L'arte delle tegole di Silì

L'arte delle tegole di Silì

L’arte della realizzazione delle tegole a Silì è l’oggetto del nuovo contributo sul nostro cantiere dei figoli. Ringraziamo Antonio Solinas per averci donato le immagini e i ricordi di questa secolare tradizione della lavorazione della terra.

 

Quando si parla di Silì, non si può fare a meno di ricordare il suo passato ed in particolare la straordinaria tradizione della produzione delle tegole. Si trattava di una grande fabbrica a cielo aperto portata avanti da secoli da abili artigiani che di generazione in generazione trasmettevano quest’arte umile e semplice ma che ha rappresentato un elemento fondamentale dell’economia locale. Le tegole di Silì hanno coperto i tetti di mezza Sardegna, considerando che lungo la golena del fiume Tirso vi erano ben 12 forni utilizzati per la loro “cottura”. Non vi era una vera e propria corporazione di tegolai ma tra essi si incontravano e soprattutto si aiutavano a vicenda. Il Comune offriva in concessione gratuita a questi artigiani i “chiusini“, ovvero i piccoli appezzamenti di terreno in prossimità del fiume dai quali approvvigionarsi dell’argilla necessaria per la realizzazione delle tegole, a patto che, nell’estrazione della terra, non arrivassero al livello dell’acqua. Alcuni artigiani si avvalevano di un forno comune per la cottura, un forno spesso padronale, o comunale. In questi casi si riconosceva al proprietario del forno la formula della “decina”, in pratica, ogni 100 tegole infornate, dieci si lasciavano come compenso al proprietario del forno. In vista della cottura in forni comuni, al momento della realizzazione, le tegole venivano personalizzate e marcate con un segno: talvolta venivano incise le iniziali dell’artigiano, altre volte segnate con dei simboli, per essere poi infornate. Quando arrivava il momento “de sciorrai”, ovvero di scaricare il forno dopo la cottura, le tegole venivano separate secondo i segni di riconoscimento e quindi distribuite ai rispettivi artigiani. L’accensione dei forni era un’operazione delicata e complessa che avveniva alla presenza di almeno 4 persone. Precise disposizioni sindacali e prefettizie regolamentavano questa fase che richiedeva la presenza nel gruppo di almeno una persona veramente esperta la quale, ultimate tutte le operazioni, per l’accensione del fuoco utilizzava due fascine di cisto che venivano disposte a croce e, accesa una fiamma, dava fuoco alla legna avviado la cottura di tutti manufatti con l’invocazione e il tradizionale augurio che precedeva sempre l’inizio di un importante lavoro ”in nomini de Deus”.