Le aree funerarie neolitiche

Le aree funerarie neolitiche

Stiamo viaggiando in quel remoto periodo che è il Neolitico; ora vedremo una parte molto affascinante della vita dei nostri antichi progenitori: la religiosità espressa attraverso la monumentalità delle sepolture rupestri e gli altri monumenti funerari.

 

De Domus de Janas e i rilevi taurini

La religiosità e la forza creativa della cultura di San Michele di Ozieri, come già visto nella precedente pubblicazione, si manifestano soprattutto nelle oltre duemila tombe rupestri, che orami fanno parte del paesaggio della nostra isola, esse sono le Domus de Janas o case delle fate.
Queste tombe rupestri, verosimilmente scavate nella roccia con primitivi attrezzi di pietra, costituiscono non di rado delle necropoli più ampie che comprendono da due e tre dozzine di tombe. Analoghe tombe rupestri a camera sono note per tutto il III millennio a.C. in tutta l’area mediterranea, dalla Siria fino al Portogallo, ma in Sardegna costituiscono un fenomeno particolarmente ricco e definito.
Al lungo arco di tempo della cultura di Ozieri corrisponde la molteplicità delle forme delle tombe, che vanno dai più semplici “forni” a una sola cella, alle labirintiche costruzioni funebri di ben venti camere, fino alle strutture monumentali che danno l’impressione di palazzi sotterranei come quelle di Sant’Andrea Priu o di veri templi funerari come quelli di Montessu.
Tra i resti dei corredi che furono gettati fuori dalle tombe in occasione di successive sepolture secondarie, si trovano regolarmente frammenti di ceramica di Ozieri, che indicano l’utilizzazione più antica ma, sui riti funerari dell’epoca si hanno notizie alquanto imprecise.
A differenza delle sepoltura del successivo orizzonte di Bonu Ighinu dove si praticava l’inumazione, nelle tombe rupestri di San Michele di Ozieri i morti venivano sepolti solo dopo la scheletrificazione.
Ora vedremo alcune delle maggiori aree funerarie presenti nell’Isola; la necropoli rupestre di Santu Pedru si estende sul versante meridionale dell’omonima collina di trachite presso Olmedo. La tomba più grande è posta quasi sulla vetta e in epoca bizantina fu ristrutturata e trasformata in una chiesa scavata nelle roccia con due absidi e due altari; un’altra tomba si trova ai piedi della collina, subito a fianco della statale per Alghero. Si entra attraverso un corridoio lungo ben 16 metri che all’estremità si allarga in un piccolo spiazzo e particolarmente suggestive sono le imitazioni del tetto a travatura che dimostrano come il defunto volesse essere deposto in una fedele copia del suo ambiente abituale.
Troviamo ancora le imitazioni delle intelaiature delle porte, una diversa dall’altra; molte aperture presentano un architrave aggettante su due stipiti verticali.
Vediamo ora le numerose tombe a domus si Sant’Andrea Priu presso Bonorva, vicino alla chiesa di Santa Lucia, in una piccola valle sotto il margine nord dell’altipiano di Campeda. Dalla parete rocciosa sono crollati grossi blocchi con parti di alcune delle venti tombe; la cosiddetta Tomba del Capo ha una superficie di circa 250 metri quadrati con dei grandi atri a colonne e la falsa porta di fronte all’entrata della camera più interna.
Anche le tombe di questa necropoli sono fedeli imitazioni delle forme delle case si allora.
Le tombe rupestri a camera corrispondono a una visione del mondo largamente diffusa nell’area mediterranea.

 

Tombe megalitiche e luoghi di culto

Presso Arzachena, nella necropoli di Li Muru, le ciste litiche sono circondate da diversi anelli concentrici composti da lastre più piccole disposte verticalmente. Tra i doni funebri si sono rinvenute asce di pietra levigata, teste di mazza, coltelli di selce e collane di elementi a olivella in pietra, ma solo scarsi resti di ceramica senza caratteristiche particolari.
I dolmen più grandi, come si trovano soprattutto negli altipiani di Buddusò e Bitti, finora si sono potuti attribuire in alcuni casi alla cultura di Ozieri, assai più chiaramente gli innumerevoli menhir rivelano rapporti con l’Occidente. Molte di queste perdas fittas, come vengono chiamati in Sardegna i menhir, potrebbero oggi essere attribuite alla cultura di Ozieri.
I menhir sardi arrivano spesso solo ad altezza d’uomo ma si trovano anche esempi di maggiori dimensioni.
Nella rapida carrellata di immagini si possono ammirare le domus dell’area della cosiddetta Valle dei Menhir di Villa S. Antonio e di Monastir.