Mostra DE INSULA - Locandina

De insula

La mostra “De insula” è un'iniziativa unica e corale, promossa dall’Arcidiocesi di Oristano e dal Comune di Oristano, insieme al Museo Diocesano Arborense e alla Fondazione Oristano, che offrirà al pubblico un inedito corpus di oltre 300 opere d'arte tra tele, ceramiche e sculture dal XIX secolo ai giorni nostri.

“L’inaugurazione coincide con la festa del Santo patrono dell'Arcidiocesi Arborense e della città di Oristano e rinnova la vicinanza storica tra l’istituzione comunale e quella religiosa” come è stato sottolineato questa mattina durante la conferenza stampa di presentazione dal Vice Sindaco e Assessore alla Cultura Massimiliano Sanna, da monsignor Paolo Ghiani vicario generale dell’Arcidiocesi, dal Direttore della Fondazione Oristano Francesco Obino e dai curatori della mostra Silvia Oppo (direttrice del Museo diocesano Arborense) e Antonello Carboni.

“De insula” affida all’intelligenza dei collezionisti privati la ricostruzione di pagine di cronaca e di storia del capitale artistico raccolto in Sardegna. Un vasto arco temporale, che abbraccia 160 anni, viene raccontato nei volti, nelle luci, nei costumi e nelle forme attraverso un meraviglioso mondo iconografico in cui tutto parla di noi. Sono presenti 300 opere, tra tele, ceramiche, installazioni e sculture che manifestano i cambiamenti di epoca sia da un punto di vista stilistico sia da un punto di vista antropologico, sociale e culturale. Il viaggio ha inizio in un clima rarefatto, come nel ritratto ieratico di signora, realizzato da un grande maestro dell’Ottocento, e si conclude in un magmatico universo contemporaneo.

Emoziona osservare come la continuità di una figurazione classica e tradizionale nei temi, possa riaffiorare sotto nuove vesti nel mezzo di mutate esigenze sociali e istituzionali. Il vecchio che lascia lentamente spazio al nuovo che avanza, conglobandosi e stratificandosi nell’invenzione di una nuova tradizione, e l’irruzione improvvisa dell’influenza di movimenti artistici hanno determinato l’affermazione di un nuovo gusto estetico in una società non sempre pronta e disponibile a recepire l’arte come elemento fondamentale per la crescita di una comunità. Nel frattempo, giovani artisti talentuosi emergono nei primi anni del Novecento e le committenze, non solo istituzionali e cimiteriali, si ampliano lentamente grazie al nuovo ceto borghese in cerca di prestigio e di un posizionamento sociale. Fioriscono sempre più le botteghe, le Mostre di Arte Sarda si affermano e il clima del dibattito culturale si fa più intenso. Le sale espositive dedicano ancora nel 1921, per esempio, Le sale espositive dedicano ancora nel 1921, per esempio, ampio spazio agli artisti dell’Ottocento come Ballero, Rossino e Melis Marini mentre Ciusa si inserisce in modo unico e considerevole come anello di congiunzione che lega il passato al presente dei giovani Altara, Dessy, Albino Manca e Federico Melis.
Per assistere al vero cambiamento di paradigma è necessario attendere la fine degli anni’50. Sebbene già Mauro Manca sia stato precursore immaginifico nella produzione artistica isolana, la vera rivoluzione arriva grazie ad un folto gruppo di giovani artisti che cercano di spazzare via, con violenza e accesa critica, tutto ciò che rappresenta la tradizione, abbandonando il figurativo e sposando totalmente l’informale.
Si costituisce negli anni ‘60 un mondo binario, tradizione che si cristallizza e procede lenta verso il suo naturale declino e sperimentazione che guarda con voluttà al mondo che cambia.
L’onda lunga della forza prorompente delle neovanguardie, promossa soprattutto a partire dagli anni '70 dalla galleria Arte Duchamp di Cagliari, comincia ad assopirsi anch’essa sul finire degli anni ‘80, lasciando incertezza ed un vuoto che lentamente viene ricolmato dalle nuove generazioni di artisti che, forse inconsapevolmente, hanno già compiuto una terza rivoluzione estetica, attraverso temi e modelli di un mondo in cui l’Io è  esploso, fluido, e si cerca furiosamente di ricomporlo e dargli almeno una forma momentanea.