FRAMMENTO DI SARCOFAGO FILISTEO

POLEMICHE SUL FRAMMENTO DI SARCOFAGO FILISTEO

Dalla probabile  necropoli nord occidentale della città di Neapolis, corrispondente all’odierna località di S. Maria de Nabui (Guspini – Sud Sardegna ), provengono due frammenti combacianti  del collo e del ventre di un vaso, a forma chiusa, configurato a volto antropomorfo, rinvenuti da Antonio Rasenti nel 1974 e Raimondo Zucca nel 1975.

Raimondo Zucca, nel suo volume Neapolis e il suo territorio (Oristano 1987)

fornisce una puntuale descrizione del reperto; “argilla rosso saturno, compatta; ingobbio biancastro; alt. cm 45; il volto è limitato inferiormente da un listello curvilineo che principia sotto le orecchie; le ampie arcate sopraccigliari, riportate  si uniscono superiormente al naso che ne prosegue la linea; il naso, sottile, è accuratamente modellato, gli zigomi sporgenti evidenziano la parte terminale del volto, incavata, dalla quale si rilevano due strette labbra appena dischiuse; i bulbi oculari a mandorla allungata sono contornati a stecca; pupille ed iridi potevano essere, in origine, dipinte; l’orecchia destra (l’unica superstite), plasmata a parte e riportata, è costituita da un nastro d’argilla terminante a volute alle due estremità; una lieve depressione del listello curvilineo, inferiormente alla bocca, parrebbe indicare la fossetta del mento; il ventre del vaso presenta una  fascia rosso di Pozzuoli; V secolo a. C.”

Il frammento neapolitano viene rapportato dallo studioso alla non abbondante produzione di vasi plastici di  ambito punico, riscontrando però anche dei modelli orientali in una maschera di Hazor del XIII secolo a. C. e in sarcofagi di Beth Shean.

Fu  Piero Bartoloni, nel 1997, a proporre una nuova e autorevole interpretazione sul reperto di Neapolis, rimandando ai sarcofagi fittili antropoidi filistei in uso in Palestina tra  il XIII e l’XI sec. a.C. e trovando i rapporti più stringenti con i sarcofagi rinvenuti a Beth-Shean, in relazione  al naso affilato e alle orecchie a cordolo. Similitudini vengono riscontrate altresì nei sarcofagi di Tell el-Yahudiyehe e a Tell el Far‘ah.

Per quanto riguarda gli aspetti cronologici (ritenendo indubbia l’origine del modello dei sarcofagi fittili filistei dai sarcofagi egiziani del Nuovo Regno), vista l’estrema stilizzazione delle braccia e delle mani, congiunte al petto, Piero Bartoloni propone per il frammento di Neapolis  l’interpretazione di  sarcofago filisteo dell’XI secolo a. C.

Altresì propende per la presenza stabile di personaggi filistei a Neapolis  in Sardegna, non essendo il frammento pertinente alla classe degli athyrmata, bensì alla sfera personale del sarcofago funerario, difficilmente commissionato da un soggetto culturalmente distante.

Nello stesso anno 1997 l’epigrafista Giovanni Garbini pubblicò un volume sui Filistei nel quale segnalava uno scarabeo  del V sec. a. C., rinvenuto a Tharros; esso recava un’iscrizione fenicia relativa ad un nome personale, derivato da quello del dio supremo filisteo Dagon, suggerendo così una fondazione, da parte dei Filistei, della città del Sinis nell’VIII sec. a.C.

La polemica si riaccese l’anno seguente con una nota di Enrico Acquaro che eccepiva lo spessore del frammento neapolitano  troppo esiguo per l’ascrizione dello stesso ad un  sarcofago filisteo,  così come le dimensioni del volto rispetto agli esemplari  palestinesi. In definitiva Acquaro riassegnava ad ambito punico la ceramica neapolitana.

Piero Bartoloni, nello stesso anno, si oppose alle considerazioni di Enrico Acquaro, spiegando le motivazioni che l’avevano portato alla ascrizione del manufatto di Neapolis alla classe dei sarcofagi filistei.  Lo spessore dei sarcofagi non si discosta da quello delle anfore da trasporto atte a contenere anche carichi di peso equivalente ai defunti;  quanto alle dimensioni, se è vero che alcuni esemplari del XIII secolo presentano dimensioni del volto notevoli, altri del medesimo periodo hanno dimensioni  del viso minori, come l’esempio di Deirel-Balah. Per di più con l’andare del tempo in Palestina, gli stessi volti diventano quasi simbolici, giungendo a dimensioni assai ridotte rispetto alla mole dei sarcofagi originari. Gli esemplari dell’XI secolo a. C. erano divenuti dei semplici contenitori sub-cilindrici con il volto rappresentato nella parte sommitale,  con applicazioni in rilievo, sottolineando l’impossibilità di individuare rapporti verosimili del manufatto neapolitano con  reperti di cultura materiale fenicio punica.

Altri dubbi vengono avanzati nel medesimo anno da Aren M. Maier, il quale esprime il proprio dissenso innanzitutto circa le dimensioni dei sarcofagi di Bhet Shean e il frammento di Neapolis, ma anche nella resa plastica di alcuni particolari come le orecchie, rappresentate in maniera naturalistica in Palestina ed invece spiraliformi nell’esemplare sardo, accettando  le relazioni con le rappresentazioni  antropomorfe della ceramica fenicia, pur non essendoci parallelismi puntuali[1].

Piero Bartoloni, rimanendo fermo sulle sue posizioni, inserisce il frammento di Neapolis in  un quadro delle testimonianze in Sardegna della presenza filistea. Dapprima i numerosi indizi offerti dalla toponomastica, tra i quali spicca il nome di Macomer, probabilmente l’antica Makopsisa, e di Magomadas; infatti sia in lingua filistea, sia fenicia il termine maqom significava “luogo” e “luogo di mercato”, in un’area non interessata dalla frequentazione fenicia.

Le testimonianze archeologiche rimandano alla ben nota iscrizione di Bosa, andata dispersa, che difficilmente può essere attribuita ad ambito fenicio e chesarebbe da attribuire all’XI-IX secolo a. C.[2], i due ostraka rinvenuti nell’insediamento di Sant’Imbenia, anch’esso fuori dal circuito fenicio, e da un’anfora  con un’iscrizione incisa sulla spalla, rinvenuta nel santuario nuragico di S’Arcu e is forros (Villagrande Strisaili), interpretata da Giovanni Garbini come filistei, alcuni frammenti ceramici provenienti dall’area dell’antico abitato di Sulky, il sopracitato frammento da Neapolis e il sigillo relativo all’antroponimo formato con il nome del dio fiisteo  Dagon, proveniente da Tharros.

Non escludendo una presenza stabile od occasionale filistea nell’Isola, lo studioso auspica una possibile soluzione a favore del problema dei Popoli del Mare e degli Sherden.



[1]Maier 1998, pp. 497 – 510.

[2]Bartoloni 2009, p. 34.

 

Bibliografia

Acquaro 1998 : E. Acquaro, Su un presunto frammento di sarcofago filisteo in Sardegna, in Studi di Egittologia e di Antichità Puniche, 17 (1988), pp. 47-53. www.academia.edu/35436770/Enrico_Acquaro_Su_un_presunto_frammento_di_sarcofago_filisteo_in_Sardegna_in_Studi_di_Egittologia_e_di_Antichità_Puniche_17_1988_pp._47-53

Bartoloni 1997 : P. Bartoloni, Un frammento di sarcofago antropoide filisteo da Neapolis, in Rivista di Studi Fenici, Roma 1997, pp. 97 – 103. /www.academia.edu/2776811/Un_sarcofago_antropoide_filisteo_da_Neapolis_Oristano_-_Sardegna_Rivista_di_Studi_Fenici_25_1997_pp._97-103

 

Bartoloni 1998 : P. Bartoloni, Ancora su un sarcofago filisteo da Neapolis (Sardegna), in Rivista di Studi Fenici XXVI 1, Roma 1998, pp. 139 – 143. file:///C:/Users/Win/Downloads/Ancora_su_un_sarcofago_filisteo_da_Neapo.pdf

Bartoloni 2009: P. Bartoloni, I Fenici e i Cartaginesi in Sardegna, Sassari 2009.

Garbini 1997 : G. Garbini, I Filistei. Gli antagonisti di Israele, Brescia.

Maier 1999 : A. M. Maier, Philistines in Sardinia? A criticalreappraisal, in Ugarit – Forschungen, InternationalesJohrbuchfur die AltrtumskundeSyrien – Palästinas. Band 30 1998, Münster 1999, pp. 497 – 509. www.academia.edu/1527552/Maeir_A._M._1998._Philistines_in_Sardinia_a_Critical_Reapraisal._Ugarit-Forschungen_30_497_510

Zucca 1987 : R. Zucca, Neapolis e il suo territorio, Oristano 1987.