Il monumento ad Eleonora d’Arborea

-  196  - 12 . Giovanni Dupré Nacque a Siena il 1° marzo 1817 da Francesco, intagliatore in legno, e da Vittoria Lombardi. Nei suoi  Ricordi autobiografici  (Firenze 1879) il D. ricorderà come, a causa delle precarie condizioni economiche, la famiglia si fosse trasferita a Firenze verso il 1821 mentre il padre, operaio nella bottega di Paolo Sani - allora nota per la qualità dei lavori d’intaglio - fosse costretto a lavorare fra Firenze, Pistoia, Pra- to e Siena, seguito dal D., ancora bambino, che presto cominciò ad aiutarlo. Per un breve periodo frequentò il corso d’ornato nell’istituto d’arte di Siena, alla scuola di V. Dei. Qui ebbe occasione di conoscere l’erudito Carlo Pini e, soprattutto, gli allora celebri intagliatori Angelo Barbetti e Antonio Manetti, presso le cui botteghe il D. lavorò per qualche tempo. Nel 1826-27, stabilitosi definitivamente a Firenze, comin- ciò a lavorare regolarmente nella bottega Sani, alternando al lavoro quotidiano una pratica autodidattica di cui più tardi molto si vantò nei suoi scritti. All’interno della bottega Sani operò con molta abilità, se è vero che presto egli ebbe lavori sempre più complessi. Il 7 dic. 1836 sposò Maria Mecocci. In quel tempo strinse amicizia con il giovane scultore Luigi Magi, allora allievo di Stefano Ricci, che lo aiutò negli studi di disegno preliminari a quella attività di scultore in marmo che il D. voleva intrapren- dere. Nei  Ricordi  del D. (1879) sono citate numerose opere delle quali non resta più traccia. La sua prima opera, una  S .  Filomena  in legno, gli venne appunto suggerita dal Magi e venne presentata all’esposizione accademica fiorentina del 1838, ove fu vista da L. Bartolini e da P. Benvenuti, e venne acquistata da un collezionista russo. Sempre verso il 1838 il D. intagliò anche un  Crocefisso  in legno per il ricco collezioni- sta Emanuele Fenzi, che lo volle donare al figlio Orazio in occasione delle sue nozze con Emilia Della Gherardesca e che venne scambiato dal Bartolini per opera antica. Nel 1840 esegui una cassetta portagioielli, con intagli ispirati a quelli dei plutei della Biblioteca Laurenziana, ordinatagli dall’intagliatore Pacetti e poi acquistata, su con- siglio di Bartolini, dalla marchesa Poldi. La sua prima opera veramente impegnativa risale al 1840 ed è costituita da un bassorilievo in gesso raffigurante il  Giudizio di Pa- ride  (perduto), con il quale partecipò al concorso accademico triennale - con l’aiuto di Ulisse Cambi - vincendolo a pari merito con Lodovico Caselli. Prima dell’ottobre 1841, infine, esegui anche delle Cariatidi in gesso per il teatro Rossini a Livorno (di- strutto dalla guerra). Queste le poche opere anteriori al suo capolavoro giovanile, il celeberrimo  Abele morente , il cui modello in gesso venne esposto all’Accademia fiorentina nel 1842, sollevando molto scandalo per il naturalismo con cui era tratta- to il nudo, tanto da spingere alcuni critici ad accusare il D. di aver eseguito un calco dal vero: accuse che costrinsero lo scultore a procedere pubblicamente al confronto delle misure del gesso con quelle del modello Tonino Liverani, detto Tria, che aveva posato per la statua. Frattanto a Siena veniva aperta una sottoscrizione per consen- tire l’esecuzione in marmo di quella statua già famosa: il marmo, appena abbozzato, venne acquistato dalla duchessa Maria di Leuchtenberg, figlia dello zar Nicola, che gli ordinò anche quello del Caino, a quell’epoca (dicembre 1842) appena iniziato in creta e che fu terminato solo nel 1847, mentre il marmo dell’ Abele venne finito nel 1845. Le due statue, di eccellenti qualità esecutive, sono ora nel museo dell’Ermi- tage a Leningrado, e di esse il D. esegui in vari tempi molte repliche, soprattutto in piccole dimensioni. Il granduca Leopoldo II, che mal si rassegnò alla partenza per la

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