Sa Osa 2

LO SCAVO ARCHEOLOGICO DI SA OSA 2

Per la seconda parte della narrazione sullo scavo di Sa Osa cambiamo l’approccio; fino ad ora tutti i nostri argomenti si sono incentrati sulla metodologia archeologica che normalmente caratterizzano le pubblicazioni inerenti uno scavo. Con questo contributo ci è piaciuto farvi conoscere anche un altro aspetto della ricerca che abbraccia le cosiddette Scienze della Terra; nella moderna multidisciplinarietà di una ricerca archeologica esse rivestono un ruolo di assoluto rilievo.

Studio geoarcheologico

Ci affidiamo pertanto a due qualificate ricercatrici di questo ambito, quali sono Rita Melis (Dipartimento Scienze della Terra, Università di Cagliari.) e Serafina Sechi (Université de Rouen, France) per conoscere come questa branca di studi si inserisce e si integra nella ricerca di tracce del passato.
Ci scusiamo fin d’ora con i lettori per aver adottato alcuni termini prettamente tecnici nel corso di questo sunto per descrivere il lavoro e l’impegno delle due studiose, ma siamo certi che questo non ne abbia inficiato la comprensione.

Le relazioni tra fattori naturali e culturali sono ancora oggi argomento di dibattito tra i ricercatori; alcuni autori mettono in correlazione, anche se attraverso differenti prospettive, cambiamenti culturali e ambientali. Attualmente studi multi e interdisciplinari consentono di migliorare le nostre conoscenze su questi argomenti. In tal senso, la geoarcheologia è uno strumento che consente di mettere in relazione le dinamiche dell’ambiente fisico e quelle dei gruppi umani, soprattutto quando vengono utilizzati metodi come la micromorfologia dei sedimenti archeologici e dei suoli.
Le conoscenze sulla estensione spaziale e cronologica dei cambiamenti da un paesaggio naturale ad antropico, specialmente in Sardegna, sono ancora molto scarse. Nell’ambito dello scavo di Sa Osa, il nostro contributo è finalizzato allo studio delle relazioni tra uomo ed ambiente e alla ricostruzione dell’evoluzione paleoambiantale dell’area.

In particolare, la ricerca si prefigge diversi obiettivi:

  • ricostruire il paesaggio nel quale le comunità si sono insediate ed hanno agito;
  • descrivere i differenti depositi sedimentari al fine di potenziare i lavori di scavo;
  • comprendere le relazioni tra l’occupazione umana e le unità morfologiche (terrazzi fluviali, piana alluvionale, linea di riva etc.);
  • capire quale è stato l’impatto antropico sull’evoluzione del paesaggio e sui processi morfogenetici (processi fluviali, eolici, marini, antropici e pedogenetici);
  • ricostruire, con l’ausilio dei diversi proxy data [1](pollini, resti vegetali, resti faunistici, sedimenti, paleosuoli, manufatti etc.) i fattori antropici o climatici che hanno influenzato le scelte delle comunità che si sono insediate nel territorio.

Il sito di Sa Osa si sviluppa nella pianura alluvionale del Fiume Tirso delimitata dalla pianura costiera di Torre Grande e dallo stagno di Cabras; il rilevamento geomorfologico e stratigrafico preliminare dell’area in esame ha consentito di individuare i principali processi che hanno influenzato l’evoluzione morfologica del territorio. Questa prima fase di indagine ha permesso di evidenziare che tutta l’area è stata interessata dalla dinamica fluviale, eolica, marina ed antropica durante il Pleistocene e l’Olocene. L’area di studio è infatti contraddistinta da alluvioni pleistoceniche ed oloceniche, da depositi colluviali e sedimenti eolici hanno interessato le alluvioni antiche costituite prevalentemente da ciottoli di quarzo e vulcaniti.

Importante appare come nella piana alluvionale ed in prossimità del sito archeologico sono stati osservati paleo alvei e tracce di antichi meandri del fiumi Tirso, pertanto l’analisi geomorfologica e stratigrafica dettagliata dell’area di scavo ha permesso inoltre di evidenziare che l’insediamento di Sa Osa si estende su un terrazzo alluvionale antico nel settore settentrionale ed uno più recente nel settore meridionale

Ogni unità individuata è stata campionata e l’acquisizione di questi dati permetterà di evidenziare la dinamica dell’evoluzione, le modalità di trasporto, l’influenza dell’erosione e/o della sedimentazione e la pedogenesi.Per la determinazione precisa della dinamica dei depositi, verranno utilizzati metodi particolari che si baseranno su criteri sedimentologici presso l’Università francese di Rouen.

Durante le due campagne di scavo, al fine di stabilire la distribuzione spaziale e cronologica dei differenti depositi alluvio-colluviali, dei processi pedogenetici e delle variazioni dei rami fluviali, sono state descritte e campionate diverse sezioni litostratigrafiche sia lungo tagli naturali, sia nelle sezioni di scavo.

Lo studio preliminare dei sedimenti ha permesso di evidenziare le caratteristiche e le modalità dei processi di deposizione, di erosione e le relazioni tra depositi naturali ed antropici.

Sono stati inoltre descritti e campionati alcuni paleosuoli presenti nell’area. In particolare è stato rilevato che il paleosuolo nelle alluvioni del terrazzo più antico è stato interessato dall’erosione degli orizzonti superficiali e da processi di degrado. L’analisi micromorfologica permetterà di stabilire se i processi di degrado siano stati determinati dall’impatto antropico o dai cambiamenti climatici che hanno interessato l’Olocene.

Al momento attuale, l’assenza di proxy data e di datazioni assolute non consentono di correlare cronologicamente quando è iniziato l’impatto dell’uomo sul paesaggio e in quale contesto questo sia avvenuto. Tuttavia, le osservazioni eseguite nell’ultima campagna di scavo, hanno evidenziano che l’insediamento è stato interessato, durante le fasi di occupazione, da processi di erosione delle acque e da processi di sedimentazione connessi in parte alle inondazione del fiume. Questi processi sono riferibili presumibilmente ai cambiamenti climatici, all’impatto antropico e alla dinamica costiera.

La convergenza tra le osservazioni archeologiche e geomorfologiche offrirà la possibilità di individuare le relazioni tra l’uomo e il suo ambiente. Queste relazioni permetteranno inoltre di riconoscere i fattori favorevoli o limitanti che hanno influenzato l’uso del territorio e lo sviluppo demografico.

Bisogna comunque rimarcare che questo confronto non sarà facile. Lo studio archeologico e quello geomorfologico non hanno la stessa scala di analisi. Il valore spaziale dei risultati dipende fortemente dalle problematiche e dalle strategie dei campionamenti adottati fin dall’inizio. L’interesse delle osservazioni geomorfologiche, infatti, è quello di inquadrare l’evoluzione del paesaggio in un contesto dinamico. Lo studio geomorfologico analizza le formazioni sedimentarie nelle loro variazioni verticali, mentre quello archeologico esamina particolarmente una precisa fase di occupazione umana che ha invece un’estensione orizzontale.


[1] Denominazione di dati relativi a epoche remote, dedotti indirettamente.