Scheda: Luogo - Tipo: Edifici monumentali

Chiesa di San Giovanni Battista (Santu Giuanni de Froris)

Chiesa di San Giovanni Battista (Santu Giuanni de Froris)

Situata nella periferia ovest della città, la chiesa di San Giovanni Battista, cappella del Gremio dei Contadini, rappresenta un importate testimonianza della memoria identitaria di Oristano.

Località Santu Giuanni de froris


Lat: 39.890300 Long: 8.582744

Costruzione: XIV Sec. (1300-1399) - XVII Sec. (1600-1699)

Categorie

  • cappella | gremio | chiesa | edificio religioso

Tag

  • culto | bandiera | candelora | angeli | contadini

Origine e struttura

Sin dal XV secolo la chiesa dedicata al Santo Precursore e nota con la denominazione di “Santu Giuanni de Froris” o di “Santu Giuanni de foras”, è stata affidata all’antica "Opera della chiesa rurale di San Giovanni Battista", per poi divenire nel XVII secolo la cappella del gremio dei contadini, evoluzione dell'Opera stessa. Tale antico edificio, situato a sud-ovest della chiesa di San Martino, si trova a circa un chilometro dal centro della città e a duecento metri dal cimitero di San Pietro. Le forme semplici di chiesa campestre sono visibili nella struttura a pianta quadrata ripartita da quattro pilastri delimitanti una navata centrale coperta con un tetto poggiante su capriate. All'esterno l'edificio si presenta con un piccolo campanile a vela recante una campana bronzea dei primi del 1800 e offre su due lati un porticato poggiante su pilastrini in arenaria che sostengono una copertura a canne protetta da tegole; sul lato destro si dispongono la sagrestia e alcune piccole stanze.
L'odierna struttura architettonica può essere riferita all'epoca spagnola, più esattamente ai secoli XVII e XVIII, a essa rimandano l'ingresso principale tuttora in uso, la porta murata alla sinistra dello stesso e un frammento di pilastro capitellato in trachite di gusto gotico-aragonese incluso nella muratura. Tuttavia la chiesa ebbe origini giudicali, testimoniate dall'ingresso murato posto alla destra di quello principale sormontato da tre bacini ceramici riferibili all'epoca romanica e da vari documenti, i più antichi dei quali sono il testamento del 1301 del mercante catalano Guillem Lloret, residente in Oristano e quello del 1335 del Giudice arborense Ugone II de Bas–Serra. In entrambi i documenti si stabilivano lasciti a favore della chiesa denominata di “Sancti Johannis de Venis”, alludendo verosimilmente all'antica località in cui si erge l'edificio nota per la presenza di acque risorgive, che ha offerto testimonianze di culto a partire dall'età nuragica.
L’area su cui sorge la chiesa ha confermato, inoltre, tracce di frequentazione dall’Età Antica. Alcune interessanti strutture, in parte di qualche antichità, come un grande patio che si presenta oggi isolato e con le sembianze di una loggia, lasciano intendere l’importanza storica del sito.
È inoltre da segnalare il rinvenimento di materiali pertinenti una necropoli romana d’età imperiale nell’area circostante la chiesa.
Recentemente sembra essersi rintracciato un antico pozzo antistante la chiesa, che attende ora un recupero.
Oggi la chiesa, immersa in un parco alberato, viene aperta in occasione della celebrazione delle feste del gremio e per eventi straordinari. All'interno si trova l'altare maggiore dedicato al patrono San Giovanni Battista, la cui statua, riferibile a bottega locale di scuola sardo-catalana del XVII secolo, presenta negli indumenti indossati dal Santo la tecnica decorativa dell'“Estofado de oro”, utilizzato per risaltare la sacralità delle statue venerate nelle chiese sarde. Nelle cappelle laterali si trovano rispettivamente: sulla sinistra la nicchia che custodisce la statua del Santo Precursore, presumibilmente di scuola napoletana, che durante la ricorrenza della Natività viene vestito a festa, e sul lato destro la statua di Sant'Isidoro agricoltore, di scuola locale, protettore dei contadini, entrambe riferibili al XVII secolo.
Un’altra interessante testimonianza artistica è la tela sistemata, guardando l’altare, sulla parete destra della chiesa, raffigurante il martirio di San Giovanni Battista. Il dipinto recante il nome del suo autore, Pasquale Duracci, attivo nella città di Cagliari sul finire del Settecento, oltre alla sua valenza artistica, rappresenta un importante documento per la storia del gremio in quanto in esso sono riportati i nomi dei gremianti che commissionarono l’opera.

 

La chiesa di San Giovanni e le feste del Gremio dei Contadini

La chiesa, che si trova fuori dal circuito murario dell'antica città medievale di Oristano, e per questo motivo talvolta definita di Santu Giuanni de foras, è più propriamente ricordata con il titolo di Santu Giuanni de Froris, in quanto i festeggiamenti principali che vi si svolgono, rimandano alla giornata del 24 giugno, occasione che ricorda la natività di San Giovanni Battista.
Tale importante ricorrenza, riferita propriamente al Santu Giuanni de Froris citata in numerosi documenti sardi medievali, e festeggiata presso importanti città come il San Giovanni in Fiore di Firenze, rappresenta l'avvenimento principale della vita del gremio. Oltre alle celebrazioni religiose, il sodalizio in tale occasione è tenuto, a norma di statuto, al rinnovo delle cariche sociali. La sera del 23 giugno si aprono i festeggiamenti con il trasporto della bandiera del Gremio dalla casa de s'oberaiu de bandera (oberaiu majori a cui è affidata la custodia della bandiera del gremio) alla chiesa di Santu Giuanni de Froris, dove si celebra la messa della vigilia, conclusa la quale, si cantano is goccius in onore di San Giovanni. Il 24 giugno, giorno della festa, la prima messa all'alba annuncia una giornata densa, ma gioiosa, che trascorrerà scandita dalla celebrazione delle messe e dai banchetti fino a tarda notte. Il 25 giugno, nella mattina, si tiene la messa in suffragio dei soci defunti; nella serata i componenti del gremio, durante una riunione a porte chiuse, che si tiene nei locali attigui alla chiesa, nominano ufficialmente la nuova giunta. Finita la riunione le porte della chiesa si aprono e la bandiera viene portata fuori e tra manciate di grano e fiori viene posta sul carro a buoi, per dirigersi verso la casa del nuovo oberaiu de bandera a cui sarà affidata.
Altro importante appuntamento nella vita del gremio è la celebrazione, con la santa messa nella giornata del 29 agosto, del Martirio di San Giovanni Battista. Il 2 febbraio, festa della Candelora, segna un'altra data importante nel calendario del sodalizio. In quell'occasione, di primo mattino durante la santa messa vengono benedette le candele che i gremianti consegneranno nella mattinata a tutti i soci, alle vedove dei soci defunti e ai collaboratori del gremio. Tra le candele benedette, spiccano per la loro bellezza e per gli eleganti nastri rossi, le candele che verranno consegnate a su componidori e ai suoi compagni di pariglia, segnando l'investitura ufficiale di coloro che guideranno l'imminente Sartiglia della domenica di carnevale. Infine il sabato più vicino al 15 maggio si festeggia Sant'Isidoro agricoltore.

 

Gli angeli neri

Due angeli neri sono l'eccezionale scoperta fatta nel 2015, durante i lavori di restauro dell'altare maggiore della chiesa di San Giovanni Battista. Una scoperta importante per la tecnica con cui i dipinti sono stati realizzati, per il significato, ma soprattutto per l'unicità della rappresentazione.
Questo ha portato il gremio a commissionare analisi che permettessero di comprendere meglio le anomalie iconografiche legate agli angeli. A tal fine sono stati eseguiti una serie di esami su diversi campioni che hanno permesso di ipotizzare che gli incarnati di color bruno ritoccato con biacca, forse per dar lumeggiature, siano virati nel nero dando un effetto compatto nerastro come si deduce dalle analisi stesse.
A tal proposito la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Cagliari e le province di Oristano e Sud Sardegna afferma che le valutazioni scientifiche e tecniche tendono a confermare l'ipotesi che gli angeli neri siano frutto essenzialmente del viraggio chimico dei pigmenti utilizzati e ciò sulla base di varie considerazioni che evidenziano come fosse pratica tradizionale, la tecnica dei pittori o frescanti di raffigurare i volti e lumeggiarne gli incarnati con pigmenti chiari a base di piombo fissati nei punti di sporgenza e, successivamente, virati dal colore rosa degli incarnati ad un colore scuro dovuto al solfuro di piombo nero formatosi per conversione del bianco di piombo.

 

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