LO SCAVO ARCHEOLOGICO DI SA OSA 7 Coppe di cottura (nn. 1-2, scala 1:4) e scodelle (nn. 3-4, scala 1:3)

LO SCAVO ARCHEOLOGICO DI SA OSA 7

Con questo settimo contributo sull’area archeologica di Sa Osa si è deciso di presentare un testo “integrale” a cura della collega archeologa Laura Pau su un elemento importante quale è una “fossa”, già precedentemente descritta tipologicamente.

L’intento è quello di far conoscere a Voi lettori il reale impegno che un archeologo pone nel momento in cui presenta una relazione di scavo descrivendo puntualmente tutti gli elementi di cultura materiale in esso contenuti, non solo traducendo in forme integre i frammenti presentati ma eseguendo attente analisi comparative su altre forme simili rinvenute in contesti cronologicamente sincroni.
Un lungo e attento lavoro al fine di allargare quanto più possibile i campi di indagine e rivedere con la mente i fitti contatti di scambio tra insediamenti, a volta anche distanti tra loro, magari alla ricerca di possibili analogie nel modo di lavorazione e di tipologia di argille; l’evidenza di un vasto repertorio di forme comuni per dimensioni e spessori a riprova sia della varietà di alimenti che costituivano la cucina sarda che alternava cibi solidi ad altri liquidi da cucinare e contenere in forme chiuse come le scodelle ed altri solidi serviti in forme aperte come ciotole e ciotoloni fino a vere e proprie grandi spiane circolari, lavorate al tornio veloce e di ottima cottura in forno.
Alle semplici analisi comparative eseguite in sede di pulitura e disegno dei reperti potrebbero aggiungersene altre con diagnosi da eseguirsi mediante sistemi di laboratorio come le indagini alla sezione sottile, ovvero trarre un frammento di minima sezione ed analizzare la composizione chimica dei suoi componenti e confrontarli con i dati contenuti in appositi data-base ove sono  presenti le caratteristiche minero-petrografiche di molti suoli già campionati; tali analisi confermano con assoluta certezza la provenienza dell’argilla utilizzata e individuare, se non le aree di lavorazione, la diffusione di quelle ceramiche all’interno del territorio attraverso artigiani che producevano manufatti non esclusivamente per la propria comunità.
Spero si possa aggiungere un altro tassello che meglio chiarisce la figura a volte molto “romantica” dell’archeologo e al contempo comprendere quanto sia difficile trovare una risposta univoca ai tanti quesiti che uno scavo condotto in termini scientifici presenta.
Vi auguriamo una buona lettura.

 

La fossa B dell’insediamento nuragico di Sa Osa (Cabras – OR). Analisi preliminare del materiale ceramico (LAURA PAU)

1. La fossa B di Sa Osa

La fossa B dell’insediamento nuragico di Sa Osa è situata nell’area meridionale del sito, ed è adiacente ad una struttura muraria (Edificio A) relativa ad una fase di poco precedente.
La fossa, che si trova all’interno del quadrato Y20, nei settori 14, 15, 19 e 20, è scavata in depositi a matrice argillo-sabbiosa, e attraversa una stratigrafia piuttosto complessa, che comprende fasi nuragiche e prenuragiche.
A fasi nuragiche, ma precedenti e riferibili prevalentemente al Bronzo recente, si possono riportare gli strati pertinenti all’Edificio A, che era a sua volta coperto da strati con materiali del Bronzo finale; tutti questi strati furono poi tagliati dalla fossa B, che quindi risulta, successiva all’edificio A e agli strati che in parte lo ricoprivano.
La fossa, la cui funzione doveva quella di discarica, ha intercettato livelli antropici di più antica formazione, fattore che spiega la presenza, all’interno degli strati del bronzo finale, anche di alcuni frammenti riconducibili alla facies Sub-Ozieri, tra cui elementi di tripodi e probabilmente i reperti in ossidiana.
Nel corso dell’indagine, iniziata durante la prima campagna di scavo del 2008, sono stati individuati diversi strati di riempimento, tutti caratterizzati da un’abbondante presenza di ceramica e di malacofauna. Al momento, lo scavo del contesto non può dirsi ultimato; verranno quindi presentati, in via preliminare, solo alcuni reperti ceramici relativi alla campagna 2008, rimandando ad una successiva analisi lo studio complessivo della stratigrafia e del materiale nella sua totalità.
Gli strati finora indagati erano caratterizzati da una simile matrice sabbio-argillosa di colore bruno, e si distinguevano soprattutto per via della composizione, ovvero della maggiore o minore presenza di malacofauna e carboni, e per le diverse inclinazioni dei reperti, che suggerivano differenti azioni di scarico dei rifiuti.
La fossa B ha restituito numerosi materiali ceramici e diversi reperti in ossidiana, tra cui una cuspide di freccia ben conservata, e abbondanti resti di pasto: molluschi marini o lagunari (soprattutto Cardium o Cerastoderma glaucum, arselle lisce, ma anche altri tipi di bivalvi, tra cui alcuni resti di ostriche), resti di pesci e ossa di mammiferi, alcune recanti tracce di lavorazione; tra i resti di pasto gli elementi malacologici sono nettamente prevalenti sugli altri tipi di fauna.
Le ceramiche oggetto di questo studio provengono prevalentemente dai primi strati indagati (US 2 e 83), che hanno restituito un’abbondante quantità di reperti; tra queste è notevole la presenza di coppe di cottura di grandi dimensioni, presumibilmente utilizzate per la preparazione dei molluschi, che erano numerosissimi e diffusi, spesso ancora aderenti ai frammenti.
Tra la ceramica recuperata, oltre alle già citate coppe di cottura, vi sono scodelle, ciotole carenate, olle, calefattoi e pesi da rete: questi ultimi confermano, insieme ai resti di ittiofauna e ai molluschi, l’importanza che la pesca doveva avere presso la comunità di Sa Osa.

2. Il materiale ceramico
Per l’analisi della ceramica, che come si è detto è ancora in corso di studio e catalogazione da parte di chi scrive, si è proceduto a una distinzione in categorie e a una sottodivisione in base alle caratteristiche salienti dei diversi esemplari, tentativo che rappresenta il primo passo per una classificazione tipologica dell’intero repertorio ceramico della fossa B[1]; il materiale è stato poi confrontato con quello proveniente da diversi siti della Sardegna, al fine di ottenere un inquadramento cronologico il più possibile affidabile, almeno per quelle forme ceramiche che mostrano affinità con altre provenienti da contesti con stratigrafie attendibili, con maggiore attenzione ai siti dell’Oristanese, dai quali provengono peraltro alcune delle analogie più stringenti con il materiale di Sa Osa.
Per cercare di ottenere una definizione del contesto in senso cronologico si è tenuto conto inoltre della proposta di distinzione in fasi del Bronzo recente e finale, ad opera di F. Campus e V. Leonelli[2], oltre che di alcuni lavori di recente pubblicazione su alcuni contesti del Bronzo finale e Primo Ferro dell’Oristanese[3].

2.1. Coppe di cottura
Come già accennato, all’interno della fossa B erano presenti numerosi frammenti di coppe di cottura, riconducibili a diversi esemplari, tutti di grandi dimensioni; ne vengono in questa sede presentati due (fig. 1:1-2), rimandando a un successivo approfondimento l’analisi complessiva dei restanti frammenti pertinenti a questa categoria ceramica, che sono in corso di catalogazione e restauro da parte di chi scrive.
Le due coppe trovano confronti con il tipo 136.Cop.6 della classificazione di Campus e Leonelli[4], in particolare con l’esemplare da Montigu Mannu di Massama[5], e con il tipo 137.Cop.7, all’interno del quale è presente il frammento dal Nuraghe Losa di Abbasanta[6], che si avvicina molto al pezzo di Sa Osa.
Due prese assimilabili a quelle presenti sulle coppe di cottura della fossa B provengono invece dall’abitato di Pidighi di Solarussa, dai vani Z e Y[7]; le prese di Pidighi, anch’esse presumibilmente pertinenti a coppe di cottura, farebbero propendere per una datazione di queste ceramiche al Bronzo finale avanzato o al I Ferro, fasi a cui l’autore data gli ambienti in cui esse sono state rinvenute[8].

2.2. Tegami
Il frammento ceramico con labbro ispessito e tagliato obliquamente, formante spigolo interno (fig. 1:3), di probabile attribuzione alla classe dei tegami (anche se potrebbe trattarsi anche di uno scodellone: la frammentarietà del pezzo non ne permette una sicura attribuzione all’una o all’altra categoria), non trova confronti puntuali, ma è accostabile, per la foggia dell’orlo, agli scodelloni del tipo 139.Sco.2[9], che presenta però forme leggermente più aperte.
Questa specifica varietà del tipo, che comprende tre esemplari dal villaggio di S. Barbara di Bauladu[10], è datata da Campus e Leonelli al Bronzo finale, ma secondo S. Sebis e A. Usai, il contesto principale di questo sito è invece riferibile al Primo Ferro.

2.3. Scodelle
Le scodelle troncoconiche (figg. 1:4, 2:1), con orlo arrotondato, sono confrontabili con il tipo 226.Scod.14, costituito da due esemplari, uno proveniente dalla Mitza Pidighi di Solarussa (recinto semicircolare) e uno dal nuraghe Santu Antine di Torralba[11], e con il tipo 227.Scod.15, in particolare con le scodelle dal recinto della Mitza Pidighi di Solarussa[12], dallo strato 5 del focolare del vano F3 del nuraghe Su Mulinu di Villanovafranca[13] e dal nuraghe Adoni di Villanovatulo[14]. Il tipo Scod.14 è datato da Campus e Leonelli al Bronzo finale, mentre il tipo Scod.15 è considerato di lunga durata, ma vi compaiono anche esemplari provenienti da contesti riferibili al Bronzo finale - I Ferro[15].
Delle due scodelle della fossa B, quella che presenta l’orlo assottigliato e un profilo esterno più rettilineo (fig. 2, 1), è confrontabile anche con una proveniente dal pozzo sacro di Cuccuru ‘e is Arrius[16], nei livelli che l’autore data alla II fase, quindi a un momento compreso tra il Bronzo finale e il I Ferro, e con uno dalla Mitza Pidighi di Solarussa, dal livello superiore dello strato 13[17].
La scodella a profilo convesso, con pareti lievemente inclinate all’esterno e orlo arrotondato (fig. 2:2), trova confronto con il tipo 307.Scod.95 datato al Bronzo finale, e composto da materiali provenienti da siti prossimi a Sa Osa: tre esemplari sono attestati infatti a Cuccuru ‘e is Arrius di Cabras[18], e uno dal nuraghe Nuracraba di Oristano[19].
Altri confronti si hanno con la varietà A del tipo 246.Scod.34[20], che è dagli autori considerato un tipo di lunga durata, e che presenta al suo interno materiali provenienti dallo strato 13 della Mitza Pidighi di Solarussa e dal livello 4 del vano F1 di Su Mulinu di Villanovafranca.
Altri confronti sono con la varietà B del tipo 260.Scod.48, in particolar modo con gli esemplari provenienti da S. Marco di Settimo S. Pietro[21], dal nuraghe Nolza di Meana Sardo[22], dal recinto semicircolare della Mitza Pidighi di Solarussa[23] e dalla torre F (strato 7) del nuraghe Antigori di Sarroch[24].
La scodella con orlo marcatamente rientrante e labbro arrotondato (fig. 2:3), trova confronto con il tipo 274.Scod.62[25]. Le analogie più stringenti all’interno del tipo si hanno con le scodelle provenienti dagli strati 4 e 5 sconvolti del vano F3 Su Mulinu di Villanovafranca[26], dal nuraghe Adoni di Villanovatulo[27] e dal villaggio del nuraghe Sa Ruda di Cabras[28]. La scodella di Sa Osa presenta l’attacco di un’ansa, frammentaria, che è verosimilmente del tipo a maniglia, altro elemento che la avvicina agli esemplari citati.
La scodella con orlo molto rientrante e labbro arrotondato (fig. 2:4), simile alle due precedenti, trova confronti con il tipo 277.Scod. 65[29], in particolare con gli esemplari dal nuraghe Nolza di Meana Sardo[30], dalla capanna 2 del villaggio di Brunku Madugui di Gesturi[31] e da Santa Vittoria di Serri[32].
Le scodelle con orlo fortemente rientrante e labbro arrotondato (figg. 2:5, 3:1) si avvicinano al tipo 279.Scod.67, varietà A[33], diffuso nella Sardegna centrale. Questo tipo è costituito da esemplari provenienti dalle capanne 6 e 8 del villaggio di Brunku Madugui[34] di Gesturi, dalla loc. Perda Niedda di Gesturi, dal villaggio del nuraghe S. Imbenia di Alghero[35], dalla Mitza Pidighi di Solarussa (strato 13)[36], dal nuraghe Nolza di Meana Sardo[37].
La scodella a profilo arrotondato e orlo lievemente rientrante (fig. 3:2) trova confronto con il tipo 271.Scod.59[38], costituito da un unico esemplare, proveniente dal Nuraghe Piscu di Suelli[39], e con le scodelle da S. Marco di Settimo S. Pietro[40], classificate nel tipo 296.Scod. 84[41].
La scodella con orlo verticale a profilo rettilineo e orlo tagliato obliquamente (fig. 3:3) trova confronto con il tipo 289.Scod.77[42], che è diffuso nella Sardegna centrale ed è costituito da esemplari provenienti dal villaggio del nuraghe Genna Maria di Villanovaforru[43], da Brunku Madugui di Gesturi[44], dal nuraghe Corti Beccia di Sanluri[45], dalla Capanna 135 di Su Nuraxi di Barumini[46], da Su Putzu di Orroli[47], dal nuraghe Nolza di Meana Sardo[48]; Campus e Leonelli datano questo tipo al Bronzo finale-I Ferro. La scodella di Sa Osa si avvicina anche al tipo 296.Scod.84, e anche in questo caso si tratta di una forma che potrebbe essere di lunga durata; il tipo è composto da esemplari provenienti da S. Marco di Settimo S. Pietro e dagli strati 4 e 5 sconvolti del vano F3 di Su Mulinu di Villanovafranca, datati da Ugas al Bronzo finale e I Ferro.

2.4. Ciotole
Le ciotole analizzate presentano il diametro all’orlo inferiore o approssimativamente equivalente a quello alla carena, e sono ben confrontabili con diversi tipi presenti nella classificazione di Campus e Leonelli.
Le ciotole con pareti al di sopra della vasca a profilo concavo, lievemente inclinate all’interno, e con labbro arrotondato (fig. 3:4-6), sono accostabili al tipo 361.Cio.10[49]; in particolare le ciotole che mostrano caratteri più marcatamente simili a quelle di Sa Osa provengono da Cuccuru ‘e is Arrius di Cabras[50], dall’ambiente 9 di Brunku Madugui di Gesturi[51], dal nuraghe Nuracraba di Oristano[52] e dal nuraghe Nolza di Meana Sardo[53].
La ciotola con orlo lievemente rientrante, a profilo concavo e labbro arrotondato, che presenta una decorazione plastica sulla parete al di sopra della carena (fig. 3:7), è confrontabile con il tipo 370.Cio.19, che è costituito da esemplari da Santa Vittoria di Serri[54], dallo strato 13 della Mitza Pidighi di Solarussa[55], dalla capanna 17 di Genna Maria di Villanovaforru[56], da S. Anastasia di Sardara[57]. Il tipo di Campus e Leonelli, che è datato alla I età del Ferro, è caratterizzato dalla presenza di una decorazione plastica al di sopra della carena, elemento che ricorre anche nell’esemplare di Sa Osa.
Oltre che con il tipo Cio.19, questa ciotola, che mostra caratteri simili anche ai due frammenti appartenenti alla stessa classe precedentemente analizzati, si può confrontare con il tipo Cio.10, e con una ciotola dal tempio a pozzo di Cuccuru ‘e is Arrius[58], inquadrata nel tipo 382.Cio.31, che è caratterizzato da un profilo molto simile, ma anche da una forma complessiva più aperta, con un diametro all’orlo equivalente a quello alla carena.
Altri due frammenti con profilo simile a questo esemplare possono essere accostati agli stessi tipi appena citati; si può affermare quindi che queste forme trovano nel complesso confronti con materiali databili tra il Bronzo finale e il I Ferro.
La ciotola con carena arrotondata e labbro tagliato obliquamente (fig. 4:1) è simile al tipo 366.Cio 15[59], in particolare alle ciotole dalla capanna 5 del villaggio di Brunku Madugui di Gesturi[60]; in questo tipo compaiono anche esemplari dal nuraghe Nuracraba di Oristano[61] e dagli strati 4 e 5 sconvolti del vano F3 di Su Mulinu di Villanovafranca[62].
Ulteriori confronti per questo esemplare provengono anche dal nuraghe Orgono di Ghilarza[63], da Su Putzu di Orroli (tipo 401.Cio.50 di Campus e Leonelli), che presenta però uno spigolo interno più accentuato[64], e da Monte Olladiri di Monastir[65], da cui proviene una scodella che rientra nel tipo 504.Cio.153: in questo caso il confronto non è però puntuale, perché nonostante il profilo sia molto simile, il tipo è caratterizzato da un diametro all’orlo maggiore di quello alla carena. Infine nella proposta di cronologia di Campus e Leonelli compare una tazza con profilo simile a quello di Sa Osa: gli autori la datano al BF 2[66].
La ciotola con carena arrotondata e orlo poco svasato, decorata con due solcature orizzontali nella parete tra orlo e carena (fig. 4:2), non trova al momento confronti puntuali; si può osservare che dal vano Z del villaggio del nuraghe Pidighi di Solarussa proviene un frammento di orlo, forse attribuibile ad un’olletta o a una tazza, con una simile decorazione[67].

2.5.Olle
L’olla ovoide caratterizzata da un orlo ispessito non nettamente distinto e sottolineato da risega (fig. 4:3) trova confronti con i tipi 873.Ol.108[68] e 874.Ol.109[69]. Il tipo Ol.108 comprende materiali da Su Mulinu di Villanovafranca, nello specifico dagli strati 4 del vano F1 e 8 del vano F3[70], e dalla torre F dell’Antigori di Sarroch (strato 7)[71], mentre nel tipo Ol.109 compaiono ceramiche dal nuraghe Sa Domu ‘e S’Orku di Sarroch[72] e dallo strato 4 del vano superiore della torre C del nuraghe Antigori[73].
L’olletta ovoide con breve orlo lievemente svasato e anse a maniglia (fig. 4:4) è confrontabile con un esemplare proveniente dal nuraghe Corti Beccia di Sanluri[74], che rientra nel tipo 810.Ol.45.
L’olla ovoide con orlo ingrossato, appiattito e tagliato obliquamente (fig. 5:1), trova confronti con il tipo 833.Ol.68, in cui compaiono tre esemplari dalla seconda fase del tempio a pozzo di Cuccuru ‘e is Arrius di Cabras[75].
Il frammento di olla con orlo ingrossato e tagliato obliquamente, su forma complessiva presumibilmente ovoide (fig. 5:2), molto simile alle olle precedentemente analizzate, è accostabile al tipo 833.Ol.68, in particolare al primo esemplare del tipo, proveniente dal tempio a pozzo di Cuccuru ‘e is Arrius di Cabras[76]; questa foggia di orlo si ritrova anche in un’altra classe ceramica, quella dei bacini, dove l’esemplare di Sa Osa trova un confronto piuttosto stringente con un esemplare dal nuraghe Funtana di Ittireddu[77], presente all’interno del tipo 186.Bac.10[78].
L’olla ovoide con orlo ingrossato e tagliato obliquamente (fig. 5:3) trova confronti con il tipo 830.Ol.65, costituito da esemplari dal nuraghe Santu Antine di Torralba[79], e con il tipo 833.Ol.68, che come si è visto presenta al suo interno esemplari dai livelli superiori di Cuccuru ‘e is Arrius.

2.6. Calefattoio
Il frammento di calefattoio (fig. 5:4) si confronta per la forma con il tipo 1103.Cal.2, in particolare con il primo esemplare del tipo, proveniente dal villaggio del Nuraghe Sa Ruda di Cabras[80], con il tipo 1104.Cal.3, da S. Elia di Santa Giusta[81], e con il 1105.Cal.4, dal villaggio di Brunku Maduli di Gesturi[82].
La decorazione presente su questo esemplare, costituita da solcature formanti un motivo a spina di pesce, è accostabile a due frammenti dalla camera superiore del nuraghe Orgono, e con un frammento dal villaggio del nuraghe Pidighi di Solarussa[83].

2.7. Pesi da rete
I pesi da rete di Sa Osa (fig. 5:5), documentati anche in altri contesti del sito[84], trovano confronto nell’unico tipo presente all’interno della classificazione di Campus e Leonelli, costituito da pesi provenienti dai siti di S. Marco di Settimo S. Pietro[85], da Cuccuru Ibba di Capoterra[86] e da Tanca ‘e Linarbus di Elmas[87].

2.8. Elementi di tradizione eneolitica
Dalla fossa B provengono, come si è detto, anche materiali riferibili a fasi precedenti, tra i quali alcuni frammenti di piedi di tripode, caratteristici di facies prenuragiche. Il piede di tripode (fig. 5:6) che viene presentato in questa analisi preliminare trova confronti con materiali provenienti dal vicino sito di Cuccuru ‘e is Arrius[88], ed è cronologicamente attribuibile alla facies Sub-Ozieri.
Anche un’ansa (fig. 5:7) di tradizione eneolitica trova confronto con esemplari dal sito di Cuccuru ‘e is Arrius[89], che rappresenta anche per le fasi prenuragiche uno dei siti geograficamente più vicini a Sa Osa.

3. Conclusioni
La maggior parte dei confronti per il materiale ceramico della fossa B riguarda siti dell’Oristanese, come Pidighi di Solarussa, Cuccuru ‘e is Arrius di Cabras, Santa Barbara di Bauladu, il nuraghe Losa di Abbasanta, il nuraghe Orgono di Ghilarza; non mancano tuttavia confronti con siti più distanti, situati per la maggior parte nella Sardegna centro-meridionale, come il nuraghe Su Mulinu di Villanovafranca, il villaggio di Brunku Maduli sulla Giara di Gesturi, il nuraghe Adoni di Villanovatulo.
Numerosi esemplari possono essere assimilati a tipi già esistenti nella classificazione di F. Campus e V. Leonelli, tipi che sono nella maggior parte dei casi datati al Bronzo finale, ma in parte anche al Bronzo recente e al Primo Ferro.
I siti da cui provengono i pezzi che compongono questi tipi, costituiscono però degli indicatori di datazioni in parte diverse e riconducibili a fasi leggermente successive.
In un recente lavoro, Alessandro Usai afferma che nel villaggio del nuraghe Pidighi di Solarussa sono presenti livelli di frequentazione relativi al Primo Ferro, fase che si ritrova anche nel nuraghe Orgono di Ghilarza[90].
Salvatore Sebis data l’insediamento di Santa Barbara di Bauladu, in base alle associazioni dei materiali rinvenuti, al Primo Ferro, mentre a un momento di passaggio tra il Bronzo finale e Primo Ferro lo stesso autore data la seconda fase del pozzo sacro di Cuccuru ‘e is Arrius.
Giovanni Ugas data al Bronzo finale e al Primo Ferro gli strati 4 e 5 del focolare del vano F3 di Su Mulinu, e al Bronzo finale lo strato 4 del vano F1; da questi strati provengono, come si è visto, diversi confronti per le ceramiche di Sa Osa.
Per alcuni tipi Campus e Leonelli propongono datazioni leggermente più alte, in particolare per alcune scodelle e olle che datano al Bronzo recente o finale, ma in questi casi si può ipotizzare la presenza di tipi di lunga durata, come suggerito anche dagli stessi autori: nella loro più recente proposta di scansione cronologica, Campus e Leonelli inseriscono alcune fogge ceramiche, tra cui una scodella molto simile a quella appena descritta, all’interno del Bronzo finale 1, affermando che si tratta di forme che mostrano continuità col bronzo recente[91].
Altre discordanze si riscontrano per le scodelle con orlo rientrante e profilo continuo o angolare con ansa a maniglia[92], che nella loro proposta di cronologia, F. Campus e V. Leonelli attribuiscono al Bronzo finale 1: in base ai siti di provenienza queste forme sarebbero però associate anche a momenti successivi; potrebbe anche in questo caso trattarsi di tipi di lunga durata, che continuano ad essere attestate a Sa Osa tra il Bronzo finale e il Primo Ferro.
Concludendo, da un punto di vista cronologico, i confronti con il materiale ceramico rendono quindi possibile un inquadramento della fossa B nell’ambito del Bronzo finale, con forme ceramiche che ancora risentono dell’influenza del Bronzo recente, e altre che invece perdurano nel  Primo Ferro; in base ai confronti, che come si è visto provengono in gran parte da siti datatati alla fine del Bronzo finale o al Primo Ferro, si potrebbe ipotizzare una preliminare datazione del contesto all’ultima fase del Bronzo finale, ma proprio lo studio del materiale di Sa Osa, con la sua stratigrafia, potrà essere utile alla creazione di una scansione cronologica affidabile per l’età del Bronzo nell’Oristanese.
Da un punto di vista funzionale la fossa B può con ogni probabilità essere interpretata come una discarica: i resti di pasto, le ceramiche frammentarie e gli scarti di lavorazione in ossidiana lasciano pochi spazi a differenti interpretazioni. Per l’ossidiana si ipotizza, almeno in parte, una pertinenza a fasi precedenti, ma è anche possibile che questo materiale sia stato utilizzato ancora in questo periodo: studi più approfonditi in questo senso potrebbero definire meglio la cronologia di questi manufatti.
Gli elementi provenienti dalla fossa possono inoltre fornire utili informazioni sulle abitudini della comunità che occupava Sa Osa: è evidente l’importanza della pesca, marina o di acqua dolce, che si evince dai due pesi di rete finora ritrovati, e soprattutto dalle ossa di pesce e dai numerosissimi molluschi presenti all’interno della discarica. A questo proposito va sottolineato che questo è finora il contesto che ha restituito il maggior numero di elementi malacologici dell’intero insediamento, fattore che può essere attribuito ad un cambiamento nelle abitudini alimentari legato a uno specifico momento cronologico, o invece ad un’area adibita a specifiche attività domestiche o produttive all’interno del sito.


[1] Utile a questo proposito è stato il fondamentale lavoro di classificazione di Franco Campus e Valentina Leonelli del 2000: Campus F., Leonelli V., La tipologia della ceramica nuragica. Il materiale edito, Viterbo 2000.

[2] Campus F., Leonelli V. 2006, La Sardegna nel Mediterraneo fra l’Età del Bronzo e l’Età del Ferro. Proposta per una distinzione in fasi, in AA. VV., Studi di protostoria in onore di Renato Peroni, Firenze 2006, pp. 372-392.

[3] Sebis S., I materiali del villaggio nuragico di Su Cungiau e Funtà (Nuraxinieddu – OR) nel quadro dei rapporti fra popolazioni nuragiche e fenicie, «Sardinia, Corsica et Baleares Antiquae», V, 2007, pp. 63-86; Usai A., Riflessioni sulle relazioni tra i Nuragici e i Fenici, «Sardinia, Corsica et Baleares Antiquae», V, 2007, pp. 39-62.

[4] Campus F., Leonelli V., La tipologia cit., p. 99, tav. 60.

[5] Sebis S., La ceramica nuragica del Bronzo medio (XVI-XIV sec.) e del Bronzo recente (XIII-XII sec.), in AA.VV., La ceramica d’uso comune nell’Oristanese dal neolitico ai giorni nostri, Oristano 1995, tav. VIII:3.

[6] Santoni V., Il nuraghe Losa di Abbasanta. L’architettura e la produzione materiale nuragica, in AA.VV., Il nuraghe Losa di Abbasanta I, «Quaderni della Soprintendenza Archeologica per le Province di Cagliari e Oristano», 10, 1993, supplemento, p. 102, tav. XVII:9.

[7] Usai A., Riflessioni cit..figg. 4:8, 5:11.

[8] Usai A., Riflessioni cit., p. 45.

[9] Campus F., Leonelli V., La tipologia cit., p. 112, tav. 66.

[10] Gallin L. J., Sebis S., Villaggio nuragico di S. Barbara, «Nuovo Bullettino Archeologico Sardo», 2, 1985, pp. 271-275, tav. 2:1-3.

[11] Usai A., Gli insediamenti nuragici nelle località Muru Accas e Pidighi e la fonte nuragica “Mitza Pidighi” (Solarussa - OR). Campagne di scavo 1994-1995, «Quaderni della Soprintendenza Archeologica per le Province di Cagliari e Oristano», 13, 1996, p. 69, tav. VII:13; Bafico S., Rossi G., Il nuraghe S. Antine di Torralba. Scavi e materiali, in Moravetti A., Il nuraghe S. Antine nel Logudoro-Meilogu, Sassari 1988, fig. 4:4.

[12] Usai A., Gli insediamenti cit., p. 69, tav. VII:5,9.

[13] Ugas G., Un nuovo contributo per lo studio della tholos in Sardegna. La fortezza di Su Mulinu di Villanovafranca, in Balmuth M. S. (ed.), Studies in Sardinian Archaeolo­gy III. Nuragic Sardinia and the Mycenaean world, «BAR» S 387, Oxford 1987, fig. 5.23:2.

[14] Campus F., Leonelli V., La tipologia cit., tav. 108:13.

[15] Usai A., Riflessioni cit., p. 41 ss.

[16] Sebis S., Ricerche archeologiche nel Sinis centro-meridionale. Nuove acquisizioni di età nuragica, in AA. VV., La Sarde­gna nel Mediterraneo tra il secondo e il primo millennio a. C., Cagliari 1987, tav. II:2.

[17] Usai A., Riflessioni cit., fig. 2:5.

[18] Sebis S., Ricerche cit., tav. II:17-18; Sebis S., Tempio a pozzo nuragico, in V. Santoni, Cuccuru S’Arriu. Nota preliminare di scavo (1978-79-80), «Rivista di Studi Fenici», X, 1, 1982, fig. 9:9.

[19] Santoni V., Sebis S., Il complesso nuragico “Madonna del Rimedio” – Oristano, «Nuovo Bullettino Archeologico Sardo», 1, 1984, tav. II:11.

[20] Campus F., Leonelli V., La tipologia cit., p. 184, tav. 115.

[21] Nuvoli M. P., Il villaggio nuragico di S. Marco, Settimo S. Pietro, «Quaderni della Soprintendenza Archeologica per le Province di Cagliari e Oristano», 6, 1990, p. 46, tav. II:10.

[22] Cossu T., Perra M., Two contexts of the Bronze Age in the nuraghe Nolza of Meana Sardo (NU), in Moravetti A. (ed.), Pa­pers from the EAA Third Annual Meeting at Ravenna 1997, vol. III: Sardinia, «BAR» S 719, 1998, p. 103, fig. 3:2.

[23] Usai A., Gli insediamenti cit., p. 69, tav. VII:1.

[24] Ferrarese Ceruti M. L., Antigori: la torre F del complesso nuragico di Antigori, Sarroch, Cagliari. Nota preliminare, in AA. VV., Magna Grecia e mondo miceneo, Taranto 1983, fig. 5:18,20.

[25] Campus F., Leonelli V., La tipologia cit., p. 195, tav. 128: il tipo è datato dagli autori al Bronzo finale.

[26] Ugas G., Un nuovo contributo cit., p. 119, fig. 5.22:12.

[27] Campus F., Leonelli V., La tipologia cit., tav. 128:2.

[28] Atzori G., Le ceramiche nuragiche al tornio, in AA. VV., La Sardegna nel Mediterraneo tra il primo e il secondo millennio a.C., Atti del II Convegno di Studi “Un millennio di relazioni tra la Sardegna e i paesi del Mediterraneo”, Selargius - Cagliari, 27-30 Novembre 1986, Cagliari 1987, tav. III:19.

[29] Campus F., Leonelli V., La tipologia cit., pp. 195-196, tav. 129; il tipo è diffuso nella Sardegna centro-meridionale e databile al Bronzo finale.

[30] Cossu T, Perra M., Two contexts cit., p. 109, fig. 8:11.

[31] Lilliu G., La civiltà cit.,fig. 115:4.

[32] Santoni V., I templi di età nuragica, in AA. VV., La civiltà nuragica, Milano 1990, fig. 12:8.

[33] Campus F., Leonelli V., La tipologia cit., p. 196, tav. 130.

[34] Lilliu G., La civiltà nuragica, Sassari 1982, p. 107, fig. 115:2; Puddu M. G., Nota preliminare alle campagne di scavo 1980-1983 al complesso nuragico Brunku Madugui, in AA. VV., Territorio di Gesturi - Censimento archeologico, Cagliari 1985, p. 372, tav. LXXV:c.

[35] Campus F., Leonelli V., La tipologia cit., tav. 130:5.

[36] Usai A. Gli insediamenti cit., p. 70, tav. VIII:2.

[37] Cossu T., Perra M., Two contexts cit., p. 107, fig. 6:9.

[38] Campus F., Leonelli V., La tipologia cit., p. 194, tav. 127:14.

[39] Contu E., Argomenti di cronologia a proposito delle tombe a poliandro di Ena ‘e Muros (Ossi – Sassari) e Motrox ‘e Boi (Usellus – Cagliari), «Studi Sardi», XIV-XV, 1958, tav. X (indice 2,661).

[40] Nuvoli M. P., Il villaggio nuragico cit., p. 45, tav. I:4.

[41] Campus F., Leonelli V., La tipologia cit., p. 200, tav. 134:9-11.

[42] Campus F., Leonelli V., La tipologia cit., p. 198, tav. 133:1-6.

[43] Badas U., Genna Maria - Villanovaforru, Ca. I vani 10-18. Nuovi apporti allo studio delle abitazioni a corte centrale, in AA. VV., La Sardegna nel Mediterraneo tra il primo e il secondo millennio a.C., Atti del II Convegno di Studi “Un millennio di relazioni tra la Sardegna e i paesi del Mediterraneo, Selargius - Cagliari, 27-30 Novembre 1986, Cagliari 1987, p. 140, tav. II.

[44] Badas U., Il nuraghe Brunku Madugui di Gesturi. Un riesame del monumento e del corredo ceramico, «Quaderni della Soprintendenza Archeologica per le Province di Cagliari e Oristano», 9, 1992, p. 72, tav. VII:GBM302.

[45] Ugas G., Documenti dell’età nuragica. Corti Beccia, il nuraghe e i reperti, Sanluri 1982, tav. XXVII:77.

[46] Lilliu G., La civiltà cit., p. 110, fig. 120:5.

[47] Santoni V., I templi cit., fig. 13:4.

[48] Cossu T., Perra M., Two contexts cit., p. 108, fig. 7:1.

[49] Campus F., Leonelli V., La tipologia cit., pp. 253-254, tavv. 148-149.

[50] Sebis S., Tempio cit., fig. 9:3.

[51] Puddu M. G., Nota preliminare cit., p. 372, tav. LXXV:m.

[52] Santoni V., Il villaggio nuragico di Su Muru Mannu, «Rivista di Studi Fenici», XIII, 1, 1985, p. 101, fig. 7:6, 8-9.

[53] Cossu T., Perra M., Two contexts cit., p. 108, fig. 7:8.

[54] Puddu M. G., Recenti sondaggi a S. Vittoria di Serri, in AA. VV., La Sardegna nel Mediterraneo tra il Bronzo medio e il Bronzo recente (XVI-XIII sec. a.C.), Atti del III Convegno di Studi “Un Millennio di relazioni tra la Sardegna e i paesi del Mediterraneo”, Selargius - Cagliari 19-22 Novembre 1987, Cagliari 1992, tav. IV:8,11,12,15.

[55] Usai A., Gli insediamenti cit., p. 70, tav. VIII:8.

[56] Badas U., Genna Maria cit., tav. II.

[57] Ugas G., Usai L., Nuovi scavi nel santuario di S. Anastasia di Sardara, in AA. VV., La Sardegna nel Mediterraneo tra il primo e il secondo millennio a.C., Atti del II Convegno di Studi “Un millennio di relazioni tra la Sardegna e i paesi del Mediterraneo”, Selargius - Cagliari, 27-30 Novembre 1986, Cagliari 1987, tav. VIII:b.

[58] Sebis S., Ricerche cit., tav. II:4.

[59] Campus F., Leonelli V., La tipologia cit., pp. 254-255, tav. 150:8-15.

[60] Lilliu G., La civiltà cit., p. 107, fig. 116:4.

[61] Santoni V., Sebis S., Il complesso nuragico cit., tav. II:10.

[62] Ugas G., Un nuovo contributo cit., fig. 5.21:12.

[63] Usai A., Riflessioni cit., fig. 8:6.

[64] Santoni V., I templi cit., fig. 13:3.

[65] Atzeni E., I villaggi preistorici di S. Gemiliano di Sestu e di Monte Olladiri di Monastir presso Cagliari e le ceramiche della facies di Monte Claro, «Studi Sardi», XVII, 1962, fig. 30:9.

[66] Campus F., Leonelli V., La Sardegna cit., fig. 3:6.

[67] Usai A., Riflessioni cit., fig. 4:11.

[68] Campus F., Leonelli V., La tipologia cit., pp. 501-502, tav. 325-326.

[69] Campus F., Leonelli V., La tipologia cit., p. 502, tav. 326.

[70] Ugas G., Un nuovo contributo cit., figg. 5.15:15, 5.25:16.

[71] Ferrarese Ceruti M. L., Antigori cit., fig. 5:15.

[72] Ferrarese Ceruti M. L., Minoici, Micenei e Ciprioti in Sardegna alla luce delle più recenti scoperte. La ceramica nuragica. Le importazioni non ceramiche, in Balmuth M. S. (ed.), Studies in Sardinian Archaeolo­gy III. Nuragic Sardinia and the Mycenaean world, «BAR» S 387, Oxford 1987, fig. 2.2:5,7.

[73] Relli R., La torre C del complesso nuragico di Antigori (Sarroch). Seconda nota allo scavo del vano superiore, «Quaderni della Soprintendenza Archeologica per le Province di Cagliari e Oristano», 11, 1994, p. 69, tav. VI:48.

[74] Ugas G., Documenti cit., tav. XVII:82.

[75] Sebis S., Ricerche cit., tav. II:20,21; Sebis S., I materiali cit., fig. 9:17.

[76] Sebis S., Ricerche cit., tav. II:21.

[77] Campus F., Leonelli V., La tipologia cit., p. 128, tav. 94:4.

[78] Campus F., Leonelli V., La tipologia cit., p. 128, tav. 94:4.

[79] Bafico S., Rossi G., Il nuraghe cit., figg. 10:1, 36:5.

[80] Atzori G., Le ceramiche cit., tav. III:18.

[81] Atzori G., Il villaggio nuragico di S. Elia in S. Giusta, in AA. VV., La Sardegna nel Mediterraneo tra il Bronzo medio e il Bronzo recente (XVI-XIII sec. a.C.), Atti del III Convegno di Studi “Un Millennio di relazioni tra la Sardegna e i paesi del Mediterraneo”, Selargius - Cagliari 19-22 Novembre 1987, Cagliari 1992, tav. III:6.

[82] Usai A., Scavi nell’isolato B del villaggio nuragico di Brunku Maduli (Gesturi), Campagna 1990, «Quaderni della Soprintendenza Archeologica per le Province di Cagliari e Oristano», 8, 1991, p. 98, tav. III:15.

[83] Usai A., Riflessioni cit., p. 51, figg. 8A:10, 8B:10; Usai A., Nuove ricerche cit., tav. IX:14.

[84] Castangia G. in questo volume.

[85] Nuvoli M. P., Il villaggio nuragico cit., p. 47, tav. III:8.

[86] Santoni V., Le stazioni nuragiche dello stagno di S. Gilla, Cagliari, in AA. VV, S. Igia, capitale giudicale. Contributi all’incontro di studio “Storia, ambiente fisico e insediamenti umani nel territorio di S. Gilla”, Cagliari, 3-5 Novembre 1983, Pisa 1986, p. 102, fig. 3:3.

[87] Santoni V., Le stazioni nuragiche cit., p. 106, fig. 7:12.

[88] Santoni V., Cabras - Cuccuru S’Arriu. L’orizzonte eneolitico Sub-Ozieri, «Quaderni della Soprintendenza Archeologica per le Province di Cagliari e Oristano», 8, 1991, p. 45, tav. II:1,12.

[89] Santoni V., Cabras cit., p. tavv. II:5, III:1,9-10.

[90] Usai A., Riflessioni cit., p. 41 ss.

[91] Campus F., Leonelli V., La Sardegna cit., p. 388: “nella Sardegna centro-meridionale continua l’utilizzo di forme ceramiche analoghe a quelle della fase terminale del Bronzo recente, soprattutto le caratteristiche conche in ceramica grigia e alcune scodelle a calotta”.

[92] Campus F., Leonelli V., La Sardegna cit., fig. 2:7.