Chiesa di San Giovanni di Sinis

Chiese romaniche della Sardegna

Finora ci siamo sempre occupati di archeologia della Sardegna, dei suoi antichi abitatori, di coloro i quali hanno intrattenuto forti scambi culturali e commerciali e, parte preponderante dei contributi, della megalitica architettura. Oggi invece verranno proposti degli approfondimenti di storia dell’arte medievale.
Visitiamo insieme alcune delle più belle chiese romaniche dell’Isola...

 

La Sardegna non ebbe nei periodi storici arte propria, mentre in epoche preistoriche le forme architettoniche e scultoree raggiunsero uno sviluppo che non ebbero uguali nelle altre regioni italiane; i grandiosi monumenti megalitici come i nuraghi, per il loro numero, per la loro imponenza e perfezione, attestano la potenza raggiunta da quelle genti sarde dell’Età del Bronzo e, dopo questo lungo periodo la nostra fu arte riflessa, alla quale mancò quella caratteristica locale.
Le forme artistiche Bizantine, come le chiese di San Giovanni di Sinis, di San Saturnino di Cagliari e ancora di Assemini e Sant’Antioco di Bisarcio e di altri avanzi architettonici e costituiscono un complesso di elementi che mette in luce questo periodo; la chiesa era costituita da un nucleo centrale coperta da volta a bacino con quattro navate in modo da formare una pianta a forma di croce greca; mancano per quell’epoca le navate trasversali e di quella anteriore si hanno solo i muri perimetrali.
La cupola a bacino, elemento tipico delle chiese bizantine, poggia su un tamburo ed il raccordo di questo è a sezione quadrata con la volta semisferica è ottenuto mediante quattro peducci formati da due lunette.
La chiesa di San Giovanni di Sinis ha forma basilicale e potrebbe riferirsi all’XI o XII secolo analizzando alcune strutture.
La durata della dominazione e della civiltà bizantina dovette indubbiamente manifestarsi con più imponenti opere di quelle ora conosciute.
Un mistero avvolge le vicende della nostra Isola durante la decadenza dell’impero bizantino e al sorgere dei giudicati; questo cambiamento di regime non può essere avvenuto pacificamente, ma tutto ci induce a ritenere che la costituzione dei quattro giudicati autonomi sia stato il risultato di un periodo convulso di lotte; nel 1087 il pontefice Vittore III si doleva dello stato rovinoso delle chiese sarde esortando i vescovi a dar maggiore impulso alle costruzioni di carattere religioso.
Le chiese medievali sarde, benchè per nobiltà di linee e per l’eleganza delle forme assurgano a vere opere d’arte, sono modestissime per le ridotte dimensioni e per la sobrietà delle decorazioni. Le condizioni economiche dell’Isola non permisero l’esecuzione di chiese a cinque navate, come si trovano frequentemente nelle altre regioni d’Italia. Le cupole non si riscontrano nelle chiese romaniche sarde, malgrado i tanti modelli che ai costruttori locali offrivano le chiese bizantine.
Mancano inoltre le costruzioni rotonde e poligonali che nel periodo romanico si costruivano per lo più ad uso di battistero.
In Sardegna l’influenza dei materiali da costruzione sull’architettura dei suoi monumenti è sensibile specialmente per la bellezza e la varietà delle sue pietre, come ad Ardara dove la presenza dei numerosi crateri vulcanici spenti ha favorito l’uso unico del duro basalto. Con una architettura sobria e priva di decorazioni, mentre a Sorres, Saccargia e Tergu, dove troviamo giacimenti calcarei, i costruttori trassero materiali dalla natura colorata per una armonica alternanza di filari bianchi e neri, con elementi decorativi quali cornici e capitelli scolpiti.
Le tenere arenarie delle cave di Dolianova permisero ai costruttori della antica cattedrale di San Pantaleo di sbizzarrirsi nelle più svariate decorazioni.
La mancanza quasi assoluta di muratura in cotto caratterizza la tecnica dei costruttori medievali, malgrado l’antica tradizione romana che traeva delle ottime argille.
La decorazione che maggiormente caratterizza le nostre chiese è il fregio con archetti sommitali dei muri esterni, seguendone le pendenze; l’esempio più ricco di questo motivo decorativo è dato dai muri laterali e nell’abside della chiesa di San Pietro di Sorres, meno in quelle di Santa Giusta e San Gavino di Porto Torres, dove gli archetti sono quasi sempre a tutto cerchio ma non mancano le decorazioni trilobate, come nella bellissima chiesa di Santa Maria di Bonarcado.
Nelle chiese romaniche la porta ha quasi sempre una funzione decorativa molto importante con un architrave decorato che poggia su solidi pilastri, così come la troviamo ancora a Saccargia o a San Nicolò di Ottana; in molte porte sono effigiati leoni, come simboli della custodia della chiesa come le possiamo ancora vedere a Santa Giusta.
Le finestre aperte nelle chiese sarde, sono bifore o trifore quando campeggiano nelle facciate, di cui costituiscono il miglior ornamento ma si riducono a semplici feritoie nei fianchi o nelle absidi.