Pintaderas

Pintaderas

La storia e le storie legate alla ceramica del territorio di Oristano rimandano ai secoli del passato. Per cercare di ricostruire la trama e risalire alle più lontane origini di questa antica vocazione del nostro territorio pubblichiamo oggi un intervento di Lucio Deriu, Archeologo, Operatore Culturale impegnato come Tecnico dei Servizi Educativi presso il Museo Archeologico Antiquarium Arborense di Oristano, che ha studiato le pintaderas, i celebri timbri per pani sacri di età nuragica, che rappresentano proprio nell’area dell’Oristanese, una preziosa quanto peculiare testimonianza della lavorazione della ceramica.

 

Pintaderas è un termine del lessico castigliano utilizzato per definire timbri per decorare il pane, vocabolo con il quale i conquistadores spagnoli, nel primo Cinquecento, indicarono i timbri che il popolo dei Maya usava per tatuaggi sulla pelle umana.
Negli studi archeologici sardi, Antonio Taramelli, nel 1916, tra gli oggetti in terracotta della collezione oristanese dell’Avvocato Efisio Pischedda, ereditata in parte dall’Antiquarium Arborense, individuò alcune pintaderas in terracotta, definendole “impronte per focacce”.
Fu dunque il fertile suolo del Sinis a restituire le prime pintaderas nuragiche della Sardegna, testimonianze rappresentative di questi timbri per pani cerimoniali recanti sagome circolari, a sagoma ellittica e a sagoma rettangolare.
L’archeologo oristanese Salvatore Sebis è l’autore della scoperta di numerosi esempi di pintaderas in varie località dell’Oristanese e in particolare negli scavi di alcuni ambienti del nuraghe Nuracraba del Rimedio.
Questi timbri di terracotta servivano a ornare pani cerimoniali per occasioni festive, consuetudine che si mantiene nel corso dei secoli, anche in ambito punico, romano e bizantino (eulogiai), giungendo fino ai giorni nostri con la tradizionale lavorazione de su pani pintau, particolarmente noti quelli decorati in occasione della Pasqua o “su pani de is isposus” realizzati in queste occasioni di festa, anche attraverso l’utilizzo di arnesi o piccoli strumenti come sa marca o pintapani, in prevalenza di legno.
Allo stato delle conoscenze, è l’Oristanese la zona a far registrare il più elevato quantitativo e la più vasta seriazione tipologica delle pintaderas, a questo dato si aggiunge il fatto che solo in questo territorio è documentato il tipo ellittico. Come già accennato, lo scavo di un’area domestica presso il nuraghe Nuracraba del Rimedio ha restituito sette frammenti di pintaderas tra cui quella integra con il maggiore diametro di circa cm 15.

A tutt’oggi appare ancora distante una corretta ed univoca interpretazione per quanto attiene l’iconografia presente sulla faccia frontale di questo semplice ed umile disco in terracotta, dotato posteriormente di una sorta di piccolo pomello per consentirne la presa, la cui preziosità è da ricondurre sicuramente anche alla rarità ed estrema sporadicità dei ritrovamenti. Questo dato farebbe ipotizzare che le pintaderas fossero verosimilmente appannaggio di una specifica classe di personaggi di rango, da inserire forse della sfera del sacro che, in determinate cerimonie corrispondenti a precisi momenti di vita delle comunità nuragiche della prima età del ferro (X secolo a.C. – VI secolo a.C.), timbravano i pani da distribuire al popolo. Nelle immagini che seguono si potrà notare come gli stessi elementi iconografici presenti nelle pintaderas si trovino nelle fusioni degli scudi dei bronzetti o, ancora con maggior precisione, nelle piccole figurine degli offerenti il pane, con la chiara riconoscibilità di grosse pagnotte che riportano i segni di una pintadera a sviluppo radiale.