Il monumento ad Eleonora d’Arborea

- 197  - Russia dei due marmi, volle che di essi venissero gettate le versioni in bronzo, fuse da Clemente Papi nel 1850, oggi nella Galleria d’arte moderna di palazzo Pitti. Lo scalpore provocato da queste due opere (il gesso del  Caino  venne esposto all’Acca- demia nel 1843) va considerato in relazione con la polemica che animava la critica fiorentina agli inizi degli anni Quaranta a proposito del naturalismo, inaugurata con la celeberrima disputa sul “gobbo” dato a copiare da L. Bartolini ai suoi allievi. Pole- miche che segnarono, nel loro complesso, una cesura decisa sia con l’estetica puri- sta sia con quella più fieramente romantica in nome di una più assorta descrizione del naturale che prescindeva, sia pure relativamente, an- che dalla convenienza con il soggetto e dai suoi impliciti valori contenutistici, morali ed edificanti. Nel novembre 1842, subito dopo la espo- sizione del modello in gesso dell’ Abele , il D. ebbe dal gran- duca la commissione per la statua di  Giotto  per una del- le nicchie del loggiato degli Uffizi che in quel tempo si andavano faticosamente ri- empiendo con le effigi degli uomini illustri toscani. Nel ‘44 era terminato il modello in gesso e nel maggio 1845 il marmo venne inaugura- to raccogliendo, ancora una volta, molte critiche di “vol- garità” e di eccesso di natu- ralismo. Il grande clamore sollevato dalle sue opere, le critiche avverse al realismo delle sue sculture, i consigli di alcuni letterati e critici di orientamento classicista e purista (e soprattutto quelli di Giuseppe Arcangeli come scrive il D. nei suoi  Ricordi ), le esperienze ricavate da un suo viaggio a Roma nell’inverno 1844-45, in cui conobbe, oltre a Massimo d’Azeglio, anche i campioni del purismo alla nazarena Tommaso Minardi e Pietro Tenerani, influenzarono profondamente l’attività seguente del D. che si rivolse verso forme più meditate sull’esempio rinascimentale. Questo si vede chiaramente nelle sue opere di quel periodo: dalle statuette di  Dante  e  Beatrice  del 1843 (replicate innumerevo- li volte), al  Sonno dell’innnocenza  per il senese Alessandro Bichi Ruspoli (1844-45, A. Ciseri, ritratto di Giovanni Dupré

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