La Storia di Oristano - parte 8

La Storia di Oristano - parte 8

STORIA DI ORISTANO (parte ottava)
La città vista dagli occhi di un viaggiatore del primo Ottocento.

 

Oliveti Raccogliendo in uno quelli che sono entro il territorio della città e quegli altri che si trovano ne’ pressi sunnominati, gli oristanesi non hanno meno di 800 mila alberi già bene sviluppati, e largamente fruttificanti. E sebbene l’uomo non faccia altro che piantarli o innestarli, non pertanto raccoglie soventi una misura di frutti, dai quali estrae gran quantità di olio. Il migliore ottienesi dagli oliveti di Silì.

Nella manifattura dell’olio manca l’arte e la diligenza, e non si fa alcuna separazione, ma confondesi in un vaso quello che cola primo con quello che ottienesi da fortissime pressioni e quello che da l’acqua crasta.

Apicoltura Nel clima di Oristano e in quella sua lussureggiante vegetazione le api prosperano e producono assai; tuttalvolta sono pochi che diano opera a questa facile e lucrosa industria.

Pollame Se ne educa in gran numero, ma in poche specie, principalmente nei sobborghi. Prima si aveano sole galline e colombi, poi si aggiunsero le oche, ed ora si ammettono anche i polli d’India.

Pesca Il mar del golfo è animato da gran quantità di pesci, e molti assai fini, e lo sono ancora più gli amplissimi stagni aperti intorno al littorale, e alcuni rivi. Le principali peschiere sono quelle di Pontis e Sa Mardi, nutrite dallo stagno di Cabras detto Mare e Pontis di gran bacino e più profondo che ogni altro; Mistras posta sul littorale e comunicante col mare per mezzo d’uno stagno di basso fondo; Pischera e Pesaria nutrite la prima dal fiume Tirso che presso la foce si spande in una laguna, l’altra dallo stagno di Santa Giusta; Sassu , i cui pesci sono più stimati.

La peschiera di Flumini nel Tirso appartenente al Marchese Arcais produce solo di estate. Si appaltava in scudi 600, e diede talvolta un lucro triplo, quadruplo e più grande ancora.

La peschiera di Marceddì, proprietà di casa Neoneli, è appaltata in lire nuove 10 mila all’anno.

Le altre peschiere minori di pertinenza della Mitra, del Capitolo e di alcuni conventi si affittano ordinariamente per 200 o 300 scudi.

 

Commercio Gli oristanesi comprano dai dipartimenti di intorno capi vivi, pelli, lane, formaggi, tele, panni del paese, grani, legumi, e vendono olio, terraglie, opere d’arte, manifatture estere e generi coloniali.

Sono nella città circa una trentina di botteghe, dove vendonsi gli articoli esteri più ricercati, ma di siffatti negozi nessuno è veramente considerevole.

I più di questi mercanti sono forestieri, algheresi o sassaresi.

Gli articoli di esportazione sono cereali, formaggi, bestiame e stracci; ma l’esportazione si fa sempre più rara. I mercati di Odessa, Tangarog, e di Africa, dove frequentano i genovesi, han fatto dimenticare il grano sardo, che è più costoso, e per conseguenza han nociuto gravemente alla agricoltura sarda.

Porto Presso la torre grande, in fin della strada nuova, sono alcuni magazzini a ricevere e prepararvi i carichi, ma non vi sono abitazioni.

La detta strada cominciata nel 1836 stendesi da Nuracraba al porto per circa 6 mila metri.

Fiere Quattro volte l’anno si fa mercato in Oristano nella ricorrenza di certe feste; 1° per la Madonna del Rimedio; 2° per S. Anna; 3° per la Vergine d’Itria; 4° per Santa Croce in settembre.

Per Santa Croce si mette in commercio tra tanti altri articoli un gran numero di polledri.

Per S. Anna e la Vergine d’Itria i sorgonesi e altri del dipartimento di Mandrolisai vendon legname di castagno, noce, quercia, rovero, tasso ecc.

I vasai oristanesi portano in vendita i loro lavori per tutti i dipartimenti.

Religione Oristano è sede di un arcivescovo, il quale in altri tempi aveva suffraganei, il vescovo di Santa Giusta, che prima forse si intitolava da Forotrajano, dove si può supporre la sua sede; il vescovo di Terralba, che senza dubbio ebbe anticamente il titolo della città di Neapoli sua sede; e il vescovo di Uselli, che dopo fu denominato di Ales, dove si traslocava dopo la caduta di quell’antica città sotto la violenza dei Barbaracini, secondo che ci pervenne per tradizione.

Canonici La sola chiesa cattedrale di Oristano tiene capitolo di canonici, non esistendo in tutta la diocesi altra collegiata canonicale. In Aritzo, per fondazione particolare, si fa nella chiesa parrocchiale la pubblica uffiziatura delle ore canoniche, ma per soli otto mesi dell’anno.