Archeozoologia
Ormai termini come “archeometria” sono diventati abbastanza familiari nei contributi proposti in questa pagina; la abbiamo vista largamente adottata quando si sono presentati i rapporti relativi allo scavo di Sa Osa dove la multisciplinarietà è stata basilare nelle indagini, compiute a 360 gradi da molteplici figure professionali che solo pochi anni orsono era impensabile poter riunire in un cantiere di scavo archeologico.
L’approfondimento odierno abbraccerà un altra affascinante campo che gravita sempre con maggior peso durante una indagine, soprattutto quando questa vede ambiti di frequentazione fortemente antropizzati; parleremo infatti di archeozoologia e di chi conduce le indagini, definito pertanto archeozoologo.
Ma esattamente cosa è la archeozoologia?
La archeozoologia [1}, ovvero lo studio dei resti faunistici provenienti da scavi archeologici, è ormai diventata una necessità riconosciuta dalla gran parte degli archeologi. Lo scavo, secondo la concezione attuale, non deve essere più finalizzato al ritrovamento di oggetti più o meno preziosi o al recupero di edifici, ma deve diventare uno strumento per ricostruire la storia, tanto più utile quanto più si va indietro nel tempo, in periodi in cui mancano fonti scritte. Lo studio dei resti organici, animali e vegetali che costituivano il cibo dell’uomo è fondamentale per interpretare il modo di vita e i problemi che una popolazione antica poteva avere per sopravvivere su un determinato territorio. I resti animali, soprattutto le ossa di micromammiferi come roditori, insettivori e le conchiglie di molluschi terrestri o di mare, ma in genere di ogni elemento della fauna selvatica, sono indicatori importanti della situazione climatica e ambientale e, anche in assenza di residui vegetali, possono dare un’idea della copertura vegetale e del clima di una località anche in specifici momenti grazie alla stretta collaborazione i paleoclimatologi e i paleobotanici.
Lo studio dei resti faunistici è importante anche per le fasi storiche e in questo caso i risultati possono essere interpretati alla luce delle testimonianze letterarie e delle ricerche d’archivio e spesso i risultati degli studi archeozoologici possono spiegare situazioni incerte o mostrare aspetti poco noti della storia locale.
Il campo di ricerca è molto vasto e spesso ci si specializza in un determinato settore. Più frequenti sono gli studi sui mammiferi che in genere costituiscono la base e la gran parte dei resti recuperati. Possono essere oggetto di studi specialistici i cosiddetti micromammiferi come i pesci, i rettili e gli anfibi, gli uccelli e i molluschi. La specializzazione riguarda anche l’area della ricerca, in quanto diversi ambienti sono popolati da specie diverse e la diffusione geografica di molte specie selvatiche è abbastanza ristretta.
Lo studio sulle faune sarde è in ritardo perché si è cominciato in ritardo e non sempre nel migliore dei modi, tuttavia quello che è stato fatto negli ultimi venti anni è significativo e ha cambiato in qualche caso la concezione della vita economica della Sardegna nei secoli e nei millenni passati.
La necessità di studiare i resti faunistici che venivano recuperati in contesti archeologici era un problema sentito fino dagli inizi delle ricerche in campo preistorico, al fine di definire meglio l’ambiente in cui vivevano le più antiche popolazioni umane i cui resti cominciavano ad essere recuperati un po’ dovunque. La presenza di specie estinte, in assenza di altri metodi di datazione, poteva essere presa a prova dell’antichità di un contesto.
In Sardegna, nonostante la precedente presenza di alcuni studiosi locali e lavori occasionali di pochi stranieri, è solo dal 1993 che la fauna archeologica viene studiata in modo intensivo e regolare.
Dai dati a disposizione si possono trarre alcune valutazioni e le informazioni che ricaviamo da insediamenti umani riflettono solo in modo parziale la situazione faunistica del territorio. Alcune specie che suscitavano maggiori interessi o che erano di più facile cattura, sono senz'altro in numero maggiore di altre che potevano essere altrettanto comuni ma che venivano uccise solo casualmente.
Le attività umane che vedono l’uso di animali in età antica hanno costituito una porzione importante non solo nella sussistenza degli uomini ma anche come ausilio stessa alla dura vita.
La caccia, attività fondamentale fino a tutto il Mesolitico (periodo intermedio dell’età della pietra che va dal 10.000 all’8000 a.C.), perde la sua importanza nel Neolitico antico fino ad essere quasi assente in alcuni villaggi di questo periodo. Successivamente in molti siti si afferma un'economia mista, maggiormente adattata all'ambiente naturale, e lo sfruttamento degli animali selvatici ritorna ad avere un certo peso economico.
Dopo la caccia anche la pesca, soprattutto nella nostra Isola, ha costituito una valida ed importante alternativa come attività economica e nella parte essenziale dell’alimentazione.
La pesca, nelle due attività con le reti o con gli ami è un'attività di importanza primaria solo in alcuni siti specializzati, mentre è di scarso rilievo negli altri. Dalla media età del Bronzo sembra diffusa in un buon numero di siti costieri come un'attività secondaria di integrazione, mentre mancano gli insediamenti in cui riveste un ruolo di un certo rilievo.
La pesca acquista importanza in età romana e si affermano alcuni prodotti derivati dalla conservazione del pesce, come salsamenta, garum e hallec, ovvero dei condimenti proprio a base di interiora di pesce dal gusto estremamente forte.
Il mondo animale a disposizione dell’uomo antico vedeva la presenza anche degli insetti. Questi costituiscono un gruppo numeroso e importante tra gli invertebrati, ma la loro presenza nei giacimenti archeologici è rara e legata a condizioni particolari di conservazione. Molti insetti vivono in ambiente urbano e possono essere recuperati negli scavi quando le condizioni ambientali ne hanno permesso la conservazione. Si trovano più frequentemente nei pozzi e in altre strutture che conservano una certa umidità, e nelle fasi storiche più recenti. Gli insetti si trovano raramente interi. Si conservano più facilmente i resti ricchi di chitina, come i rivestimenti dei coleotteri.
L’importanza degli insetti per l’uomo è enorme, sia in senso positivo che negativo. In senso positivo si può ricordare l’interesse alimentare dove in molte culture alcuni insetti vengono consumati anche attualmente come cibo ricco di proteine.
Almeno fino dal Mesolitico veniva raccolto il miele delle api selvatiche. Le mosche sono tra i più importanti fattori di decomposizione degli animali morti. Dopo la deposizione delle uova a contatto con il corpo, si sviluppa rapidamente una larva che penetra nella carne. L’azione della larva provoca una rapida putrefazione, la carne si liquefa, favorendo l’alimentazione e la crescita degli insetti. La mosca del formaggio o casearia (Piophila casei) depone usualmente le uova nel formaggio che viene in questo modo danneggiato oppure si trasforma in formaggi localmente apprezzati come il prelibato casu marzu della tradizionale cucina sarda.
Ora andiamo a vedere l’uso degli animali vivi. Almeno dall’Eneolitico (o Età del Rame fine V millennio a.C.) si diffonde ovunque l'uso dei bovini nei lavori agricoli. Altri animali da lavoro sono gli equini come l’asino e il cavallo. Il cavallo domestico compare in Europa a partire dall’Eneolitico e l’asino dalla fine dell’Età del Bronzo. Asini e cavalli erano utilizzati raramente nei lavori agricoli e più frequentemente erano impiegati in altre attività. L’introduzione del cavallo influisce pesantemente nelle tecniche di caccia e di guerra.
Altro animale da lavoro è il cane, adoperato sia per la caccia che per la custodia del bestiame e delle abitazioni.
Gli ovini rappresentavano e ancora rappresentano per la nostra economia isolana per la produzione del latte e dei suoi derivati nonché estremamente importanti anche nella alimentazione.
I caprini, tra i quali prevale più spesso la pecora, assumono presto una notevole importanza nella produzione di lana. I ritrovamenti di contrappesi da telaio o fusaiole, confermano l’uso di tecniche di filatura e lavorazione dei tessuti.
Anche gli scarti biologici avevano la loro importanza anche se manca in questo caso l'evidenza archeologica, ma l’utilizzo di concime animale doveva avere una grande importanza specialmente in quei siti nei quali la frequenza dei bovini in età matura fa pensare a un razionale sfruttamento del suolo per la coltivazione dei cereali.
Gli escrementi dei ruminanti, che costituiscono un ottimo fertilizzante sono attualmente utilizzati come combustibile in alcune località e trovano un utilizzo anche nella costruzione delle capanne.
Nelle economie di caccia, e successivamente nelle prime fasi di domesticazione, l’interesse principale era dato dalla carne, cui seguivano altri prodotti quali le pelli, ossa, corna, midollo ecc.
Anche le corna dei bovidi e delle capre venivano largamente utilizzate; l'industria su osso era molto diffusa in tutti i periodi. Molto importante dal Paleolitico all’età del Bronzo, col progredire dell’uso dei metalli perde la sua importanza senza tuttavia essere messa totalmente da parte. Parallelamente l’osso ha anche un valore decorativo e viene utilizzato per creare oggetti di ornamento o valorizzare oggetti in altro materiale con inserzioni; gli attuali e raffinati coltelli della tradizione sarda vedono i loro manici costituiti da osso o da corno anche di cervidi isolani come il muflone; gli scavi hanno restituito preziose collane fatte di piccoli ossi lavorati e ulteriormente decorate con zanne di animali come il cinghiale.
Per la lavorazione si utilizzavano le stesse ossa degli animali che venivano uccisi comunemente per il fabbisogno alimentare.
In tutte le culture gli animali entrano a far parte di riti in contesti cultuali di varia natura, spesso in modo chiaro e facilmente riconoscibile, altre volte invece la valenza cultuale di un contesto non è facilmente individuabile. L’archeozoologo riesce a interpretare attraverso l’analisi degli ossi se un animale è stato macellato per uso alimentare o ucciso secondo un rituale che prevedeva il loro sacrificio e in molte culture sono legati alle cerimonie in onore dei defunti. Può trattarsi di offerte di oggetti considerati necessari per il defunto o animali da utilizzare nell'aldilà. La deposizione nella tomba di oggetti di corredo comprendente parti di animali è una pratica molto antica.
Abbiamo visto una rapida carrellata per quanto attiene questa affascinante disciplina oramai entrata di diritto tra la diagnostica da effettuare nelle fasi sia di scavo che di post-scavo.
Le analisi archeozoologiche hanno permesso di conoscere gli aspetti delle nostre antiche comunità soprattutto delle fasi più antiche del Neolitico, dove le attività principali dell’uomo erano appunto la caccia di fauna vagante e il raccolto che seguiva il naturale scorrere del tempo, fino alla sua stanzialità in villaggi durante quella che viene definita la rivoluzione neolitica che lo vedrà diventare allevatore e agricoltore.
[1] Wilkens B., 2003, Archeozoologia. Manuale per lo studio dei resti faunistici dell’area mediterranea.