La marineria cartaginese - parte 2

La marineria cartaginese - parte 2

Abbiamo visto la prestigiosa ceramica etrusca veicolata proprio dai Cartaginesi e acquistata dalle classi ricche e nobili che vivevano a Tharros che troverà spazio all’interno delle tombe a ipogeo che ora vediamo crollate salendo verso il colle di San Giovanni. Seguiamo ancora i cartaginesi, nuovi conquistatori della Sardegna.

 

Insieme alla ceramica etrusca non si può dimenticare la grande quantità di ceramica attica[1} la quale diventa significativa per l’analisi delle modalità di traffico commerciale tra Atene ed il mondo punico ed in particolare con Cartagine tra il IV e il III secolo a.C.

Gli scavi delle necropoli di Tharros hanno restituito copiosi corredi funerari contenenti sia le belle ceramiche nere etrusche che le policrome ceramiche greche, spesso facenti parte di carichi misti presenti nelle navi puniche di cui le grandi anfore a siluro rappresentavano spesso il grosso del carico; la vitalità dei commerci cartaginesi in questo periodo è ampiamente attestata anche dal ritrovamento dei relitti di navi onerarie che trasportavano appunto anfore e ceramiche puniche e tali da far ipotizzare la presenza di centri di ridistribuzione delle merci. Tali preziosi reperti fanno bella mostra presso il nostro Antiquarium Arborense e fanno parte dei ritrovamenti tardo ottocenteschi e novecenteschi effettuati dall’avvocato Efisio Pischedda.

Un aspetto molto molto importante della storia della navigazione cartaginese è rappresentato dai viaggi esplorativi alla ricerca di nuovi spazi territoriali e commerciali.

E’ interessante quanto ci riferisce Erodoto a proposito del viaggio di Annone, re dei Cartaginesi, a proposito del “baratto silenzioso” da loro praticato; così ci racconta:

“I Cartaginesi dicono pure che c’è una regione della Libia e uomini che la abitano, al di là delle colonne d’Eracle. Quando arrivano fra costoro e scaricano le merci, dopo averle disposte in ordine lungo la spiaggia si rimbarcano e alzano una fumata. Allora gli indigeni vedendo il fumo vanno al mare e poi in luogo delle merci depongono oro e si ritirano lontano dalle mercanzie. I Cartaginesi sbarcati osservano, e se l’oro sembra adeguato alle merci lo raccolgono e s’allontanano, altrimenti, rimbarcatisi di nuovo attendono; e quelli, fattisi innanzi, depongono altro oro, finchè li soddisfino. Così non fanno torto a vicenda, perché essi non toccano l’oro prima che quelli l’abbiano reso uguale al valore delle merci, né quelli toccano le mercanzie prima che gli altri abbiano preso l’oro”[2]

Questa narrazione ci trasmette il ricordo delle imprese commerciali dei cartaginesi con le genti indigene dell’Africa oceanica nel corso del V secolo a.C.; le modalità dello scambio potrebbero far pensare ad una relazione con popolazioni verso i quali i Cartaginesi non potevano né comunicare verbalmente né utilizzare i soliti metodi di contrattazione commerciale. Sembra quindi che lo scambio avvenisse in località con usi e costumi differenti dalle aree punicizzate o abitualmente frequentate da mercanti punici dove si sarebbe sviluppata una forma di rapporto diretto con gli indigeni; il mercato più distante che l’archeologia ha restituito è quello dell’isoletta di Mogador nel Marocco atlantico, fondato dai Fenici, e distante circa settecento chilometri dalla stretto di Gibilterra.

Sempre il re Annone si rese protagonista di un altro viaggio con l’obiettivo di fondare delle nuove colonie oltre le colonne d’Ercole e tal proposito le fonti ci narrano che si mise in viaggio con sessanta vascelli da cinquanta remi ciascuna e circa tremila tra uomini e donne, viveri e altri oggetti di necessità. Durante il lungo viaggio costiero fondarono diverse città e costruirono templi dedicati a Poseidone.

Le informazioni storiche e archeologiche sulle navi da trasporto puniche sono scarse e permettono di ricavare solo delle conoscenze limitate rispetto a quanto sarà noto del mondo romano.

I dati a disposizione si riducono ad alcuni riferimenti delle fonti classiche che parlano di imbarcazioni da trasporto senza dare una precisa definizione della loro tipologia quasi certamente di antica derivazione fenicia.

Notizie maggiori ci provengono, sempre da fonti classiche, sugli equipaggi delle navi cartaginesi, soprattutto su quelle da guerra che erano di gran lunga superiori di numero a quello delle imbarcazioni romane, in quanto la tradizione e l’esperienza in mare era molto più antica.

Tra i marinai imbarcati si ha la certezza che tra essi ci fossero molti provenienti da aree punicizzate; l’equipaggio delle navi da guerra era composto da quattro nuclei operativi: i rematori, i marinai, gli ufficiali e i soldati di marina; a parte il numero dei rematori, sempre in relazione alla tipologia della nave, non si conoscono il numero degli altri partecipanti all’equipaggio.

La presenza di mercenari a bordo di navi militari riguarda generalmente le operazioni di trasferimento, il trasporto delle truppe in zona di guerra in cui erano impegnati gli eserciti; come si riscontra presso altre marinerie mediterranee, anche le imbarcazioni da guerra cartaginesi avevano a bordo degli arcieri e dei frombolieri così come riportato spesso dalle antiche fonti storiche.

Un altro elemento importante a bordo delle navi da guerra era il timoniere, a volte anche in numero di due per le imbarcazioni dotate due timoni.

L’allestimento di una flotta da guerra rappresentava uno sforzo enorme per lo Stato; oltre alle migliaia di uomini direttamente imbarcati era necessaria tutta un’altra serie di figure a partire dai cantieri di costruzione, la riparazione e la manutenzione degli scafi, il reperimento del legname, la gestione dei porti militari, i rifornimenti, le maestranze specializzate quali i carpentieri, i fabbri, i cordai e i tessitori di vele ed in fine l’amministrazione.

Accadeva anche che, a seguito delle perdite incorse in battaglia o a causa di naufragi, fosse necessario rimpiazzare in pochissimo tempo parte della flotta e quindi tutta l’organizzazione doveva essere dimensionata alla occorrenza.


[1] L’Attica è la regione greca in cui si trova Atene; queste ceramiche si distinguono per i loro decori a figure rosse e nere.

[2] Traduzione da Izzo D’Accini-Fausti.