La preistoria
Riprendiamo a parlare di archeologia; stavolta ripercorreremo meglio i periodi preistorici con i suoi orizzonti culturali anche attraverso le immagini degli elementi decorativi di cultura materiale. L’appuntamento è per le due puntate che vedranno prima il Paleolitico e di seguito il Neolitico.
Per lungo tempo le culture preistoriche in Sardegna erano state considerate particolarmente arretrate a causa dell’isolamento, e perciò i reperti sardi erano stati classificati come assai più recenti di altro materiale analogo rinvenuto in diverse regioni del mondo mediterraneo; oggi invece risulta chiaramente che la Sardegna esercitò un forte potere di attrazione e mantenne un intenso scambio culturale con i territori “oltremare” ed in certi momenti assunse persino un ruolo di guida nel Mediterraneo occidentale.
Il Paleolitico
Solo dal 1980 la letteratura specialistica ha cominciato ad interessarsi dell’uomo paleolitico in Sardegna. Fino a quel momento si riteneva che i primi colonizzatori avessero raggiunto l’isola solo al principio del Neolitico, circa 8000 anni fa. Le prime indicazioni di una colonizzazione molti più antica furono all’inizio assai scarse; si trattava di reperti sporadici di utensili paleolitici nell’Angola, a nordest della Sardegna, e più precisamente nella regione alluvionale del Riu Altana alla confluenza con il Rio Anzos, presso Perfugas.
I reperti inoltre erano stati evidentemente levigati dalla lunga permanenza fra i detriti fluviali, quindi la loro origine doveva ricercarsi risalendo il fiume.
I reperti di Perfugas hanno suscitato un problema molto elementare: come è arrivato l’uomo paleolitico in Sardegna? Molte teorie si basavano sull’ipotesi di un antico ponte terrestre Sardegna-Corsica-Elba o persino Sardegna-Liguria. E’ noto che i periodi glaciali provocavano ripetutamente un forte abbassamento del livello del mare di alcune decine di metri ma, nonostante ciò, per quanto ne sappiamo ora, fra il massiccio sardo-corso e le isole della Toscana è sempre rimasta una profonda fossa.
Assai più importante sembra un altro problema: perché l’uomo paleolitico volle venire in Sardegna? Come viveva? Che animali cacciava? Che aspetto aveva il suo ambiente naturale? Solo da poco tempo questi problemi di clima, flora e fauna della Sardegna preistorica vengono studiati con particolare attenzione.
Nel 1982 un gruppo di ricercatori iniziarono un lavoro pioneristico in questo settore e soprattutto attraverso una grande quantità di resti ossei provenienti dalla Grotta Corbeddu di Oliena dove gli scavi hanno evidenziato una successione di tre strati argillosi nella terra rosso bruna del suolo della caverna. Lo strato più superficiale, datato al radiocarbonio[1] circa al 4280 a.C. rivelava la presenza di ceneri e carboni di focolari, avanzi di pasto costituiti da molluschi marini e terrestri, crostacei, pesci, animali domestici e selvatici, utensili in ossidiana e frammenti di ceramica decorata. Nello strato intermedio, datato al 7130 a.C., tra i carboni appaiono ossa di Prolagus Sardus, un roditore oramai estinto un po’ più piccolo di un coniglio ma privo di coda, segno della probabile presenza dell’uomo. Nello strato più basso, datato sempre al radiocarbonio all’11610 a.C. numerose ossa del cervo estinto Megaceros Cazioti fra cui un cranio eccezionalmente ben conservato insieme alle grandi corna ramificate. La presenza dell’uomo era dimostrata da tracce di lavorazione su molte ossa, come pure altre particolarità che non potevano sfuggire ad un paleontologo.
Nel 1987 gli scavi raggiunsero uno strato ancora più profondo, con tracce di frequentazione umana risalente a oltre 25000 anni fa.
La caverna da cui provengono oggi i più antichi resti umani che siano mai stati rinvenuti in un’isola del Mediterraneo porta il nome del più famoso bandito della Sardegna Giovanni Corbeddu Salis (1844-1898) che, durante i diciannove anni della sua vita di fuorilegge, regolò con l’autorità di un patriarca la convivenza fra i banditi della regione.
[1] Nelle datazioni al radiocarbonio c’è sempre una tolleranza, sia in positivo che in negativo, di qualche secolo.