Il monumento ad Eleonora d’Arborea

- 199  - e le correnti critiche di impronta parnassiana favorevoli a “l’art pour l’art”, a un’arte in- somma potentemente evocatrice di sensuale bellezza attraverso suggestioni emotive dall’antico e completamente svincolata dalla necessità utilitaristica di esprimere ele- vati contenuti morali.Pur non potendo conoscere la situazione francese se non, forse, per il tramite dell’amico pittore purista Luigi Mussini – reduce appunto da un soggior- no parigino prolungato e che in varie sue lettere (1893) accenna alle posizioni critiche francesi di “l’art pour l’art” – è indubbio che il D., con le sue opere del periodo 1852-59, appare influenzato da questi orientamenti critici di origine francese e che comunque erano presenti – sia pure in modo confuso – anche nel dibattito culturale fiorentino in cui la critica conservatrice tentava di arginare i nuovi complessi indirizzi artistici – fra cui quello fautore di un’arte “senza soggetto” – che fermentavano nella Firenze del sesto decennio. Al suo rientro a Firenze nel ‘54 il D. condusse a termine in breve tempo tutte le opere lasciate in sospeso, fra cui una piccola  Riconoscenza  per la nobile senese Maria Ballati Nerli (ora a Siena, in coll. priv., ripr. in  A. G .  D .  Siena …, 1917, tav. X), che nella posa e nel tenerissimo trattamento del marmo preannuncia una delle sue ope- re più importanti di questo periodo, la  Baccante stanca . Questa statua (terminata nel 1857 e replicata almeno quattro volte) appare emblematica della via nuova perseguita dal D. in questo momento: la commistione fra il sensualismo insistito del trattamento delle forme anatomiche, rese con un modellato sensibilissimo, e le pose che suscitano colte e languide evocazioni dall’antico. Ancora di ispirazione “pagana” sono l’ Amore in agguato , terminato in marmo nel ‘58 per la nobile senese Maria Bichi Borghesi (ripr. in  Siena …, 1988, pp. 116 s.), e soprattutto il  Bacchino della Crittogama , eseguito entro il 1857 per un principe russo, insieme col suo  pendant  che rappresenta il  Bacchino festante  (terminato nel ‘59 per il barone napoletano Vonwiller), opere notissime e più volte replicate (una versione di entrambe le statue si trova a Firenze, Galleria d'arte moderna di Palazzo Pitti), in cui l’ispirazione neogreca del D. si concretizza in un mo- dellato sensibilissimo che esalta le forme di franca ispirazione ellenistica. Di composizione grandiosa, ancora, la base cilindrica per la tazza in porfido di pa- lazzo Pitti proveniente dalle terme di Caracalla, commissionata da Leopoldo II al D. nel 1854 e rimasta allo stadio di modello in gesso (ora collocato nel Museo dell’Ac- cademia a Montecatini Terme); un’opera accolta dalla critica contemporanea come esemplare della nuova maniera del D., in questo caso direttamente riferita alle so- lenni cadenze delle Panatenee fidiache – come venne detto – sebbene risolta sul pia- no formale attraverso un eclettismo disinvolto nell’attingere a tradizioni figurative diverse per meglio caratterizzare le personificazioni delle varie civiltà storiche che ornano questa base. Nell’estate del 1857 il D. si recò a Londra, per accompagnare il progetto con il quale partecipò – ma con scarsa fortuna – al concorso internazio- nale bandito per il monumento a Wellington. Ma, molto più che quelle londinesi, furono importanti le esperienze che egli poté trarre dalla sosta a Parigi compiuta in quell’occasione, di cui rimangono ampie tracce nei suoi scritti e nelle sue lettere dominate dalla forte impressione ricevuta dall’indipendenza degli artisti francesi e dalle opere dei “néo-grecs” che, come affermò in una sua lettera, gli “strapiacquero” (cfr.  Scritti minori …, 1885, pp. 165 s.). E proprio in relazione con le esperienze com- piute in questo viaggio andrà esaminata la  Saffo  (1857-61), opera conclusiva del suo momento neogreco (Roma, Galleria nazionale d’arte moderna), caratterizzata da sontuose e intense forme trattate con un patetico stile neo ellenistico o, se si preferi-

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