Scheda: Luogo - Tipo: Edifici monumentali

Palazzo De Castro

Palazzo De Castro. Foto di Gianfranco Casu_SarGea. © Archivio Fotografico MuseoOristano

L’edificio apparteneva al Canonico pro tempore prebendato di San Giacomo (Nuraxinieddu) e nel 1842 divenne abitazione di Salvator Angelo De Castro, nominato dall’arcivescovo Saba Canonico prebendato di Nuraxinieddu.

Via De Castro


Lat: 39.904608 Long: 8.590450

Costruzione: XVI Sec. (1500-1599) - XVII Sec. (1600-1699)

Categorie

  • abitazione | restauro | palazzo

Tag

  • Gesuiti

Fin dal 1563 i consiglieri della municipalità oristanese, deliberando la costituzione di una dote perpetua di 100 scudi annui, tentarono di istituire e mantenere in città un collegio dei gesuiti, consapevoli “… de quanto utiles la compañia de jesus, y sus religiosos, y de quanta importancia para la buena educacion de la juventud en virtud , y letras, haviendo años son desseado con mucho affecto tener un collegio de dicha compañia y per varios accidentes no haya podido effectuarse…”: “… di quanto utile [fosse] la compagnia di gesù e i suoi religiosi e di quanta importanza [rivestissero] per la buona educazione della gioventù in virtù e lettere, avendo per anni desiderato fortemente tenere un collegio di detta compagnia e che per vari impedimenti non poté concretizzarsi…”.
Tra i motivi ostativi, più volte accentuati dalle informazioni ricevute dalla casa generalizia romana e dal padre provinciale dei gesuiti in cagliari, veniva palesato il riserbo per le avverse condizioni climatiche dell’arborea, quel clima che provocava le intemperie, [cioè la malaria], che saliva dagli stagni e ammorbava l’aria fino a renderla irrespirabile e causava decessi tra i forestieri “por mala salud”.
Non risolse lo svantaggio culturale e didattico neppure l’arcivescovo oristanese antonio canopolo che,  il 18 gennaio 1619,  non riuscendo a fondare un seminario in oristano, per le note condizioni climatiche, lo fondò a sassari, affidandolo ai gesuiti. doveva contribuire, così come disposto dal concilio tridentino, a formare sacerdoti preparati e insegnare “virtù y letras”. disponeva che fossero preferiti i figli dei poveri, in età da dodici a massimo ventitré anni, ove potevano seguire gli studi generali di grammatica, retorica, filosofia, teologia, casi di coscienza e scritture sacre e “…item queremos que los seminaristas hayan de ser del arzobispado de oristán y santa justa doze…”. cioè riservando 12 posti ai seminaristi provenienti da oristano e santa giusta.
Gli anni successivi non attenuarono il desiderio dei consiglieri oristanesi di fondare un collegio di gesuiti in città e, ad eccezione dell’annus horribilis 1652, nel quale la città di oristano fu colpita dalla peste che provocò, nonostante gli amministratori cittadini avessero creato un utopico cordone sanitario intorno alle mura, oltre duemila decessi tra i ricoverati nel lazzaretto cittadino e quelli dei borghi, a cadenza annuale riproponevano la richiesta ai superiori della compagnia.
Il 7 maggio 1659 il consigliere in capo michele pira e l’intera municipalità impegnarono la città con una donazione di 42.500 lire sarde, tra somme a censo, terreni, vigne e case per la costruzione di un collegio e di una chiesa dei padri gesuiti “…che istituisca e inizi i corsi delle scuole e cattedre inferiori e superiori che desidera questa illustre città, i suoi magnifici consiglieri e i señores che concorrono in questa fondazione…”.
“…la primera es que los padres de dicha compañia hayan de tener, y leer en sus escuelas las letras humanas de grammatica, humandad, y retorica comprehendiendose tambien la inseñança de leer, y escrivir...”. come pure “... ordenar, y decretar se abran todas las sinco escuelas superiores, la una de artes, dos de theologia scholastica, ora de positiva, y otra de moral, aviendo estudiantes se leeran en el las facultades superiores de philosophia, y theologia assi escholastica, como moral, segun lo platica en la ciudad de caller...”.
L’idea della municipalità oristanese era quella di creare corsi di studio per la gioventù cittadina simili a quelli presenti nelle città di sassari e cagliari. in ambito culturale e dell’insegnamento scolastico cittadino i consiglieri di oristano si angosciavano e subivano un senso di inferiorità rispetto alle altre due città regie.
L’atto della municipalità oristanese del 7 maggio 1659 non ebbe immediato seguito per via delle resistenze dei gesuiti, che avevano necessità di sperimentare la salubrità dell’aria. per ovviare a queste esitazioni fu deciso di aprire una residenza cittadina per un congruo periodo di quattro anni, (ad experiendum aëris salubritatem) al fine di saggiare le condizioni climatiche locali e la possibilità di poter poi fondare un collegio. la municipalità garantì una chiesa ove esercitare il culto, che fu individuata in quella di san vincenzo e una casa di residenza, poco distante dalla chiesa, in pieno centro cittadino, che si ritiene sia l’attuale casa de castro.

 

Questi gli atti successivi della municipalità:

- Oristano, 2 giugno 1664. I Consiglieri di Oristano scrivono al Preposito Generale dei Gesuiti affinché dia corso alla sperimentazione di una Casa di Residenza dei Padri gesuiti, comunicando, inoltre quanto concordato con il Padre Provinciale Giacomo Carta cui la città offrì quanto necessario al sostentamento di sei religiosi.

- Oristano, 19 luglio 1665. La Città conferma che la Casa di Residenza assegnata ai Gesuiti sarebbe stata più comoda e riconferma l’utilizzo della Chiesa di San Vincenzo per l’esercizio delle pratiche di culto.

- Oristano, 4 agosto 1665. I Consiglieri di Oristano scrivono all’Arcivescovo Bernardo Cotoner, a seguito dell’approvazione concessa dal Preposito Generale della Compagnia di Gesù alla fondazione nella città di una Casa di Residenza “ad experiendum aëris salubritatem” per la durata di un quadriennio, per richiedere l’aiuto materiale promesso dall’Arcivescovo, che avrebbe così invitato i Cavalieri e i Cittadini ad offrire aiuti per tanta giusta causa.

- Oristano, 3 febbraio 1667. I Consiglieri di Oristano scrivono al Padre Provinciale della Compagnia di Gesù felicitandosi della riuscita dell’apertura della Casa di Residenza e promettono di assicurare quanto necessario per la convivenza dei Padri.

- Oristano, 17 novembre 1668. Lettera dei Consiglieri di Oristano all’Arcivescovo di Cagliari Pietro De Vico, ex prelato di Oristano (1641-1657) con la richiesta di aiuto per ottenere dal sovrano di Spagna l’autorizzazione ad «arrendare le terre paberili» della città per costituire la dote al nuovo Collegio dei Gesuiti. Dalla lettera si apprende che la Casa di Residenza dei Gesuiti era stata fondata da due anni (novembre del 1666) e che la municipalità non era riuscita a raccogliere le risorse necessarie per poter edificare, alla scadenza dei quattro anni, il tanto desiderato Collegio dei Gesuiti.

- Oristano, 6 giugno 1669. I Consiglieri di Oristano deliberano di organizzare una roadia estesa a tutti i paesi del Marchesato di Oristano (Cabras, Solarussa, San Vero Congius, Silì, Simaxis, Zerfaliu, Seneghe, Bonarcado, Narbolia, Milis, San Vero Milis, Tramatza e Bauladu) al fine di raccogliere fondi per la fondazione del Collegio dei Gesuiti.

- Oristano, 29 novembre 1669. I Consiglieri di Oristano, nell’approssimarsi della scadenza dei quattro anni di sperimentazione della Casa di Residenza dei Gesuiti, percorrono varie strade per raccogliere le venticinquemila e cinquecento lire sarde che mancano per la fondazione del Collegio. Tra queste una donazione di un privato di mille scudi, l’utilizzo delle entrate della «Majoria de Carros», parte delle entrate del «Mostaçaf» ovvero l’Ufficiale dell’Annona, razionalizzare le risorse da impegnare per le candele di cera da distribuire al Clero della Cattedrale e Conventi cittadini in occasione dell’adorazione della «Vera Croce» e istituire un’ipoteca speciale sulle future rendite della municipalità.

- Lettera Annua della Provincia Gesuitica di Sardegna (1669). Questa fonte documentaria chiarisce che i Gesuiti assegnati alla Casa di Residenza di Oristano furono quattro.

- Lettera annua della Provincia di Sardegna della Compagnia di Gesù (Anno 1672). La fonte documentaria rinvenuta nell’Archivio Generalizio della Compagnia di Gesù in Roma attesta che la Casa di Residenza dei Gesuiti, istituita per quattro anni al fine di sperimentare la salubrità dell’aria «quae per quatuor annos ad experiendum aëris salubritatem», con la speranza di fondarvi un Collegio, fallì miseramente poiché i Gesuiti conducevano una vita stentata, ove era carente anche il cibo. L’impossibilità di reperire risorse sufficienti per fondare un Collegio costrinse gli stessi a lasciare Oristano. La cosa non fu affatto gradita agli Oristanesi: «licet aegre id tulerint Cives Oristanenses».

 

La notevole sete di istruzione della municipalità oristanese e dei cittadini non venne meno di fronte alle perplessità ed inquietudini dei gesuiti.
Rivolsero con immediatezza ogni attenzione agli scolopi, i quali accettarono la fondazione di un collegio, che vide la luce pochi anni dopo. gli scolopi operarono nella città arborense per oltre 200 anni.
Il rinvenimento del monogramma gesuita durante i lavori di restauro della casa de castro, con alcune indicazioni desunte dalle fonti archivistiche, hanno consentito di formulare una prima ipotesi sulla residenza dei gesuiti in oristano, durante gli anni di sperimentazione che si protrassero dal novembre 1666 all’anno 1672. è più d’una ipotesi, giacché nessun altro edificio oristanese, per quanto si evince, presenta un monogramma gesuita. l’abitazione è vicinissima alla chiesa di san vincenzo e potrebbe essere stata fin dal secolo xvi proprietà della diocesi. nulla impedì, quindi, all’arcivescovo di oristano dell’epoca di donare l’abitazione ai gesuiti.

In che cosa consiste?
Ciascuna sede di residenza dei gesuiti (casa o collegio) veniva contrassegnata da un emblema consueto, il più delle volte scolpito in pietra, marmo o modellato in terracotta, costituito da un sole raggiante che circoscrive una coroncina  con all’interno un cristogramma (acronimo di jesus hominum salvator = gesù salvatore degli uomini)  accompagnato dal monogramma gesuita del cuore trafitto dai tre chiodi della croce o semplicemente dai tre chiodi. la più ampia diffusione del ihs si ebbe in periodo medievale quando san bernardo di chiaravalle, che diede la regola a cistercensi e templari, ne fu il maggiore promotore. dal xv secolo, per volere di papa martino v, il simbolo è rappresentato con una croce posta sopra la lettera h centrale.
Il materiale documentario è frutto dall’attività di ricerca che lo studioso roberto mario picchedda sta conducendo nei fondi «sardinia» dell’archivum romanum societatis iesu in roma e nei registri di consiglieria dell’archivio storico del comune di oristano.
Costituisce un piccolo saggio documentario della ricostruzione storica dei tentativi e delle vicende legate all’istituzione di un collegio dei gesuiti in oristano, opera di prossima pubblicazione.

 

Temi correlati