Scheda: Luogo - Tipo: Edifici monumentali

Chiesa e convento di San Francesco

Chiesa e convento di San Francesco. Foto di Gianfranco Casu_SarGea. © Archivio Fotografico MuseoOristano

La chiesa e il convento di San Francesco costituiscono il più importante complesso monumentale dopo la Cattedrale di Oristano.

Via Duomo


Lat: 39.903705 Long: 8.590181

Costruzione: XII Sec. (1100-1199) - XIII Sec. (1200-1299)

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  • monumento | convento | chiesa | edificio religioso

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  • culto | crocifisso

Le origini benedettine

Secondo un’antica tradizione tramandata dai Padri Minori Conventuali, il sito del complesso religioso viene occupato dai monaci benedettini alla fine dell’XI secolo, dopo essersi ivi trasferiti da Tharros, l’antica capitale del giudicato d’Arborea. L’indagine su alcune parti delle strutture inglobate nel corso dei secoli dal convento, conferma  la presenza di un luogo di culto antecedente la costruzione della chiesa gotica.

La città di Oristano vede l’arrivo dei padri francescani nella prima metà del Duecento, pertanto a questo particolare momento storico (1230-50) possono ricondursi alcune delle strutture riemerse nel corso dei restauri, tra le quali spiccano murature in opera bicroma di calcare/basalto e aperture con centina archiacuta. All’anno 1252 risale la prima menzione documentaria: un membro della famiglia regnante, Gottifredo di Pietro d’Arborea, desidera quale testimoni del suo ultimo atto terreno alcuni francescani del convento di Oristano, tra i quali viene menzionato Pietro da Genova, definito come custode.

 

La fabbrica gotica

La fabbrica della chiesa gotica sorge sull’ultimo scorcio del secolo XIII, contemporaneamente a quella del San Francesco di Stampace a Cagliari. Maestranze di provenienza francese, educate in cantieri con progetti e prassi costruttive proprie dell’architettura cistercense,  realizzano un unicum in Sardegna: un’ampia chiesa gotica a navata unica dotata di transetto, i cui resti monumentali sono visibili ancora oggi lungo la via Sant’Antonio.

Tali resti che individuano il prospetto della chiesa conventuale, suggeriscono la presenza di esperti scalpellini in grado di tagliare e lavorare la pietra ex-novo. Conci in tufo e calcare di notevoli dimensioni sono regolarmente disposti tra sottili letti di malta. Semicolonne e modanature scandiscono la dimensione verticale del prospetto, in origine diviso in tre arcate cieche ogivali ribattute da timpani gattonati. Una cariatide antropomorfa, la cui identità non è più determinabile, è ospitata immediatamente al di sotto dell’arcata sinistra. Sono numerosi ma difficilmente leggibili altri resti della fabbrica gotica: secondo il Campion del conbento, un registro settecentesco che raccoglie carte più antiche ormai perdute, essa si conclude con la consacrazione nel 1292.

 

L’età moderna, obrerie e gremi

Nel corso del XIV e del XV secolo, i Padri Minori Conventuali stringono un rapporto di grande fiducia e collaborazione con la famiglia dei giudici d’Arborea. Il refettorio viene utilizzato quale sede per importanti assemblee, rendendo cosi il convento di San Francesco il luogo cardine delle decisioni politiche arborensi.
Tale importanza non si ridimensiona nei secoli successivi:  a partire dal XVI secolo fino a tutto il XVIII si registrano una quantità di donazioni, concessioni e diritti di sepoltura, che concorrono alla realizzazione di un gran numero di opere che arricchiscono il patrimonio storico e artistico della chiesa e del convento. All’aula mononavata medievale si affiancano una serie di nuove cappelle, le cui intitolazioni sono ricordate nel Campion: La Vergine degli Angeli, la Vergine della Pietà, l’Immacolata Concezione, la Vergine del Rosario, la Vergine del Soccorso, la Vergine del Carmine, la Santissima Annunziata, Nostra Signora di Bonaria, Sant’Antonio di Padova, San Gerardo, San Giovanni, i Santi Cosma e Damiano, San Pietro Apostolo, Sant’Antioco martire, Santa Lucia, San Matteo Apostolo e altri ancora possiedono la loro cappella o un altare a loro dedicato. Considerando la grande devozione attestata dai documenti, si deve immaginare il San Francesco come un vero complesso monumentale, ben più ricco e vasto di quanto possa sembrare oggi.
All’amministrazione delle cappelle contribuiscono le obrerie (opere composte da laici, in genere personaggi cittadini facoltosi), le confraternite e i Gremi (corporazioni delle arti e dei mestieri). Tra queste ricordiamo la confraternita dell’Immacolata Concezione o della Purissima, la confraternita di Bonaria e i Gremi dei Muratori e dei Sarti.

 

Le demolizioni del Cano

Purtroppo di tante cappelle, altari e opere d’arte, solo una minima parte è sopravissuta agli avvenimenti del XIX e XX secolo. Agli inizi dell’Ottocento l’architetto Antonio Cano, definito dai contemporanei un “dilettante” ma sostenuto dall’arcivescovo Giovanni Maria Bua, convince i Padri Conventuali ad avviare i lavori per rinnovare la chiesa gotica. Il Cano imposta una cupola ellittica all’incrocio tra aula e transetto con un risultato disastroso: l’8 settembre 1838 la cupola crolla portando al suolo la quasi totalità delle murature antiche, sfigurando per sempre la chiesa e cancellando cosi gran parte del suo passato giudicale.
A porre rimedio al disastro viene chiamato l’architetto Gaetano Cima, che riesce a completare la nuova chiesa in dieci anni. Cima deve affrontare anzitutto grossi problemi di natura statica, opta pertanto per un modello impiegato negli stessi anni nella parrocchiale di Guasila: un edificio a pianta centrale con ampia cupola semisferica, direttamente ispirata al Pantheon. Il prospetto principale, con pronao sorretto da quattro colonne con capitelli ionici alla sommità e due pilastri angolari, si apre sulla piazza Eleonora e guarda idealmente al Palazzo Carta-Corrias progettato dallo stesso Cima. Un modesto campanile a canna quadra svetta invece sul lato sinistro dell’edificio.

 

La riedificazione neoclassica

La riedificazione del San Francesco si inserisce in una complessa e ampia riqualificazione architettonica e urbanistica che coinvolge l’intero centro storico di Oristano all’inizio dell’Ottocento. Per includere il San Francesco in questo disegno, è necessario invertire l’asse liturgico, che anticamente segue l’orientamento di tutte le altre chiese cittadine. La natura dell’edificio, ormai completamente mutata, impone la realizzazione di tre sole cappelle e due nicchioni: sulla sinistra la cappella del Santo Cristo, ai lati del presbiterio le nicchie coi simulacri di Sant’Antonio e Nostra Signora di Bonaria. La cappella a destra viene consacrata alla Beata Vergine Immacolata, coi preziosi marmi policromi di recupero dell’altare, opera eseguita da Giovanni Battista Franco nel 1771.
Alla chiesa di San Francesco appartengono inoltre alcune tra le opere d’arte più importanti di tutta l’isola. Il Crocifisso detto di Nicodemo in legno intagliato e policromato, straordinaria opera del primo XIV secolo, è tra i più importanti e venerati simulacri in Sardegna. Già nel Cinquecento i cronisti riportano notizie sulla grande devozione dei sardi per questa sacra immagine, che funge poi da modello nello stesso secolo per le rappresentazioni del crocifisso in decine di dipinti su tavola. Verosimilmente il Crocifisso si trovava al centro di un retablo, detto appunto del Santo Cristo, opera del pittore cagliaritano Pietro Cavaro, le cui tavole smembrate e prive della cornice architettonica si trovano oggi divise tra l’Antiquarium Arborense e la sacrestia del San Francesco. Oltre ad alcune altre tavole su fondo oro del primo XVII secolo, la sacrestia della chiesa custodisce anche il prezioso Santo Vescovo di Nino Pisano, la sola opera che insieme ad altre due in Italia è firmata dal grande scultore toscano del Trecento. Per la tradizione e per le datate pagine della critica, il santo è da sempre ritenuto San Basilio.
Il culto di San Basilio Magno è in effetti attestato al San Francesco grazie al prezioso reliquiario, una teca argentea rimaneggiata nei secoli la cui parte più antica risale al secolo XI. Del tutto oscure sono le vicende legate alla venerazione per questo prezioso manufatto, che recenti indagini sembrano riferire invece alla figura di San Gregorio Nazianzeno.

 

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