La Storia di Oristano 7 - Donna in Costume

La storia di Oristano - parte 7

La settima parte della Storia di Oristano, vista dagli occhi di un viaggiatore del primo Ottocento.

 

 

Terre chiuse I terreni in generale sono tutti divisi, e fu prima la città d’Oristano che con bell’esempio distribuì le terre comunali a’ suoi cittadini per un lieve annuo censo.

Prima di questa definitiva distribuzione era consuetudine che ogni anno si ripartissero que’ terreni comunali tra’ contadini poveri e i proprietari minori; ma si riservassero alcune porzioni per gli ufficiali del municipio; le quali porzioni non furono concedute, ma si vendettero, ed è del prezzo delle medesime il denaro che si va spendendo a formare la piazza San Sebastiano, la quale finalmente dopo più volte reiterate petizioni si è incominciata secondo il disegno dell’ingegnere Bonino.

I novelli predi però che si sarebbero dovuti circondare con fossi, e con siepe viva furono in gran parte circondati di fossi, e si fece cosa assai nociva perché le acque empiono quei vacui, e questi nell’estate, nella corruzione de’ vegetali  e degli animali, diventano tanti laboratorii di miasmi, donde si accresce l’infezione dell’aria, che si vorrebbe sempre più diminuire.

Arte agraria Tra’ coloni de’ paesi cereali forse gli oristanesi  son men periti e meno diligenti. Il complesso delle loro cognizioni è scarso e poco sincero, non sapendo altro che quello che odono da’ più attempati ripetenti le parole degli antichi, le quali spesso sono massime false.

L’agricoltore riposa per poca ora entro la giornata per una leggera refezione, e solo cena in sulla sera, quado ritornando a casa trova fumante la zuppa. Esso non desina che nelle sole domeniche, e di mattino ama piuttosto il caffè, che i liquori.

Se il tempo è buono va al lavoro e ne ritorna a gambe e piedi nudi, e nei grandi calori copre il capo zazzeruto co un cappello di certa erba simile allo sparto, che dicono aedda. Questi cappelli si fabbricano da’ pastori e da’ garzoni guardiani de’ buoi.

Monte di soccorso Il fondo granatico del medesimo fu stabilito a starelli 2000, il numerario a lire 7510. Nell’anno 1843 essendosi fatta la ricognizione del monte il primo fondo era di starelli 1808 e imbuti 15, il numerario già disceso a zero.

Seminagione La ordinaria quantità delle sementi è come segue; fromento starelli 3000, orzo 690, fave 700, fagiuoli 80, ceci ed altri legumi 690, granone 60, lino 500.

Nel 1835 cominciarono alcuni, in vista economica, a usare i cavalli nei lavori agrari. L’esperienza fece molti imitatori. Gli aratri oristanesi sono piccoli e mal formati, e si può dire che graffino, e niente di più, la terra.

Non dimenticherò un’altra causa degli scarsi raccolti, poco frequente è vero, ma sovente più dannosa d’ogni altra, e sono le cavallette o locuste, le quali nell’immensa loro moltitudine consumano e recidono quasi tutte le spighe, siccome ultimamente accadde nel 1841, in cui un immenso nuvolo di siffatti insetti cadde, peggio di rovinosa grandine, sopra il territorio di Oristano e i luoghi prossimi. La città e i sobborghi furono invasi, invase le abitazioni, coperti i tetti, le piazze, le strade, e fu necessità di chiudere i pozzi con diligenza, perché la copia de’ medesimi non ne empisse il fondo e la loro corruzione non depravasse le acqua.

Il guasto che si fece ne’ campi, nelle vigne e ne’ verzieri fu spaventoso; le voraci locuste struggevano tutto, non lasciavano una foglia verde, un segno di vegetazione, e la terra appariva in uno stato insolito, perché non era come nell’inverno, nel qual tempo se gli alberi sono spogli di fronde, verdeggiano i seminati, e non era come nell’autunno, nel qual tempo se i campi sono squallidi verdeggiano gli alberi carichi di frutta mature o maturanti.

Comparivano questi animali negli ultimi di aprile, e restavano operando continui guasti fino al 18 maggio nello spazio da Uras a Oristano. Nel 22 caddero sopra la città e i borghi, crebbero fino al 26, e non scomparvero prima della metà di giugno.

Quando prevalse il maestrale allora esse cominciarono a mancare e in breve sparirono, lasciando dolentissimi i coloni e i cittadini timidi di qualche epidemia, perché per quanto si faticasse a coprire il putridume dell’immenso numero degli insetti, che morivano o naturalmente o per le offese umane, le braccia erano insufficienti all’opera.

Orticoltura Non è grande l’area dove gli oristanesi coltivano le specie ortensi, ma la vegetazione secondaria dall’innaffiamento vi è stupenda e la produzione copiosissima. I  frutti in nessuna altra regione sono più abbondanti e più grossi, e talvolta tanto che pajon mostruosi.

Vigne Gli oristanesi coltivano la vite in una notevole parte del proprio territorio, e più largamente ancora in quello di S. Giusta, di Silì, di Simagis, di Solanas, di Donigala, di Solarussa, di Nuracraba, di Fenugheda ecc. La varietà più comune è quella da cui ottenesi la vernaccia, vino salutarissimo e meritamente riputato dentro e fuori il regno. Esso sarebbe assai migliore e più ricercato se nella manifattura fosse maggior intelligenza.