Antonio Taramelli parte 2. Bronzi Urzulei

Antonio Taramelli parte 2

Siamo arrivati al secondo anno di permanenza di Taramelli in terra sarda.
L’attività del 1905, almeno dal punto di vista di pubblicazioni appare più ridotta. egli infatti presenterà sei contributi relativi alla esplorazione di una grotta con resti neolitici presso Nebida nel circondario di Iglesias: la scoperta di resti di edifici e di sculture di età romana nell’area occidentale di Cagliari; una tomba di giganti presso il Comune di Sinnai; alcune domus de janas nel territorio di Busachi. Su queste ultime ci sembra interessante soffermarsi in quanto, essendo situate abbastanza vicine a Oristano potrebbero essere oggetto di una eventuale visita.

 

Ecco, riportato in forma ridotta, il resoconto del Soprintendente;

“Ricerche nelle tombe scavate nella roccia, dette domus de janas, in località Sa Pardischedda e Campumaiore […] E’ noto che il villaggio di Busachi si trova in elevata posizione in valle del fiume Tirso, dominandola dalla sua ridente postura (360 metri su livello del mare) fronteggiante il vasto altipiano di Ghilarza e Abbasanta, e circondato esso stesso da una cerchia di colline trachitiche […] dall’aspetto di acropoli o altipiani ben difesi ed atti alla dimora di popolazioni primitive. Il villaggio attuale è disposto in una conca alle falde di questi vari colli, le cui pareti di roccia trachitica tenera sono traforate da numerose tombe scavate nella roccia, domus de janas o domigheddas nel linguaggio del luogo; si distinguono nei fianchi dei vari altipiani i gruppi di tombe di Campumaiore, immediatamente presso il villaggio, quello di Contra a nord di esso, ad est, poco lungi dalla via per Neoneli, sul fianco della collina che è incisa dal pittoresco vallone ove scorre la buona sorgente detta Mitza Losa (fontana del sepolcro), a 500 metri dall’abitato è il gruppo di tombe di Campu Manielle già esaminate dal Pinza; ed a poca distanza da questo luogo, un valloncello sboccante a Mitza Losa, le tombe di località Sa Pardischedda una delle quali appariva già violata e occupata dai possessori del fondo, l’altra in terreno di Salvatore Mura, quasi del tutto interrata, fu da me scavata e rinettata. Come risulta dalla piccola pianta desunta dai miei schizzi, la grotta si compone di varie parti; di una specie di prodromos scavato nella roccia, per poter avere una superficie verticale abbastanza grande da praticare l’accesso e tagliare nel vivo una tomba capace e sicura; dalla porticina o bocca circondata da semplice cornice si accede ad una anticella, che trovai piena di finissimo limo assai tenace, probabilmente dalla disgregazione della roccia trachitica […] Nella grande massa di fango che riempiva l’anticella non rimanevano della suppellettile originale che numerosi frammenti di stoviglie; in gran parte tanto corrosi da non dare precisa cognizione dell’aspetto primitivo; appariva però una ceramica di assai rozzo impasto, con argilla impura e con elementi grossolani di roccia, plasmata a mano e condotta ad una grande compattezza da una intensa cottura, come si riscontrò nelle stoviglie di altri giacimenti primitivi dell’isola, sia nei villaggi all’aperto del capo s. Elia, che nelle grotte naturali di quel promontorio e del bacino d’Iglesias: fra questi avanzi alcuni dovettero appartenere a grossi vasi, altri a stoviglie più fini e di mediocre dimensioni, a piccoli orciuletti ventricosi, del tipo di quelli rinvenuti nella grotticella artificiale di Bunnanaro, di cui si conserva il materiale nella collezione dei Dessì a Sassari, e nel Museo Cagliaritano. […] Le mie ricerche mi condussero poi alla località di Sa Ogada in regione Cappai, situata presso il confine tra Busachi ed Allai. Tale località presenta un piccolo gruppo di domus de janas, scavate negli scogli trachitici che coronano l’altipiano, ai piedi del quale, su una collina sporgente dei due fiumi, è il nuraghe Ida, quasi guardia dell’importante passo. […] Nella stessa escursione esaminai anche alcuni nuraghi che ancora si conservano nell’agro di Busachi; potei riconoscere come la posizione dominante tutta la conca di colline che circonda il borgo di Busachi è il Monte Ventoso, da cui lo sguardo si stende ampiamente sulla fiera giogaia dello spento vulcano del Brighini. […] Questa grande varietà di tipi può essere spiegata in parte dalla necessità di adattarsi alle circostanze locali di postura e di ambiente, ma può avere la spiegazione e nei diversi scopi per cui tali monumenti furono eretti e nei vari gradi di una evoluzione da un tipo iniziale, evoluzione la quale non è ancora chiarita, come sfugge tuttora, anche nelle sue linee generali, la evoluzione del materiale archeologico che si connette a questa imponente e incomparabile serie di monumenti primitivi, ancora, sino ad oggi, avvolti in una vaga ombra di mistero.”

Sempre per l’anno 1905 si dà breve resoconto sulle Statuette votive in bronzo d’arte sarda, rinvenute presso il villaggio di Urzulei nel circondario di Lanusei, provincia di Cagliari. 
“Nei primi giorni dell’aprile furono recati al Museo di Cagliari e da me acquistate per le sue collezioni, tre statuette in bronzo d’arte sarda, che il venditore dichiarò di aver trovata, insieme ad altri avanzi d’industria primitiva ed avanzi di pasto, in una grotta presso Urzulei. Per quanto incerte siano le circostanze del rinvenimento, i tre bronzi sono degni di essere conosciuti e meritano un breve cenno, riserbandomi di fare ulteriori indagini sulla località, la quale di trova a m. 536 sul mare, in testa di un selvaggio vallone che dai monti di Barbagia sbocca sulla costa del Mare Tirreno, poco lungi dallo stagno di Tortolì. Delle tre statuette una rappresenta un guerriero, quasi perfettamente conservato, un’altra anche un guerriero, mancante però della parte inferiore della gambe, la terza, probabilmente un vecchio pastore; tanto questa quanto la statuetta del guerriero sono fuse unitamente alla base, che consiste in una lamina di bronzo, o tavoletta dal contorno irregolare, come si riscontra in un’altra statuetta pure di Urzulei, rappresentante una figurina di donna ignuda.”

E con queste due brevi indicazioni termina il nostro viaggio nell’archeologia del 1905.

L’anno seguente, il 1906, è più ricco di interessanti pubblicazioni che adesso andremo ad elencare:
Incisioni sopra monumenti preistorici nel Sulcis; Dolmen “Sa Perda’e s’Altare” nel comune di Birori in provincia di Cagliari; Necropoli preistorica di Anghelu Ruju presso Alghero; Ussana: Scoperta di tombe di età incerta nel territorio del Comune, in regione Salomea; Assemini: Iscrizioni bizantine della chiesa di S. Giovanni e della chiesa parrocchiale di S. Pietro; Donori: Resti di iscrizioni bizantine e frammenti di decorazioni marmoree provenienti dalla distrutta chiesa in regione San Nicolò; Maracalagonis: Iscrizione bizantina rinvenuta nel Comune; Decimoputzu: Iscrizioni bizantine della distrutta chiesa di S. Sofia; S. Antioco: Iscrizione bizantina nell’antica chiesa di S. Antioco; Cagliari: Scoperta di una tomba con vasi fittili preistorici nella collina di Monte Claro; Zeppara: Scoperta di iscrizione di età romana; Assemini: Scoperta di una villa romana in regione Ischiosis; Maracalagonis: Iscrizione funeraria romana; Cagliari romana.

Questo anno vediamo il Taramelli impegnato con lo studio delle iscrizioni sia d’età romana che bizantina. Dedichiamo però un passaggio ad uno dei monumenti simbolo del megalitismo funerario presente non solo in Sardegna ma in altre aree europee.

“Dolmen Sa Perda’e s’Altare nel Comune di Birori in provincia di Cagliari. Quale contributo allo studio della diffusione dei monumenti megalitici nelle regioni italiane, credo utile offrire questi brevi cenni sopra un dolmen della Sardegna, presentandone l’immagine e la pianta. Il dolmen detto Sa Perda’e s’Altare è situato nella Tanca’e sa Marchesa, contrada del Comune di Birori, in provincia di Cagliari. La giacitura del dolmen, accanto al binario delle Ferrovie Reali, a pochi metri dalla fermata di Birori, permette ad ogni visitatore della Sardegna di ammirare questa monumento, il quale ha il pregio di attestare come tale tipo di costruzione megalitica non manchi nell’isola nostra. Esso non è ricordato dal Lamarmora, che pure ebbe la più grande conoscenza del paese, da lui tanto intimamente studiato; dopo però la costruzione della ferrovia da Macomer a Cagliari esso venne a trovarsi proprio sulla strada, cosicché dal vagone della ferrovia, appena lasciato Macomer, e a poca distanza dalla fermata di Birori, le rudi pietre del dolmen appaiono all’occhio del riguardante. Il dolmen, come appare dalla pianta che ne presento è composto di un recinto non del tutto chiuso di sette pietre che si ergono irregolari per l’altezza di circa un metro dalla superficie del suolo; sopra di queste è posata la grande pietra orizzontale, un grosso sfaldone non regolare di lava, come sono le pietre della base, come è tutto il terreno d’attorno, che è il dorso della maestosa colata lavica, che affiora imponente in molti punti dell’altopiano attorno a Macomer. Il dolmen ha l’aspetto rude, non essendo le pietre che lo compongono per nulla lavorate, lo spazio coperto e racchiuso del monumento permette a due o tre persone di trovare lì sotto un rifugio contro le forti bufere che imperversano sull’altipiano. Per questo, o forse anche per qualche motivo di rispettoso terrore, il piccolo dolmen rimase, e nella solitudine del vasto altipiano, dominato dai monti di Macomer, e più lungi chiuso dalla massa del Gennargentu e della catena costiera del Sinis, tra i pochi ciuffi di piante selvagge che lo circondano, esso richiama al pensiero altri luoghi, altri piani dove congeneri monumenti megalitici attestano la passata grandezza di un popolo affine a quello della Sardegna primitiva, di un popolo che seppe lasciare un’impronta solenne del suo passaggio nella vita. […] Il dolmen di Birori, già era conosciuto e fu visitato dal Nissardi, che ne prese uno schizzo e ne eseguì la pianta che ho riprodotto, lo segnalò anche ai vari visitatori e studiosi; ma prima d’ora non era mai stata data la fotografia, la quale ha il valore di convincere i nostri lettori della esistenza di questo interessante tipo di monumenti megalitici, che io ritengo debba essere stato assai più frequente di quanto si creda nell’isola di Sardegna. Spero anzi tra breve di poter completare le mie osservazioni, visitando alcune delle vallate della catena del Sinis, che sorge a nord di Oristano, in faccia all’ampia distesa del Mediterraneo, e trovare altri di questi monumenti sfuggiti alla curiosità ed al vandalismo della gente di campagna, affascinata da un sogno perpetuo di tesori dormienti sotto la grave massa dei monumenti megalitici.”

In questo breve scritto scopriamo un Taramelli promotore e diffusore di quelli che oggi definiamo beni culturali; un precursore dei moderni comunicatori e divulgatori ma al contempo guardiano di una terra che solo da poco lo ha visto diventare uno dei suoi figli più fedeli.

N.B. Ci scusiamo delle immagini che verranno proposte in questi contributi ma sono le stesse riprodotte in stampa dagli originali pubblicati nel testo citato.