di merci e imbarcazioni in uno dei numerosi porti e approdi del Mediterraneo. Sullo scafo appare una scritta: Europa. Certamente l’anonimo disegnatore non poteva immaginare che un giorno quel nome avrebbe designato un intero continente.
Il nome Europa si riferisce a uno dei miti più antichi della civiltà classica; Europa è il nome di una bellissima fanciulla di Tiro, la città dei Fenici, alla quale apparve un giorno, mentre giocava sulla spiaggia, un toro maestoso. La ragazza dapprima spaventata, ebbe poi il coraggio di avvicinarsi all’animale e accarezzarlo. Il toro in realtà era Zeus, il re degli dei che, invaghitosi della giovane, aveva preso quelle sembianze per ingannarla.
Infatti, non appena Europa gli si sedette in groppa, si lanciò nel mare, iniziando con lei un lungo viaggio. Questo rapimento, nel mito, sta alla base della storia europea; la coppia raggiunse l’isola di Creta e dalla loro unione nacque Minosse, che sarebbe diventato il più celebre dei re cretesi e forse dell’intera tradizione greca. Minosse fu un sovrano civilizzatore e legislatore e, come racconta lo storico Tucidide, lui fu il primo a creare un impero del mare procurandosi una flotta, controllando una parte del Mare Egeo, dominando delle isole, imponendo tributi ed eliminando la pirateria dalle rotte marittime; una vera talassocrazia che presuppone il controllo del mare e delle sue rotte, i traffici commerciali e il flusso delle ricchezze e dei tributi.
L’apogeo della civiltà marittima cretese si ebbe tra il XVIII e il XV secolo a. C.
D’altra parte il mito di Europa ci racconta anche altro: il padre della giovane inviò i suoi tre figli alla ricerca della sorella e il loro viaggio si trasformò in un percorso di civilizzazione che portò alla fondazione di città in diversi territori del Mediterraneo, dalla Cilicia alla Tracia, dalla Fenicia alla Grecia, Tebe stessa, una delle città cardini del mitico sistema greco, che avrebbe dato i natali a eroi come Eracle ed Edipo, fu fondata secondo la tradizione da Cadmo, fratello di Europa. Lo stesso eroe avrebbe in seguito fondato Rodi, per secoli crocevia di culture e uno degli epicentri dei commerci mediterranei in cui si sono succeduti I guerrieri micenei, i mercanti di schiavi greci e romani, i cavalieri crociati e i mercanti arabi.
Il rapimento di Europa è solo uno dei molti miti del Mediterraneo antico imperniati sull’idea del viaggio. Le peregrinazioni di Ulisse, le avventure di Giasone e dei suoi compagni sulla nave Argo, i lunghi viaggi di Eracle costretto a superare prove sempre più ardue sono esempi ben noti, ma vi sono molte altre storie, magari legate a tradizioni locali, che raccontano o presuppongono viaggi e imprese lontane.
Ma quando fu e chi furono i primi viaggiatori?
Nel IV millennio a.C. gli uomini costruirono i primi agglomerati urbani nelle terre comprese tra il Tigri e l’Eufrate, e diedero vita alla prima nazione unita lungo le rive del Nilo. I corrieri cominciarono a fare la spola da un centro all’altro, gli amministratori a spostarsi all’interno dei territori di loro competenza, i commercianti a seguire i circuiti dei mercanti, le folle a spostarsi dalle loro abituali residenze e ad affluire nei santuari nei giorni festivi.
Gli orizzonti si ampliarono in modo eccezionale poco dopo il 3000 a. C., quando i costruttori di navi impararono a disegnare imbarcazioni capaci di navigare in modo relativamente sicuro e confortevole in mare aperto. Queste trasportavano carichi attraverso il Mediterraneo orientale tra l’Egitto ed il Medio Oriente, su e giù per il Mar Rosso tra l’Egitto e l’Arabia, sul Golfo Persico e l’Oceano Indiano tra la Mesopotamia e le coste nord-occidentali dell’India.
Non sappiamo esattamente chi fu il primo a costruire una vera e propria flotta. Potrebbero benissimo essere stati gli Egizi dato che, situati lungo un fiume navigabile per eccellenza, si rivolsero all’acqua assai presto nel corso della loro civiltà.
Erodoto narrava: “Quando il Nilo inonda la campagna, l’intero Egitto diventa un mare, e solo le città spuntano sulla superficie delle acque. Quando questo avviene, la gente usa le barche…”
Nella prima metà del IV millennio a. C. essi viaggiavano in canoe e zattere costruite con fasci di canne di papiro, pianta che cresceva a profusione lungo le rive; la famosa cesta su cui fu abbandonato Mosè doveva essere certamente fatta con queste canne. Intorno al 2700 a.C. utilizzavano già robuste imbarcazioni di legno; mezzo secolo dopo si hanno notizie di una flottiglia di quaranta navi che effettuò la traversata dalla costa libanese alle foci del Nilo.
La Mesopotamia ha due grandi fiumi, ma nessuno è utilizzabile quanto il Nilo; benché siano ambedue navigabili, non c’è nessun vento favorevole che prevalga per spingere le imbarcazioni contro corrente. Intorno al terzo millennio a.C. venivano comunemente usate piccole imbarcazioni fluviali di legno; quando le stesse ritornavano da un viaggio seguendo la corrente, venivano rimorchiate controcorrente da un carro trainato da terra da una fila di persone o di animali. I battellieri armeni, che partivano dal lontano nord e di là si allontanavano un bel tratto, facilitavano il loro lungo ritorno usando leggere zattere sostenute da numerosi otri di pelle gonfiati.
E’ sempre Erodoto, nel V secolo a.C. a raccontarci: “…ciascuna zattera aveva a bordo un asino vivo, le più grandi più d’uno. Una volta arrivati a Babilonia e venduto il carico, mettono all’asta le strutture della barca, caricano le pelli sugli asini e ritornano a piedi in Armenia”.
La zattera sostenuta da otri, come naturale, era la più adatta per superare le rapide che essi incontravano quando il Tigri attraversa le montagne dell’attuale Kurdistan; se urtava contro una roccia, il peggio che potesse capitarle era prodursi alcune falle, che venivano riparate in breve tempo.
Gli abitanti della Mesopotamia, nei loro bassi e calmi canali, preferivano usare, specialmente per i trasporti da riva a riva, larghe e rotonde imbarcazioni fatte di pelle impermeabile cucita intorno a una intelaiatura di vimini. Queste imbarcazioni erano abbastanza grandi per trasportare carri e persino pesanti carichi di pietre da costruzione.
Ora i nostri mari sono solcati da navi portacontainers che ripercorrono spesso le stessi rotte già tracciate da quei naviganti che tanto ci hanno insegnato; malgrado i grandi liner attraversino i Continenti in poche ore, il fascino delle crociere rimane immutato, quasi a voler rivivere le emozioni già provate da chi ci ha preceduto nel vedere pian piano comparire la terra dopo tanto sconfinato mare.