LO SCAVO ARCHEOLOGICO DI SA OSA 3

LO SCAVO ARCHEOLOGICO DI SA OSA 3

Si prosegue con la presentazione degli elaborati relativi, questa volta, al settore di scavo che si trova nel piccolo dosso immediatamente alle spalle della casa cantoniera e che attualmente la costeggia percorrendo la rotonda nelle direzioni Cabras prima uscita, zona artigianale seconda uscita e Torre Grande nella terza uscita. Il contributo proposto è cura delle archeologhe Anna Depalmas, del partimento di Scienze Umanistiche e dell’Antichità, Università di Sassari e Silvia Vidili.

Secondo l’uso della letteratura archeologica agli elementi indagati viene assegnata una lettera o un numero affinché sia più facile distinguerle ma soprattutto focalizzare gli eventuali rinvenimenti e occorrendo fare confronti tipologici e cronologici. Si rammenta ai lettori che quanto verrà presentato è una sintesi dell’intero lavoro svolto dalle due archeologhe e che i dati presenti sono stati resi maggiormente comprensibili ad un pubblico esperto ed appassionato ma poco avvezzo al puntuale e metodico report di uno scavo archeologico; per chi volesse avere maggiori informazioni si ricorda che dell’intera pubblicazione è possibile effettuare il download del testo Tharros Felix IV (Carocci editore 2011) attraverso una ricerca sul web. Gli originali dei contributi completi, di cui seguirà la trattazione riassuntiva, sono compresi dalla pagina 159 alla 319.

Nel corso della campagna di scavi svoltasi tra marzo e maggio 2009 sono state indagate tre strutture in negativo[1] alle quali sono state assegnate, secondo l’ordine di individuazione, le sigle identificative, g e g1.
Le due archeologhe presentano immediatamente un resoconto della situazione dopo aver effettuato il necessario “decorticamento” [2]; su questo piano sono visibili zone caratterizzate da terreno di colore grigio scuro-nerastro e da un cospicuo affioramento di materiale ceramico di cui, a volte, si distingue la forma ellittica o reniforme mentre, in altri casi, il contorno è meno regolare e i limiti appaiono meno definiti.
L’area di maggiore addensamento è localizzabile in corrispondenza della sommità del citato rilievo e nel tratto in leggera pendenza rivolto verso l’uscita per Cabras dove si distinguono con sufficiente chiarezza almeno dieci strutture in negativo (fosse) di dimensioni molto variabili di cui due con superficie di 17 m2 (2 strutture), un altro più piccolo, tra gli 11 e i 9,6 m2 (2 strutture), uno poco superiore ai 6,5 m2 (2 strutture) e infine un modulo minore tra i 5 e i 5,5 m2 di superficie.
Negli spazi lasciati liberi dalle strutture più grandi si sono individuate almeno cinque evidenze minori, di forma allungata costituite da un deposito con ceneri e carboni e anch’esse caratterizzate da una notevole presenza di materiale ceramico, interpretabili verosimilmente come zone di cottura e di focolare.

Si entra ora nello specifico dell’indagine con la presentazione della “struttura a”.
Si tratta di una struttura in negativo scavata per una profondità massima di circa 50 cm, costituita da ciottoli prevalentemente di quarzo inseriti in una matrice argilloso-sabbiosa. In pianta si presenta come uno spazio reniforme di modeste dimensioni, per una superficie complessiva di circa 7 mq le cui brevi pareti della fossa sono verticali e si raccordano al piano pavimentale mediante un angolo curvilineo. Il pavimento, scavato nel banco di roccia, è irregolare e presenta avvallamenti.
Poiché non è stato individuato alcun elemento ricollegabile con gli elementi di sostegno della copertura lignea dell’ambiente si può ipotizzare che le buche di palo o gli eventuali altri dispositivi approntati a tale scopo fossero stati impiantati nel livello di suolo andato perduto. La presenza di una struttura lignea soprastante la cavità è infatti ipotizzata dal rinvenimento di numerosi elementi di concotto recanti le impronte in negativo di rami e canne (?), riferibili ad una coibentazione di argilla presumibilmente disposta sul soffitto e sulle pareti dell’ambiente. La conservazione di tale rivestimento è da attribuire all’azione del fuoco, forse un incendio, documentato anche da una notevole quantità di tracce carboniose presenti in una parte del deposito.

Ora si danno alcune utili informazioni anche per far conoscere al lettore come normalmente viene impostato uno scavo archeologico.
L’indagine nell’area ha avuto inizio predisponendo un reticolato (orientato secondo gli assi cardinali) sulla superficie da indagare (circa 3000 mq), composto da quadrati di 10 m di lato, divisi ciascuno in 25 settori da 2 metri per 2, frazionati ulteriormente in quadranti aventi 1 metro per lato [3], si è passati successivamente alle operazioni di scavo della prima struttura individuata, denominata a [4] situata nella regione sud orientale dell’area di scavo.
La fossa è stata individuata grazie alla presenza sul terreno di una importante concentrazione di materiale ceramico.

Il primo strato di natura antropica individuato era caratterizzato da una rilevante quantità di materiali ceramici disposti di taglio e di piatto e sovrapposti gli uni agli altri e di elementi carboniosi e faunistici, in particolare ossi lunghi bovini/ovini.
Inizialmente si pensò che le genti del Bronzo medio, scavando la struttura, avessero intercettato una fossa di età precedente; i dati a favore di questa ipotesi erano costituiti da alcuni frammenti di ceramica incontrovertibilmente più antichi, in particolare un piede di tripode di orizzonte culturale San Michele di Ozieri (IV-III millennio a.C.).
Solo in un secondo momento, una volta esaminata la totalità delle informazioni acquisite nello scavo, si capì la natura di questo sgrottamento e l’esatta sequenzialità degli eventi: nella struttura a, una nuova alluvione sedimentò uno strato spesso e compatto di ciottoli di fiume e frammenti ceramici più antichi trascinati dall’energia dell’acqua, ricoprendo una parte del margine settentrionale della la struttura.
La comunità che si stanziò in questo luogo trasse di certo beneficio da una favorevole posizione, che vedeva l’area circondata dalle acque dolci del fiume Tirso e del Rio Tanui (la distanza attuale dei due corsi d’acqua dall’insediamento è compresa tra 400 e 500 metri circa) e dalla vicinanza con il mare (circa 3 km) e lo stagno di Cabras (2,3 km circa), ma la vicinanza dei corsi d’acqua sottoponeva presumibilmente l’insediamento a frequenti inondazioni.
Il contesto osservato permette di avanzare una prima ipotesi ricostruttiva dell’aspetto originario di questa struttura che, non essendo costruita in pietra, doveva avere gli alzati e la copertura sostenuti da pali di legno e rivestiti di fibre vegetali “intonacate” con argilla, impiegata come isolante termico.
La presenza dell’argilla concotta e del notevole numero di elementi carboniosi e ceneri autorizzano, inoltre, a suffragare la teoria di un incendio che durante il Bronzo medio ha causato il crollo della struttura e che ha provocato la cottura del rivestimento d’argilla che, in circostanze differenti, non si sarebbe conservato.
A parte le informazioni che si ottengono effettuando lo scavo, altrettanto importante è quanto si ottiene dallo studio degli elementi di cultura materiale rinvenuti; essi rivelano incontrovertibilmente la cronologia del sito e tutte le eventuali fasi di frequentazione nel tempo. Ecco pertanto quali sono stati i materiali rinvenuti nelle citate strutture.
La struttura a ha restituito una notevole quantità di materiale archeologico costituito essenzialmente da elementi litici e da frammenti di ceramica; il ritrovamento di scarsi elementi di fauna, peraltro in pessimo stato di conservazione, suggerisce che le caratteristiche del deposito terroso non siano state particolarmente favorevoli alla preservazione del materiale osseo.
I materiali litici sono rappresentati da alcune schegge di ossidiana prive di tracce di lavorazione e da oggetti di roccia basaltica (teste di mazza, macinelli e pestelli).
La produzione ceramica costituisce invece un insieme di notevole entità (oltre 900 frammenti) e di marcata omogeneità tecnologica e tipologica.

Le planimetrie e i disegni dei materiali sono a cura delle archeologhe Anna Depalmas e Silvia Vidili che si ringraziano.



[1] Per “negativo” si intende una fossa.

[2] Per decorticamento si intende l’operazione di asportazione del primo strato di terreno       ritenuto non pertinente al livello cronologico da indagare.

[3] Il reticolato è costituito da colonne e righe che seguono rispettivamente un ordine numerico (da ovest ad est) e un ordine alfabetico (da nord a sud); i settori sono individuati numericamente da 1 a 25; i quadranti che compongono ogni settore sono distinti secondo il loro orientamento rispetto agli assi cardinali, pertanto abbiamo i settori NE, NW, SE, SW.

[4] Le strutture presenti nel settore settentrionale sono denominate con le lettere dell’alfabeto greco per distinguerle da quelle del settore meridionale.