Il monumento ad Eleonora d’Arborea

- 205  - 13. Mariano Falcini Nacque a Campi Bisenzio (Firenze) il 10 maggio 1804, da Gaetano, stipettaio, e Giusti- na Giorgi. Secondo il necrologio in  Atti del Collegio  (1889, p. 118), dopo “rudimentale e scarsa istruzione nel paese natio”, sarebbe stato avviato al mestiere del padre e con questo impegnato negli arredi di alcuni palazzi fiorentini. Il 27 maggio 1820 fu am- messo agli studi nella fiorentina accademia di belle arti. Distintosi soprattutto nei cor- si di architettura, nel 1824 ottenne un premio d’emulazione per il progetto “Deposito sepolcrale ad una poetessa” e poco più tardi fu in grado di praticare la “composizione” in uno studio affermato come quello di G. Cacialli. Ma il vero maestro del F. fu Pasquale Poccianti, allora al culmine della carriera, primo architetto delle Regie Fabbriche, di- rettamente o indirettamente coinvolto nei principali lavori che si conducevano nel Granducato: per i disegni del Cisternone di Livorno (1827-28) il Poccianti poté mette- re “a profitto la capacità singolare del giovane Falcini” (Maffei, 1888, p. 7). Con la mal- levadoria di un maestro così prestigioso, il F. proseguì i corsi dell’accademia, meritan- do tutti i premi minori di architettura e di prospettiva; nel 1831, con un “Progetto di collegio per 200 alunni”, ebbe il premiomaggiore e l’anno successivo vinse il pensiona- to artistico a Roma, che consisteva in un assegno triennale da dedicare allo studio delle più insigni fabbriche romane e poi, nell’ultimo e conclusivo periodo, allo studio di quelle venete. Secondo una prassi tipica del pensionato, fra il 1832 e il ‘35 il F. eseguì numerosi disegni e rilievi, ma anche “progetti d’invenzione” (fra questi, già conservati presso l’Accademia fiorentina, ma oggi dispersi), Maffei [1888, p. 7] ricorda il palazzo del Governo nella città di Livorno, una dogana da costruirsi a Firenze, l’apparato della chiesa di S. Giorgio a Venezia in occasione dei funerali dell’imperatore Francesco I, che puntualmente inviava all’accademia onde comprovare i progressi compiuti). Nel me- desimo periodo disegnò numerose vedute di Roma, evidentemente apprezzate se fu- rono via via acquistate dalla granduchessa di Toscana. L’artista, che già durante il pen- sionato era entrato in contatto con l’ entourage  del sovrano, nel novembre del 1835 ottenne il posto di architetto aggregato all’uffizio delle Regie Fabbriche. In questa isti- tuzione condusse la propria carriera di funzionario: nel 1842 fu nominato aiuto archi- tetto, nel ‘30 architetto di 3ª classe e, sette anni dopo, promosso al grado superiore. Dal governo Ricasoli, nel ‘59, fu nominato architetto di 1ª classe e successivamente confer- mato nel ruolo col riordinato genio civile del governo nazionale proprio mentre ferve- vano i lavori per la capitale a Firenze. Fu infine collocato a riposo per raggiunti limiti d’età, nel ‘69, col grado onorifico di ingegnere capo. Parallelamente fu attivo anche nell’insegnamento: se fin dal ‘50 era “accademico professore dell’Accademia fiorenti- na”, dal marzo del ‘60, con la nomina a professore di perfezionamento, assunse un più specifico ruolo didattico. Erano gli anni in cui una vera e propria guerra fra insegna- mento pubblico e insegnamento privato agitava le accademie, contrapponendo la pra- tica dell’apprendistato, dell’ atelier , della professione alle astratte e inapplicate teorie della scuola. La riforma, promossa nel ‘59, aveva trovato una mediazione, quella di la- sciare gli studi elementari affidati all’accademia e di demandare invece alla frequenta- zione di singoli artisti e all’attività dei loro studi il compito di perfezionare i pittori, gli scultori, gli architetti. Il F. fu appunto tra i prescelti per l’architettura e il suo studio fu frequentato dalla “innumerabile ... schiera di giovani artisti che, non solamente di To- scana e d’Italia, ma persino dalla lontana America, corsero a profittare dell’insegna-

RkJQdWJsaXNoZXIy MjA4MDQ=