Il monumento ad Eleonora d’Arborea

-  198  - oggi nel Museo dell’Opera del duomo di Siena), al monumento a Pio II per la chiesa di S. Agostino a Siena (1843-50); opere tutte segnate, pur con alcune differenze, da un evidente temperamento del naturalismo dei suoi primi lavori, corretto sia da una attenta meditazione sulle fonti storiche del purismo (soprattutto nel Pio II) sia da una accentuazione dei significati etici e didascalici espressi dalle sue sculture (in particolare nel  Sonno dell’innocenza ). L’influenza purista ebbe comunque breve durata, come dimostrano tre lavori imme- diatamente successivi: l’ Innocenza  per il principe Costantino di Russia (1846-52); la Purità per Leopoldo II (1846-50), da questo donata più tardi al principe Metternich; e un  Pescatore , modellato in gesso verso il 1848-49, ed eseguito in marmo anni più tardi in molte versioni. Di queste opere si conoscono solo i modelli in gesso (coll. Ciardi Dupré a Firenze), che preannunciano quel mutamento di orientamenti che caratterizzerà l’attività del D. per quasi un decennio: una vocazione alla creazione di forme anatomiche dolcissime, molto lontane dalle astrazioni puriste e anzi cariche di sottintesi evocativi e sensuali. Le vicende storiche del ‘48 contribuirono ad isolare il D., allora liberale moderato ma molto legato al granduca, dalle correnti democra- tiche che coinvolgevano molti artisti suoi amici, accentuando così quelle continue oscillazioni teoriche e quella instabilità di convinzioni che caratterizzarono i suoi anni dal 1849 al 1854, fino a culminare in una vera e propria crisi psicofisica nell’au- tunno 1853. Le opere di questo periodo mostrano evidenti i segni dell’aspirazione a saldi fondamenti su cui basare il proprio operato e delle incertezze sulla via da seguire. Il grande piede di bronzo con le personificazioni delle quattro stagioni, or- dinato dal granduca nel 1850 e terminato nel ‘52 per il  Tavolo delle Muse  (Firenze, galleria Palatina), ci appare opera fondamentalmente bartoliniana così come un omaggio a Bartolini (scomparso proprio nel 1850) sono i suoi lavori al completa- mento della  Ninfa dello scorpione  per lo zar (Leningrado, Ermitage) e della  Ninfa del serpe  per il marchese Ala Ponzone di Milano (Reggio Emilia, Fondazione Magnani), opere lasciate incomplete per la morte del Bartolini. E ancora bartoliniano è il bas- sorilievo marmoreo con la  Tentazione di Adamo  (1853) per Mario Bianchi di Siena (Milano, coll. priv.; ripr. in  A. G . D .  Siena …, 1917, tav. IX), distinto anzi da un apparen- te ritorno a forme rigidamente puriste. Più complesso, invece, il tentativo operato dal D. nel  S .  Antonino  per il loggiato degli Uffizi (1847-54), in cui le forme asceti- che e neo-quattrocentesche del santo sono però distinte da forzature espressive di suggestione naturalistica. Le critiche al  S .  Antonino , probabilmente, accentuarono la prostrazione fisica e mentale del D. che nell’ottobre 1853 interruppe il lavoro per recarsi a Napoli per un periodo di riposo. Più che all’arte moderna locale il D. si in- teressò soprattutto alle grandi opere dell’antichità classica che ebbe modo di vede- re nei musei napoletani e che lo impressionarono profondamente, come egli stesso rievoca appassionatamente nei suoi  Ricordi  e in alcune sue lettere in cui si dichiara ammiratore del “lusso pagano” che spirava da quei capolavori (vedi, ad esempio, una sua lettera ad A. Ciseri del 2 dic. 1851 in  Scritti minori …, 1885, p. 148); accenno questo che si ricollega agevolmente alle contemporanee correnti estetiche che ve- devano nella statuaria classica la massima espressione artistica della “sensazione” e della “forma”, contrapposte al “bello spirituale” implicito nell’arte dell’era cristiana. E questa situazione critica trovava un interessante parallelo nel panorama artistico francese contemporaneo, in cui emergevano gli artisti ben presto chiamati “ néo-grecs ”

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