Il monumento ad Eleonora d’Arborea
- 206 - mento” (Maffei, 1888, p. 18). Una scuola quella dell’ex allievo del Poccianti (cfr. Cresti, 1974, p. 37), che privilegiava la pratica operatività più che la teoria, e certo uno studio frequentato anche perché sorretto da un’attività cospicua, applicata a temi diversifica- ti (dal restauro all’arredo urbano, dall’architettura civile a quella religiosa), in qualche, caso con incarichi di rilievo internazionale. I lavori curati per conto del governo gran- ducale e poi dello Stato unitario, come quelli eseguiti per una clientela privata, vanno a costituire un curriculum professionale che dalla metà degli anni Trenta prosegue denso e interessante per quasi cinquant’anni. Fra i primi lavori di rilievo vanno ricor- dati la fabbrica di cappelli di paglia realizzata a Prato per l’industriale T. Wise (c. 1839, oggi non più esistente), la ristrutturazione del palazzo Niccolini in via del Proconsolo (1840), quella di due stabili in via de' Calzaioli nell’ambito del riassetto della strada studiato da L. de Cambray Digny e poi dall’ingegnere comunale F. Chiesi (1842); sem- pre a Firenze, il restauro delle mura urbane, i progetti per una barriera da costruirsi presso Porta al Prato (1847) e per una caserma nel quartiere di Barbano (1848). Fra il ‘45 e il ‘50 inoltre, eseguì il progetto dell’ospedale di Pietrasanta (costruzione iniziata nel ‘52) e, nella medesima cittadina, la base del monumento a Leopoldo II , scolpito da V. Santini; a Firenze collaborò con scultori quali A. Costoli e U. Cambi nel monumento al marchese Tempi Marzimedici nella Ss . Annunziata (1849) e nel monumento al pittore Pietro Benvenuti nella basilica di S . Lorenzo (1852). Nel corso degli anni Cinquanta vanno segnalati edifici come il palazzo municipale di Dicomano e il teatro di Cortona o concorsi come quelli per il monumento al duca di Wellington nella chiesa di St. Paul a Londra (il modello, presentato insieme col Cambi nel 1857, si segnalò fra i migliori) o il “Concorso per un teatro in Alessandria d’Egitto” del 1858 (cfr. tav. V, in Ricordi di architettura , V [1882], 2), ove il progetto fu fra i prescelti per l’esecuzione. Nel concorso internazionale per la facciata di S. Maria dei Fiore del 1862 il F. ebbe un ruolo di primo piano. Si era occupato da tempo della facciata del duomo: già nel 1843, nella cosiddetta “gara degli emuli” che aveva fatto seguito al progetto di N. Matas, aveva presentato un disegno, forse la stessa versione di facciata monocuspidata che troviamo in una tavola oggi conservata al Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi. Sul medesimo tema aveva preso posizione nel ‘56, con un opu- scolo assai polemico nei confronti della facciata esposta da P. Faltoni. Il premio otte- nuto nel ‘62 ex aequo con i progetti del danese V. V. Petersen e di C. Ceppi di Torino (ma in un primo ballottaggio quello del F. sarebbe stato il progetto più votato dalla commissione giudicatrice) faceva dunque seguito ad un lungo impegno; un impegno che si rinnovò nel concorso di 2° grado (1863; cfr. anche Progetto di nuova facciata del duom di Firenze ideata da M . Falcini , incisi ne dell’aut re , s.d., ma 1863 c.), e ancora nel ‘67, nell’ultimo, conclusivo capitolo concorsuale, che vide la tricuspide ancora prevalere sulla mono cuspide e, anche grazie all’appoggio di P. Selvatico, il progetto di E. De Fabris vincitore su quello degli altri concorrenti. Ma al di là delle alchimie messe in atto per questo completamento che mosse l’impegno e turbò le coscienze di importanti architetti italiani e stranieri, la proposta del F. fu davvero di notevole livello, fra i documenti più interessanti del neogotico italiano. Un impegno, peraltro, almeno in parte contemporaneo al trasferimento della capitale a Firenze e a tutta una serie di lavori che videro il F. assai attivo. Nell’impossibilità di ricordarli tutti (si rimanda all’elenco fornito dal Maffei, 1888, pp. 9-12, alle indicazioni di Cre- sti-Zangheri, 1978, ad vocem , e ai documenti dell’Archivio storico comunale di Firen-
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