Il cippo di Procalzos
Il territorio di Santu Lussurgiu si estende a comprendere da un lato il settore nord orientale del Montiferru, il massiccio vulcanico con gli importantissimi filoni di ferro sfruttati già almeno nel periodo punico, dall' altro l'area occidentale degli altopiani basaltici del Guilcier, ossia di aree in cui il rapporto tra Cartagine e i Sardi si nutre sostanzialmente di centri di mercato.
Santu Lussurgiu fu integrata nell'ambito del controllo punico e l' acculturazione (nei termini di intreccio di componenti diverse) delle comunità indigene stanziate nelle sedi tradizionali fu raggiunta entro il III secolo a.C.
Un segno probabile di questa acculturazione è dato da un cippo conserva- to nell' Antiquarium Arborense di Oristano e proveniente dalla località lusssurgese di Procarzos, situata presso la via da Santu Lussurgiu ad Abbasanta, a 5 km a nord del santuario demetriaco di Lugherras-Paulilatino.
Il cippo in basalto locale (altezza cm 75; larghezza cm 42; spessore cm 30), di forma prismatica, presenta, sulla faccia anteriore timpanata, uno specchio ribassato in cui si rileva un busto antropomorfo, caratterizzato da un volto trapezoidale con due occhi a globetto ai lati del naso a pilastrino e la bocca incavata. Ai lati si distinguono due orecchi tondeggianti, mentre il busto è sunteggiato in uno schema trapezoidale. Sulla testa si innalza un crescente lunare con i comi all'insù.
Il cippo difficilmente appartiene alla serie di stele e cippi funerari con ritratto schematico del defunto ben documentati nell' entroterra di Neapolis (San Giovanni-Uras), Othoca (Fenosu-Palmas Arborea), Tharros (San Salvatore e Monti Palla-Cabras; Bidda Maiore-San Vero Milis; San Paolo- Milis) e Cornus (stele inedite cornuensi documentate in un taccuino del collezionista ottocentesco Alfonso Garovaglio, conservato nella Raccolta Bertarelli del Castello Sforzesco di Milano) e riportati al periodo compreso tra l'età ellenistica e la prima età imperiale.
Potrebbe ipotizzarsi, invece, una funzione cultuale del cippo, poiché la rappresentazione all' interno dello specchio del cippo parrebbe essere di una divinità maschile.
L'iconografia del cippo di Procarzos, infatti, ritorna in stele e cippi africani connessi al culto del Saturnus africanus, la divinità erede del BeL '.'MMN (Baal Hammon) cartaginese.
Si deve osservare che mentre in Africa il radicatissimo culto di Baal Hammon e di Tanit di epoca punica si traduce in una ricchissima presenza di Saturnus e di Caelestis in età romana, in Sardegna all' ampia attestazione di fase punica del culto di Baal Hammon (ma anche, a Sulci, di Baal Addir) e di Tanit, in particolare nel santuario tofet, non corrisponde se non eccezionalmente il culto di Saturnus.
Proprio nell' area del lofet di Tharros è documentato, in età romana repubblicana, il culto di Frugifer (uno degli epiteti di Saturnus) nella sua iconografia leontocefala, e, verosimilmente, dalla stessa Tharros proviene il cippo con dedica a S(aturnus) A(ugustus) posta da C. Aburrius Aburrianus conservato nel fondo sardo del Musée Borely (attuale Musée de la Vieille Charité) di Marsiglia.
Il cippo di Procarzos segnerebbe così, in età romana, la persistenza cultuale di Baal Hammon, attraverso un' iconografia probabilmente veicolata attraverso il prosieguo delle relazioni della Sardegna con l'Africa.
Bibliografia
R. ZUCCA (2005) Rapporti tra fenici e cartaginesi e i sardi del territorio di Santu Lussurgiu. In: Mele, Giampaolo (a cura di). Santu Lussurgiu: dalle origini alla "Grande Guerra", Nuoro, Grafiche editoriali Solinas, Vol. 1: Ambiente e storia. p. 109-118.