Lo scavo archeologico di Sa Osa - 1

LO SCAVO ARCHEOLOGICO DI SA OSA 1

Se dovessimo chiedere ai nostri concittadini, e non solo a loro, cosa ricordano del cantiere archeologico di Sa Osa sono pressoché certo che la stragrande maggioranza risponderebbe: un cantiere eterno e la circolazione misteriosamente bloccata...

 

Tutto vero, almeno in parte…ma la finalità di questi contributi, anche se nel frattempo è passato ancora dell’altro tempo dal termine dei lavori ed il transito nella grande rotonda che ci conduce verso le nostre spiagge preferite ci fa dimenticare il passato disagio, è quello di illustrare attraverso una necessaria sintesi, i resoconti ufficiali degli archeologi e non solo, che hanno compiuto lo scavo e le relative indagini [1].
Incontreremo ovviamente gli esperti della prospezione archeologica ma, vista l’estrema importanza delle scoperte, anche altre professionalità del campo “scientifico” che attraverso le loro analisi hanno fatto sì che questo cantiere fosse un vero laboratorio di ricerca e di studio che comprendesse la più ampia multisciplinarietà che spazia dalla geologia alla botanica, dalla zoologia fino alle raffinate tecniche di geo rilevamento satellitare.
L’auspicio come sempre è quello incuriosire il lettore e stimolarlo ad ulteriori personali approfondimenti delle tante specifiche tematiche che si intrecceranno nella narrazione; a tal proposito si fornirà come sempre una bibliografia essenziale di testi reperibili presso la nostra biblioteca comunale.
Buona lettura e, se nel frattempo percorrerete l’area dell’ormai ex-scavo del grande rondò di Sa Osa ci auguriamo possiate rivedere, al posto del nastro di asfalto, i resti delle capanne e dei pozzi dei nostri predecessori.

E’ possibile effettuare il download del testo Tharros Felix IV (Carocci editore 2011) attraverso una ricerca sul web. Gli originali dei contributi completi, di cui seguirà la trattazione riassuntiva, sono compresi dalla pagina 159 alla 319.

 

 

Prima di dare avvio alla narrazione vorrei inserire una tavola del tempo, fondamentale e con i vari periodi preistorici che si sono avvicendati in Sardegna e che si troveranno enunciati nel testo che seguirà; sarà più comprensibile collocare temporalmente le varie “stratigrafie” cronologiche che hanno caratterizzato questo scavo, ma che fanno intendere le articolate fasi di frequentazione del sito.

Ci vorranno scusare quei lettori, che sono sicuramente tanti, che già conoscono il susseguirsi delle molteplici fasi temporali.

Neolitico (suddiviso in Antico, Medio Recente) o Età della pietra lavorata; si colloca tra il 6000 – 3200 a.C. (VII-IV millennio a.C.). E’ questa la fase della formazione del sistema agropastorale e la scoperta della ceramica. Nell’Isola questo lungo periodo è caratterizzato dai vari “orizzonti culturali” che si susseguiranno fino alla successiva Età dei Metalli.

Calcolitico/Eneolitico o Età del Rame: periodo intermedio tra il Neolitico e l’Età del Bronzo tra il 3200 – 2200 a.C. (IV-III millennio a.C.).

Età del Bronzo: siamo nell’epoca della costruzione dei nuraghi, a partire da quelli più antichi definiti “protonuraghi” o “nuraghi a corridoio” a quelli più articolati come numeri di torri (nuraghi polilobati) a quelli con una semplice torre (monotorre); si suddivide in Bronzo Antico (2000 – 1600 a.C.); Bronzo Medio (1600 – 1300 a.C.); Bronzo Recente (1300 – 1200 a.C.); Bronzo Finale (1200 – 850 a.C.).

- Età del Ferro: Il passaggio dal Bronzo Finale all'Età del Ferro è contrassegnato da profondi mutamenti innescati da vari fattori, tra i quali va certamente annoverato l'insediamento stabile in Sardegna dei Fenici. La produzione di armi in bronzo e degli oggetti d’uso subisce un incremento, come pure quella dei bronzetti a destinazione votiva. Anche in questo periodo troviamo varie fasi comprese tra 850 a.C. e 535 a.C. corrispondente alla dominazione cartaginese (punica) nell’Isola.

(Tutte le cronologie enunciate sono da intendersi “più o meno”.)

 

La lunga trattazione viene introdotta dal contributo dell’archeologo Alessandro Usai in qualità di responsabile dello scavo e Direttore scientifico per conto della Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Provincie di Cagliari e Oristano; la storia ha inizio con il progetto originario di completamento della nuova strada Oristano – Cabras (S.P.1) posto all’esame della citata Soprintendenza nell’anno 2002. L’interesse archeologico dell’area interessata nasceva dalle ricognizioni di superficie precedentemente effettuate dal Prof. Salvatore Sebis che proprio in quella zona aveva rinvenuto e recuperato dei frammenti ceramici nuragici relativi alle fasi del Bronzo Medio – Primo Ferro proprio davanti alla casa cantoniera della Bonifica.

Ulteriori sopralluoghi confermarono la presenza di ulteriori frammenti sia nuragici che romani su una area molto più ampia, ma irrimediabilmente compromessa da molti anni di lavori agricoli se non addirittura asportati nelle precedenti fasi di sbancamento per la costruzione della vecchia strada Rimedio – Torregrande.

A tal fine la Soprintendenza propose alla stessa Provincia di farsi carico del finanziamento per ulteriori verifiche e recuperi d’emergenza. Solo nel 2008, sempre attraverso successivi ritrovamenti e segnalazioni a cura del Prof. Sebis e della archeologa Carla Del Vais[2] si arriverà alla scoperta dell’importante deposito archeologico lungo il percorso della nuova strada.

Il progetto iniziale che vedeva la costruzione di un grande viadotto raccordato da rampe fu interrotto per introdurre la variante della costruzione della grande rotatoria, decisamente più economica e funzionale, destinando la somma risparmiata per l’esecuzione di uno scavo archeologico su una area molto più ampia.

Da qui avranno inizio le tre campagne di scavo sistematico che hanno avuto una durata complessiva di otto mesi e mezzo a partire dall’agosto del 2008 per terminare nel dicembre del 2009.

Alla fine della seconda campagna di scavo, tutti i collaboratori e consulenti che via via si sono avvicendati sono stati invitati a produrre uno studio preliminare per una pubblicazione collettiva[3].

 

Mi è sembrato doveroso introdurre questo contributo con una sintesi della fase “burocratica” di quanto avvenuto a partire dal 2002 per arrivare finalmente alla apertura del cantiere di scavo vero e proprio del 2008, anche per far conoscere a chi ci legge quali siano stati i motivi che si sono susseguiti nei sei anni di interruzione della costruzione della strada che poi si sarebbe raccordata al prolungamento della già esistente Viale Repubblica e alla contemporanea costruzione del ponte di Brabau sul fiume Tirso, che avrebbe ulteriormente avvicinato la città al suo mare, alleggerendo di non poco la mole di traffico presente nel raccordo del Rimedio per l’ingresso/uscita di Oristano Nord.

 

Dopo questo prologo l’archeologo Alessandro Usai entra nel vivo della ricerca archeologica collocando spazialmente l’area e l’insediamento di Sa Osa; questi si trovano all’estremità di un terrazzamento alluvionale a 6 metri sull’attuale livello del mare da cui dista circa due chilometri e a solo 500 metri dall’odierno corso del Tirso che, attraverso i materiali pertinenti alle fasi del Bronzo Medio, Recente e Finale si è reso protagonista di ripetute esondazioni.[4]

Il dott. Usai ci fa sapere quanto complessa sia stata l’indagine archeologica in quanto, per la prima volta, ci si trovava di fronte ad un insediamento nuragico privo del nuraghe e quasi senza strutture murarie, quindi senza i consueti riferimenti per l’individuazione di spazi funzionali aperti o delimitati.

Interessante appare la situazione relativa alle fasi del Bronzo Medio e di quello Finale per la presenza di alcuni profondi pozzi, purtroppo non indagati completamente per motivi di sicurezza. In quelli investigati si è potuta raggiungere la profondità di quattro metri; essi presentano una canna cilindrica regolare scavata nell’arenaria; la fanghiglia ancora presente nel fondo ha fatto sì che venissero conservati in un ambiente ideale resti organici come legni e semi.[5]

Alcuni di questi pozzi originariamente erano stati costruiti per mero approvvigionamento idrico ma solo in seguito adibiti a contenere riserve di cibo e viveri conservati al fresco. Nel loro fondo sono stati rinvenuti dei vasi ceramici atti a contenere dei cibi, verosimilmente tenuti sospesi con delle funicelle o posate su un graticcio ligneo, distanti dal livello dell’acqua ma sempre in ambiente fresco.

Nella stessa area veniva riconosciuta una possibile fornace per la ceramica per la gran quantità di frammenti concotti nonché, per la fase dell’età del Ferro, una lastra in quadrata in arenaria con un foro al centro costituente la ghiera di un pozzo. Un elemento importante appare quella della assenza di materiali relativo al Bronzo Antico.

Gran parte dell’area appare costellata di fosse e fossette oblunghe create per diverse funzioni come per esempio fondi di abitazioni, cave di materiale o pozze per approvvigionamento idrico o utilizzate come discarica; in alcune di esse il contenuto era costituito da grandi quantità di ceramiche frammentate, altri manufatti, carboni e resti di pasto come ossa animali.

Interessante appare quanto resta di un probabile edificio rettangolare che termina absidato, già demolito in antico probabilmente per riutilizzare i grossi blocchi.

Un altro interessante complesso, sepolto da numerosi strati sabbiosi e verosimilmente distrutto da una inondazione. Interessante e proficua è stata l’indagine della cosiddetta fossa B che conteneva una notevole quantità di arselle sia lisce che rigate della varietà Cardium insieme ad ossa e frammenti di pesci; essa è stata considerata come una discarica degli abitanti dell’insediamento che prediligevano una alimentazione basata prevalentemente sui molluschi sia marini che lagunari, mangiati cotti in apposite coppette.

In sintesi, l’insediamento nuragico di Sa Osa, appare come un sito non monumentale prevalentemente dedito ad attività produttive primarie, pur senza escludere attività artigianali come la piccola metallurgia, attestata dal ritrovamento di un crogiolo all’interno di un pozzo.

Le analisi più minuziose di tutti i reperti dello scavo, umili e preziosi nello stesso tempo, permetteranno di conoscere la realtà materiale degli abitanti dell’insediamento.


[2] Nella loro qualità di Curatori del Museo Civico di Cabras ed impegnati nella redazione della cartografia archeologica del Piano Urbanistico Comunale di Cabras.

[3] La stessa che è stata segnalata nella precedente nota.

[4] Ricordiamo che in mancanza di studi specifici non si conosce se l’attuale corso del fiume ricalchi l’attuale tracciato e quanta area l’alveo, in termini di profondità e ampiezza, potesse occupare.

[5] Per quanto attiene tale ritrovamenti si leggeranno nelle prossime pubblicazioni specifici contributi.