Scheda: Luogo - Tipo: Edifici monumentali

Palazzo Pira-Sanna (Casa di Eleonora)

Palazzo Pira-Sanna (Casa di Eleonora). Foto di Gianfranco Casu_SarGea. © Archivio Fotografico MuseoOristano

La cosiddetta Casa di Eleonora è un raro esempio di architettura civile del tardo Cinquecento, ben lontano dal passato medievale della città.

Via Parpaglia

 


Lat: 39.905330 Long: 8.592013

Costruzione: XVI Sec. (1500-1599) - XVII Sec. (1600-1699)

Categorie

  • giudicessa | palazzo | edificazione

Tag

  • stemma

Il palazzo Pira-Sanna, noto come Casa di Eleonora, è un rarissimo esempio di architettura civile sarda del tardo Cinquecento. In un momento cronologico imprecisato si diffonde l’idea che l’edificio risalga all’epoca medievale, e inoltre che abbia ospitato gli stessi giudici tra la fine del XIV e l’inizio del XV secolo. La leggenda trova conforto nell’aspetto del fabbricato per la  presenza di alcuni stemmi in facciata. Così come si presenta attualmente, l’edificio può invece ben inquadrarsi tra la fine del XVI e il principio del XVII secolo.  Ritenuto generalmente frutto di un unico lavoro per la cornice di marcapiano su due livelli, l’edificio sembra aver conosciuto invece due momenti di realizzazione. Gli incauti interventi operati al piano inferiore hanno determinato la perdita della decorazione degli ingressi, i cui elementi litici sono in almeno un caso completamente risarciti. Alla fine del XVI secolo può ascriversi il settore destro: il piano nobile presenta tre aperture con stipiti modanati e architravi in trachite verdastra, che inquadrano in una doppia cornice lo stemma della famiglia Sanna (animale affrontato/rampante all’albero deradicato). Il lato sinistro del prospetto ha invece due aperture maggiori inquadrate da semicolonnine culminanti in un timpano con schematica decorazione floreale, certamente opera di picapedrers (scalpellini) locali. All’interno l’edificio è impostato su robusti e ampi archi a sesto acuto in laterizio. La foggia rinascimentale e la rigida decorazione di stipiti e cornici, unita all’impiego di archi ogivali, denunciano l’attività di maestranze locali pesantemente legate a modi costruttivi tardo-gotici ma a conoscenza delle novità continentali. L’edificio non è quindi protagonista isolato di una fase di stasi edilizia, come suggerito in passato, ma pienamente inserito nel rinnovo edilizio della Oristano del tardo Cinquecento e del principio del Seicento. A questo periodo e allo stesso sincretismo tardo-gotico/rinascimentale vanno ascritte infatti le fabbriche della chiesa di San Domenico, alcune cappelle della chiesa di San Martino e altre – perdute ma note dai documenti – nella chiesa di San Francesco. Le caratteristiche dell’ampio edificio rimanda, più che a un’abitazione privata, all’impiego degli ambienti come magazzini (forse un granaio) e come stalle. Attualmente ospita locali commerciali.