Archeo BIKE in Trexenta

Archeo BIKE in Trexenta

Diamo inizio ad una nuova serie di contributi a cura di Paolo Marras che, da grande appassionato di mountain bike ma soprattutto di storia della Sardegna, condurrà gli appassionati di questa attività, e non solo loro, in bellissimi giri, o trail secondo il gergo ciclistico, facilmente percorribili.
Sintetici saranno i racconti dei percorsi che potrebbero compiersi in una mattinata o in cinque/sei ore di pedalata tra preistoria, protostoria e storia della nostra Isola.
Secondo l’uso di chi ama fare queste escursioni a carattere storico-naturalistico, si scelgono aree che possano offrire possibilità di sosta per un piacevole relax; alte sono le possibilità di poter fare rifornimento di acqua, imprescindibile in queste esplorazioni insieme ad una macchina fotografica per riportare a casa le immagini di quanto vissuto.

 

L'idea

Capita che, disquisendo di archeologia in Sardegna, ma non solo, si parli spesso di “museo a cielo aperto”.
In effetti, nella nostra Isola si ha una gran quantità di siti archeologici e naturalistici di pregio, ma poco conosciuti; così a fronte di monumenti noti come quelli di Barumini, Losa, Torralba, Arrubiu e via discorrendo che rappresentano la punta dell’iceberg, si contrappongono aree e siti poco o nulla pubblicizzati e talvolta peggio segnalati.
La curiosità, il piacere della scoperta e della conoscenza, il gusto per l’avventura portano molti appassionati alla ricerca di questi luoghi affascinanti e pieni di storia, e allora perché non farlo durante una piacevole escursione in mountain bike, questa volta nella sub regione della Trexenta?
Innanzitutto, perché si chiama “Trexenta”? "Trecenta, plana, irrigua, et amoena, cujusque generis frugum, et arborum domesticarum feracissima”. Così la definì lo storico sardo di metà cinquecento G.F. Fara nelle sua opera De Chorographia Sardiniæ Libri duo.
Il toponimo attestato dal Fara potrebbe derivare da una leggenda secondo la quale i villaggi di questa sub regione erano 30 (o addirittura 300), la maggior parte dei quali si sono spopolati nel corso dei secoli. Nel nostro viaggio ne “incontreremo” due.
La porta d’ingresso al museo è il paese di Serrenti e i ciclo esploratori che mi accompagneranno lungo questo viaggio nel tempo e nello spazio sono Lucio, Monica, Rino e Renzo.

 

PRIMA TAPPA: SAMATZAI
A circa un km a nord dall’abitato, su un colle in località “domus is abis” si eleva “Su Nuraxi de Samatzai”.
Il sito, oggetto di campagne di scavo nel primo decennio del secolo, è purtroppo ancora parzialmente interrato e ciò ne impedisce una analisi completa; tuttavia è possibile leggere, in maniera più o meno attendibile, la sua complessità: costruito in blocchi di calcare bianco, il nuraghe si presenta come un quadrilobato con torre centrale, circondato da un antemurale nel quale sono intuibili delle torri. Passeggiando nei pressi del nuraghe si ha l’impressione di trovarsi all’interno di un villaggio; ovviamente è solo un’ipotesi nata da una visione superficiale del terreno circostante che dovrà essere vagliata nel momento (auspicabile) in cui sarà possibile riprendere le indagini.
Poco distante dal nuraghe, scavato su un banco roccioso, è visibile quello che potrebbe essere un “pressoi” o pietra lavorata atta alla premitura di uva od olive. Gli abitanti di Samatzai, più semplicemente, lo chiamano “sa piscedda de su casu” (la forma di formaggio).

Coordinate: 39°29'49"N / 9°1'30"E

SECONDA TAPPA: PIMENTEL
A qualche km a nord del paese, in località “Pranu Efis”, si trova la necropoli di “S’Acqua Salida”. Scavata[1] su due diverse emergenze rocciose, è composta da diverse domus de janas. Tra le varie domus spicca, nel primo bancone roccioso, la tomba preceduta da un lungo corridoio scavato nella tenera roccia calcarenitica. Sulla superficie, ma anche all’interno delle camere sepolcrali, si intuiscono delle coppelle. Un altro elemento di interesse su cui non c’è ancora univocità di interpretazione è costituito da una serie di solchi paralleli, le cosiddette cart roots o solchi di carro.
Nel secondo bancone roccioso, oltre alle domus, alle coppelle e a una seconda serie di cart roots, è visibile un’ampia spianata dove è evidente un’attività di estrazione di epoca romana (come da cartello turistico presente in loco); una serie di incisioni ortogonali permettono di immaginare in maniera approssimativa le dimensioni dei blocchi che vi venivano cavati.
Non distante da questo sito, in località Corongiu, a bordo strada si trovano delle altre due domus de janas. La seconda di esse è particolarmente suggestiva per la presenza delle complesse decorazioni dell’anticamera (spirali, linee a zigzag, doppi cerchi e tracce di colore), testimonianza della profonda religiosità dei costruttori.

Coordinate: 39°30'17"N / 9°3'30"E – Acqua Salida I gruppo

Coordinate: 39°30'17"N / 9°3'36"E – Acqua Salida II gruppo

Coordinate: 39°30'15"N / 9°3'38"E – Cava

Coordinate: 39°29'52"N / 9°3'32"E – Corongiu

TERZA TAPPA: ORTACESUS
Tra Barrali e Ortacesus (in territorio di quest’ultimo comune) si trova la necropoli di Mitza de Siddi[2]. Il sito, oggetto di moderne campagne di scavo ma mai completamente indagato, si compone di diverse tipologie funerarie e di deposizione degli inumati stimate dagli archeologi in un arco temporale di circa sei secoli.
Alcune tombe sono state inserite in un percorso tracciato per i visitatori e corredato da pannelli che descrivono sia le caratteristiche della tomba che del corredo; purtroppo l’abbandono, le intemperie e i vandali ne hanno in parte compromesso la fruibilità.
Coordinate: 39°30'2"N / 9°5'34"E

La storia della Sardegna medievale è fatta anche di villaggi abbandonati di cui si è perso, o quasi, il ricordo.
Il villaggio di Sebera[3] è tra questi. L’unico edificio che ne tiene viva la memoria è il rudere della chiesa, ora divenuta campestre, di San Bartolomeo o Santu Arzolu nella parlata locale. Nei terreni circostanti, interessati da attività agricole e di allevamento, non è infrequente rinvenire testimonianze di epoche passate di età romana, bizantina e giudicale.
La chiesa appare interessata da nuove opere di restauro.
All’interno si può osservare quello che resta di un cippo funerario romano purtroppo con l’iscrizione dedicatoria illeggibile.
Coordinate: 39°31'28"N / 9°5'2"E

QUARTA TAPPA: GUASILA
A pochi km a sud dell’abitato, lungo la strada che dal paese conduce a Serrenti/Samatzai, si incontra un bivio: tenendo la sinistra si percorre uno stradello che conduce alla necropoli di Is Concas, composta da due domus de janas.
Scavate su un’emergenza rocciosa, le domus mostrano i segni di un impiego successivo frequente, forse come rifugio di pastori e di bestiame.
A breve distanza, seminascosta dalla vegetazione spontanea, è presente una piccola sorgente.

Coordinate: 39°32'5"N / 9°1'51"E – sorgente

Coordinate: 39°32'0"N / 9°1'52"E – domus I

Coordinate: 39°31'59"N / 9°1'52"E – domus II

Su una modesta altura, a pochi km in linea d’aria dal sito di Is Concas, sorge l’antica chiesa di Nostra Signora d'Itria[4]. Analogamente a quanto riportato per il villaggio di Sebera e della chiesa di San Bartolomeo, anche questo edificio era pertinente a un villaggio che venne abbandonato quale era Bangiu de Aliri[5]; ricordiamo che i numerosi toponimi che riportano Bangiu o Bangius sono pertinenti a località con presenze di aree termali, soprattutto di età romana.
Eretta presumibilmente intorno al XII/XIII secolo in stile romanico e ancora menzionata in documenti del XV secolo, è ora una graziosa chiesa campestre la cui bella facciata è parzialmente nascosta da un discutibile loggiato addossatogli in epoca posteriore.
Coordinate: 39°31'54"N / 9°2'11"E

CONCLUSIONE
In questo ultimo paragrafo si vuole fornire qualche informazione utile per la possibile percorrenza dell’itinerario o la visita a uno o più siti sinteticamente descritti sopra.
Il percorso si sviluppa interamente all’interno di alcuni comuni della sub regione della Trexenta, ad eccezione di Serrenti, facilmente accessibile dalla S.S. 131 e situato in posizione ideale per essere il punto di partenza dell’escursione; è stato disegnato su strade sterrate o asfaltate di penetrazione agraria, interessando i territori comunali di Serrenti (come già detto unica eccezione), Samatzai, Pimentel, Ortacesus e Guasila; in totale misura poco più di km 40 con un dislivello totale di circa 400 metri.
Il periodo più indicato per la sua percorrenza è l’autunno e la primavera; è sconsigliato farlo in estate in quanto si percorrono territori pressoché privi di copertura arbòrea.
I siti archeologici citati sono facilmente raggiungibili anche con le auto, tuttavia non tutti sono accessibili in maniera completa perché chiusi o interessati da lavori.
Le coordinate sono state prelevate dal sito wikimapia e verificate tramite navigatore GPS.