Le mensole lignee della chiesa di Santa Maria Maddalena

Le mensole lignee della chiesa di Santa Maria Maddalena

Con questo nuovo contributo non ci sposteremo molto dalla nostra città. Faremo infatti pochi chilometri percorribili anche a piedi o in bicicletta fino a Silì, dove proprio all’ingresso del paesello troviamo la bella chiesetta gotica dedicata a Santa Maria Maddalena. Ormai diversi anni fa alcuni arredi architettonici di questa chiesa sono stati sottoposti a restauro e più precisamente le grandi mensole lignee che una volta servivano a reggere le capriate lignee del tetto. Come ormai è palese ai lettori di questa inizieremo il nostro racconto dalle origini più lontane come dalle ricerche effettuate nelle fonti storiche rinvenute.

 

Anche Silì ha la sua storia, i cui inizi si perdono nella preistoria; nel suo centro abitato fu ritrovato un insediamento romano, attestato dal rinvenimento di materiali tra cui faceva parte una notevole quantità di ceramica comune, frammenti di anfore africane, tegole ed embrici. La Silì medievale restituiva, in una tomba femminile, una coppia di orecchini a globo mammellato, databili ad età bizantina del VII sec. d.C.
Nella vicina località Su Sartuccinu fu identificato un nuraghe, oggi completamente distrutto, costruito in blocchi basaltici; dalla sua area giungono materiali litici in basalto, in particolare delle macine.[1]
Originariamente il villaggio si chiamava Silli; tale toponimo risulta da un atto del 20 agosto 1282 con il quale il Giudice Mariano II dona a tal Mariano Mameli, in rimunerazione non sappiamo di che cosa “saltus, terra, domos et possessiones” poste nelle vicinanze di Simaiore, Ratu Novu, Marsima, Villalunga, Simacis Marchiani, San Giminiano e una parte delle quattro del salto di Cello, “qui est in territorio Ville Silli”
Silì non compare nella Ratio Decimarum Italieae (1342-1357) fra le parrocchie della Diocesi Arborense, ma si trova nell’atto redatto fra Eleonora d’Arborea e Giovanni I d’Aragona il 24 gennaio 1388, nel quale appaiono: majore ville de Siili, Comita de Querqui; juratis ville Murrono Puligas, Nicolao Serragli, Iacobo Dardu, Ioanne de Ibba, Nicolao Uras, Nicolao Mele; juratis ville Curio Petro de Piras, Petro Cherco, Nicolao Mura.[2]
Il Fara fa menzione di Silì nel suo De Chorographia Sardiniae.[3]

Questo edificio, nato per la numificenza del Giudice Arborense Ugone II, è più volte citato nel suo testamento del 4 aprile 1336 in cui dispone “… pro salute anime nostre relinquimus Ecclesie Sancte Marie Magdalene prope Arestanum berbechas quindecim et bovem unum”.[4]

Costruito in quello stile tipico delle fabbriche gotiche della Sardegna del XIII secolo, ancora si accompagna a stilemi cari al gusto romanico; conserva le archeggiature a tutto sesto alla sommità del lato lungo occidentale e sul prospetto frontonale; “All’interno il coperto è a vista e i travi della grande e piccola ossatura al pari del tavolato erano ornate con bellissime decorazioni policrome”.[5]

Allo stato attuale la cromia delle mensole è totalmente scomparsa e solo una di loro ne conserva una leggerissima traccia; è totalmente illeggibile il motivo decorativo.

In un documento da noi rinvenuto all’Archivio Storico della città di Oristano, l’ingegnere Carlo Bonaso, allora a capo dell’Ufficio Tecnico della stessa città, in un documento datato 9 febbraio 1940 e inviato al Podestà, denuncia la necessità di procedere alla riparazione del tetto, già restaurato alcuni anni prima a cura della Sovrintendenza ai Monumenti; denuncia inoltre atti di vandalismo all’interno.

E’ ancora l’Archivio Storico a fornirci, in data 22 giugno 1949, una nota inviata al Sindaco dal Sottocapo Comandante del Corpo dei Vigili Urbani Giuseppe Gori che scrive: ”Parte del tetto della Chiesa della Maddalena è crollato e il legname di esso trovasi alla mercé di chi lo volesse prendere in quanto si può accedere alla chiesa attraverso 4 finestre costantemente aperte. Siccome detto legname è ancora utilizzabile prospetto l’opportunità di far provvedere.”

A questa nota, sempre l’ingegnere Bonaso, in data 20 luglio 1949 risponde e trasmette, con prot. 1699/ut, una lettera al Sindaco; per brevità si riportano solo alcuni significativi brani di quest’ultima.

“In seguito al rapporto dell’Ufficio dei Vigili Urbani, il sottoscritto ha eseguito un sopralluogo nella chiesetta della Maddalena presso Silì. Segnala alla S.V. che il tetto, in seguito al cedimento delle capriate e delle altre armature portanti completamente marcite, è crollato per circa un terzo e che la parte restante, per le stesse ragioni, minaccia di crollare. Se si vuole conservare la chiesetta, che è un monumento Nazionale, occorrono i seguenti lavori…”; il preciso Capo dell’Ufficio Tecnico elenca tutta una serie di voci utili per la successiva redazione di un dettagliato preventivo di spese (copie di questa documentazione viene allegata alla relazione).

L’Archivio non riporta documentazione successiva che possa far intendere l’epilogo di questi lavori, se non la segnalazione che il primitivo istituto risulta occupato da numerose famiglie di sfollati del periodo postbellico, e che tra gli stessi potrebbero essere riconosciuti gli autori di molti dei danni materiali e atti vandalici denunciati.

Coeva delle due fabbriche intramuros di Santa Chiara e della rinnovata Cattedrale di Santa Maria Assunta nonché di quella extramuros di San Martino, con esse divide l’impostazione dell’asse liturgico orientato a S/E, le dimensioni interne dell’absidiola e all’esterno per la presenza di una bifora archiacuta, ghiera rilevata, protomi zoo-antropomorfe, paraste d’angolo, lesene e modanature e, ove presenti, vetrate policrome.

Il materiale da costruzione strutturale appare pressoché identico per tutte e quattro le chiese e può identificarsi come arenaria del Sinis; soltanto una precisa analisi minero-petrografica  e delle unità stratigrafiche potrebbe confortarci su questi dati che in parte ci provengono anche dalla tradizione tramandataci dal Fara [6] in cui riporta che “De sa città de Tharros portant sa perda a carros”, a significare l’utilizzo di materiali sia di spolio che di facile reperimento nel territorio, ampiamente coltivato già in antico e ancora leggibile attraverso i resti di cave costiere.

Anche per queste fabbriche la committenza è sempre quella dei sovrani Arborensi succedutisi nel tempo.

 

CARATTERISTICHE GENERALI DELLE MENSOLE
Le uniche mensole che le fabbriche di questa epoca hanno lasciato nella nostra città, sono quelle citate oltre a quelle che, magistralmente restaurate a cura della Soprintendenza ai Beni Artististici e Architettonici per le provincie di Cagliari e Oristano, sono state infisse alla base del coro della Chiesa di Santa Chiara; ancora una mensola residua si trova nella Chiesa del Carmine di Mogoro altre mensole coeve si trovano nella Chiesa dedicata a Santa Maria d’Itria in Maracalagonis.[7]

Da Santa Maria Maddalena si sono conservate nove mensole delle dieci che originariamente scandivano i cinque ordini di capriate.

Tutte e nove mensole sono state verosimilmente intagliate da monoblocchi lignei delle residue misure di circa 80/100 cm di lunghezza, di cui gran parte si trovava originariamente infissa nell’ orditura muraria perimetrale.

 

DESCRIZIONE E SIMBOLOGIA DELL’APPARATO DECORATIVO
Si tenterà inoltre, al momento solo attraverso semplici analisi comparative, di tracciare un quadro sulle tematiche iconografiche adottate e sicuramente richieste dai committenti agli intagliatori, per quanto attiene le residue mensole di Santa Maria Maddalena di Silì e di Santa Chiara di Oristano; quando si renderanno disponibili le schede di Mogoro e di Maracalagonis si potrà estendere lo studio anche a questi territori.

Di seguito si elencano i temi iconografici, con il mero intento di trovare elementi similari.

Santa Maria Maddalena

N° 2 mensole con zanne (la foggia è simile a quelle di mammut?)

N° 2 mensole con forme lineari.

N° 2 mensole con forme scimmiesche.

N° 2 mensole con forme aquiline.

N°1 mensola con forme di bovide.

(*) E’ probabile che a quelle identificate con forme semplici manchino delle zanne e che pertanto fossero identiche alle precedenti.

Santa Chiara [8]

Le posizioni sottoesposte si riferiscono alla attuale posizione.

N° 1 mensola antropomorfa (in posizione centrale)

N° 2 mensole con forme di cerbiatto (terza a sinistra e terz’ultima a destra).

N° 2 mensole con forme di toro (seconda a sinistra e penultima a destra).

N° 2 mensole con forma di angelo telamonico (prima a sinistra e ultima a destra)

Si allega una breve ricerca sul significato iconografico del bestiario medievale.

Da una prima superficiale indagine, suffragata anche dai supporti fotografici prodotti, appare subito evidente che, malgrado l’alta committenza delle due fabbriche, i prodotti rivelano differenti caratteristiche costruttive.

Al momento, credo non si abbiano elementi per stabilire se siano state tutte prodotte da botteghe ebanistiche presenti ad Oristano o nell’allora territorio del Giudicato di Arborea o ancora se ci fosse un movimento di artisti-artigiani, così come avveniva per le maestranze che costruivano gli edifici di culto.

Le mensole presenti nella Chiesa di Santa Maria Maddalena di Silì si presentano intagliate in maniera più “sommaria e rustica” rispetto a quelle di Santa Chiara; nella prima sono evidenti i singoli segni dello scalpello, la non perfetta simmetria tra gli elementi facenti parti il motivo proposto, la forse voluta mancanza di omogeneità delle superfici lasciate in parte scabrose e prive di finitura; nella seconda si presentano con superfici decisamente più lisce, figure ben proporzionate e curate nei particolari e l’essenza adoperata parrebbe quasi di miglior qualità, ma questo potrebbe essere anche l’effetto dei manufatti per le operazioni di restauro.

Probabilmente le cromie che lo Scano citava nella sua ormai secolare opera, supplivano a queste mancanze o forse il fatto che esse fossero posizionate ad una discreta quota non ne abbiano suggerito un ulteriore impegno nella rifinitura.

La decifrabilità del codice delle decorazioni doveva essere abbastanza scontata nel medioevo anche se dedicata a comunità di fedeli perlopiù incapaci di leggere, mentre ha sicuramente richiesto e forse tuttora richiede, un maggior sforzo interpretativo per le attuali generazioni di studiosi.

Le forme attualmente visibili si rifanno per la maggioranza alla natura; sono vegetali e animali riscontrabili nei florari e nei bestiari medievali; non sono solo i classici animali della nostra cultura quali cinghiali, cavalli, leoni, scimmie che diventano il punto di partenza per una interpretazione morale ma si trovano anche animali favolosi come draghi alati, unicorni e grifoni.

 

Dopo i lavori di restauro le mensole sono state posizionate nella navata della chiesa, in una posizione più bassa rispetto a quella originale onde poter essere apprezzate e contemporaneamente poter effettuare i necessari controlli onde evitare nuove infestazioni da insetti.



[1] Da: Censimento archeologico del territorio di Oristano, a cura del prof. R. Zucca e tratto dalle opere di:

Spano 1872; Cerchi Paba 1974; Nieddu-Zucca 1991, Comune di Oristano, 1998

[2] L. Manconi, Breve storia di Oristano, Cagliari, 1993.

[3] L. Manconi, opera citata, p. 170.

[4]R. Bonu, Oristano nel suo Duomo e nelle sue Chiese, Cagliari, 1972

[5] D. Scano, Storia dell’arte in Sardegna dall’XI al XIV secolo, Cagliari, 1907 p. 325

[6] J.F. Fara, De rebus sardois e De chorographia Sardiniae, Torino 1835

[7] G. Serreli - K. Concas, Nostra Signora d’Itria di Maracalagonis, Quaderni Bolotanesi n°24 del 1998 p.384 e segg.

[8] Suor Celina Pau, Un Monastero nella Storia della Città, Oristano 1994, B.F.S.