La viabilità antica
In una epoca in cui anche in città ci si sposta per mezzo di GPS, navigatori satellitari e applicazioni telefoniche per una più precisa ubicazione della nostra destinazione, parlare di viabilità antica potrebbe far sorridere.
L’attuale sviluppo complessivo della rete stradale regionale è di 8.454 km, composta da 3.002 km di strade statali, da 5.452 km di strade provinciali, mentre ulteriori 3.981 km sono costituiti da strade comunali extraurbane [1]. La Strada Statale 131, i cui lavori iniziarono nel 1821 con la progettazione dell’Ingegner Carbonazzi durarono fino al 1831 e venne intitolata all’allora re d’Italia Carlo Felice di Savoia, collega il capoluogo cagliaritano con Porto Torres tagliando verticalmente la regione da sud a nord. La S.S. 131 è di fatto una superstrada ad alta percorrenza che non attraversa direttamente nessun centro abitato, ma che presenta, lungo il tracciato, numerosi svincoli ed uscite di collegamento verso i territori della parte occidentale ed orientale dell'isola con una lunghezza totale di circa 230 chilometri mentre la S.S. 131 DCN Direzione Centrale Nuorese si dirama dalla Statale 131 Carlo Felice dal bivio di Abbasanta e permette di raggiungere Nuoro e Olbia, nonché attraverso i numerosi svincoli presenti sia la parte nord orientale che quella sud occidentale dell’Isola.
Anche questo tracciato non attraversa nessun centro abitato trattandosi di una strada a scorrimento veloce della lunghezza totale di circa 150 chilometri. Quindi un lungo nastro viario di quasi 18 mila chilometri di tragitti che formano una fitta ragnatela in cui si inseriscono centinaia e centinaia di chilometri di strade e stradelli a fondo naturale che consentono ulteriori spostamenti interni, verso montagne e campagne ad uso di traffico locale atto per raggiungere soprattutto i luoghi di pascolo e allevamento o di fondi agricoli coltivati.
La viabilità nella Sardegna romana fu il frutto di una lenta evoluzione, che deve essersi originata in età preistorica e protostorica, sviluppandosi poi in età fenicio-punica, soprattutto con lo scopo di collegare le principali colonie della costa occidentale e meridionale dell’Isola.
Questa fase, pur sviluppando la rete stradale più antica, segnò comunque un momento di razionalizzazione rispetto ai precedenti percorsi nuragici, al servizio soprattutto dell’attività pastorale e della transumanza.
Le numerose arterie della Sardegna romana sono documentate solo in età imperiale e segnano ancora oggi il paesaggio isolano; da esse si dipartivano naturalmente dei rami secondari, cioè dei deverticula, vere e proprie varianti orientate a raggiungere città e villaggi, in un territorio che appare nel complesso scarsamente urbanizzato.
Le denominazioni delle strade romane cambiano in modo rilevante a seconda delle fonti che vengono utilizzate; i geografi e le fonti letterarie mettono l’accento sulle principali stazioni di sosta di ambito rurale (mansiones), ma anche sulle città, con attenzione specifica al fenomeno urbano, ai porti ed alle principali direttrici utilizzate per il transito delle merci e dei rifornimenti, in particolare per il trasporto sui carri del grano prodotto in Sardegna e diretto al mercato di Roma. Viceversa i quasi 150 miliari stradali rinvenuti nell’isola testimoniano una dimensione differente, quella dello spazio rurale e ci consentono allora di seguire sul terreno il percorso reale e spesso il numero delle miglia [2], il nome dell’imperatore e del governatore che ha effettuato i lavori di costruzione o di restauro o semplicemente che si è occupato della collocazione di tali segnacoli.
La principale arteria della Sardegna era quella che, collegando la capitale Caralis con il Campidano e con Forum Traiani (Fordongianus), risaliva verso il Capo di Sopra, biforcandosi superato l’altopiano di Campeda a Macomer in direzione di Turris Libisonis (Porto Torres) e di Olbia.
Alcuni tracciati di mostrano una buona continuità d’uso anche in epoche successive, come dimostrano, per il territorio oristanese, alcune attestazioni presenti nel Condaghes [3] di Santa Maria di Bonarcado e di San Martino. Da altre fonti scritte come i contratti di trasporto, i registri di dogana o la documentazione riguardante la manutenzione stradale, è possibile ricavare informazioni importanti per la ricostruzione topografica di un asse viario e sulla sua evoluzione nel corso dei secoli; nel caso del Giudicato di Arborea sono spesso i già citati Condaghes e i registri aggiornati delle donazioni che menzionano anche dei tratti viari presenti all’interno delle tante donazioni.
La viabilità romana presente nella provincia di Oristano purtroppo non gode di dettagliate testimonianze, se si escludono l’Itinerarium Antonini [4] e la Cosmographia del Ravennate [5]; in questi testi vengono menzionati i centri più importanti che i percorsi attraversavano, tralasciando purtroppo quella viabilità secondaria o minore che consentiva la penetrazione all’interno dei territori.
Ovviamente molte sono le ambiguità e le incongruenze che questi testi riportavano rispetto al reale assetto viario.
Per una maggior precisione si devono attendere le fonti documentarie di età medievale, giudicale e catalana, attraverso delle registrazioni fiscali o di carattere militare.
In età romana territorio relativo alla attuale provincia di Oristano era interessato da una rete viaria particolarmente articolata che comprendeva essenzialmente due tracciati principali più molteplici percorsi secondari [6] e più precisamente la Cornus-Tharri-Othoca-Neapolis per quanto attiene la viabilità litoranea che aveva come partenza e arrivo Tibulas [7]-Sulcis [8]-Caralis e toccava la Gallura, la Baronia e l’Ogliastra.
Vi era inoltre la strada interna della Barbagia denominata Aliud iter-Ulbia - Caralis che collegava il porto di Olbia con Cagliari e infine la strada centrale Tibula-Caralis.
Al giorno d’oggi di tutte queste antiche strade ne rimangono a vista solo brevi tratti ove ancora è possibile cogliere il sistema costruttivo costituito da vari strati e livelli di pietrame di sottofondo ed il basolato finale; spesso sono stati gli scavi archeologici, condotti soprattutto in aree urbane, durante la costruzione di abitazioni a rivelarci tratti di strade. Sono altresì ancora visibili molti dei ponti che attraversavano i numerosi corsi d’acqua della nostra isola.
Sicuramente altrettanti tratti delle antiche vie romane sono stati ricoperti dal più moderno asfalto delle tante strade che attraversano la Sardegna.
[1] M. Coni in LE PROSPETTIVE DI SVILUPPO DEL SISTEMA VIARIO DELLA SARDEGNA, Università degli Studi di Cagliari. Cagliari 2007
[2] Ogni miglio corrisponde a 1478 metri, pari a mille passi.
[3] I registri di consistenza dei monasteri a cui venivano donati terreni, abitazioni o cedute le rendite agricole.
[4] L'Itinerarium provinciarium Antonini Augusti, detto anche semplicemente Itinerarium Antonini, è un elenco delle vie di comunicazione dell'epoca romana imperiale, con indicazioni sulle tappe, le distanze, i luoghi di sosta (mansiones) e le stazioni per il cambio dei cavalli (mutationes), datato all'inizio del IV sec. d.C.
[5] L'Anonimo di Ravenna, detto anche Geografo di Ravenna, fu autore di un elenco di dati geografici riuniti in cinque libri nel VII o nell'VIII sec. sotto il titolo di Cosmografia ravennate. Il testo, basato su una prima compilazione del IV sec. d.C. venne più volte aggiornato nel corso dei secoli.
[6] S. Atzori: La viabilità romana nella provincia di Oristano. Mogoro 2010.
[7] Sulla sua esatta collocazione ancora molti studiosi hanno espresso dubbi; viene comunque localizzata come un centro costiero con porto annesso nella parte nord dell’Isola, tra la foce del Fiume Coghinas e Castelsardo.
[8] Sant’Antioco.