Il monumento ad Eleonora d’Arborea
- 193 - 10. Ulisse Cambi Nato a Firenze da Pietro, scultore, e da Teresa Saletti il 22 settembre 1807, vi studiò scultura nell’Accademia di Belle Arti conseguendo premi nel 1828 (per il bozzetto in creta e per il disegno da bassorilievo), 1829 e 1831. Nel 1832, vinto il concorso per il pensionato, si recava a Roma per quattro anni e in- viava come saggio d’obbligo per il pri- mo anno (1833) la copia del Pio VII di A. Canova. Nello stesso anno eseguiva la statua del Samaritano. Saggi d’ob- bligo degli anni seguenti furono il gruppo con Dafni e Cloe, esposto alla mostra dell’Accademia del 1834 (ri- fatto nel 1841, secondo il De Guberna- tis) e la figura dello Aconzio, inviata a Firenze nel 1835, ma non esposta per la sospensione della mostra accademica di quell’anno. Entrambe le opere, in gesso, oggi conservate nella Galle- ria d’arte moderna di palazzo Pitti a Firenze (restaurate nel 1972), mostrano, pur nell’ambito di una cultura fondamentalmente accademica, e con dirette derivazioni dall’arte del Tenerani, la ricerca di forme e modi meno convenzionali. Ultimo saggio di pensionato fu la Psiche, inviata a Firenze nel 1836. Tornato a Firenze, il C. sten- tò all’inizio a reinserirsi nell’ambiente artistico locale, come testimonia una racco- mandazione dell’amico Ramirez de Montalvo presso la segreteria del granduca per l’acquisto di un suo busto; ma a partire dal 1841, con la nomina ad accademico e professore di scultura, si ha anche la sua piena affermazione professionale. Sono di questi anni importanti commissioni pubbliche e private, come le statue di Arnolfo di Cambio per il duomo e del Cellini (1845) per la loggia degli Uffizi, i monumenti funerari del Pittore Sabatelli (1844) nel chiostro di S. Croce e del Marchese Luigi Tempi alla SS. Annunziata, e i gruppi dell' Amor mendicante (1851), che avrà più di trenta repliche, e di Eva e i suoi figli (1857). Soprattutto in queste due ultime ope- re, che insieme con il Piccolo pescatore vennero presentate dall’artista all’Esposi- zione italiana del 1861, si può notare l’accentuarsi di quella ricerca di naturalezza e semplice grazia che addolciscono i rigidi schemi del neoclassicismo accademico. Tale vena, vagamente idilliaca, che caratterizza altre sue opere minori, come il Mosé fanciullo, il Pescatore napoletano e l’altra versione dell’ Amor mendicante, presentate all’Esposizione di Parigi del 1867, e lo stesso Putto con delfino della fontana di piazza del Duomo a Prato (1863), si perde invece nelle opere monumentali, ove il C. riaffer- ma la sua convinta adesione ai canoni della scultura celebrativa accademica (dalla parte dell’Accademia, contro la corrente dei realisti, si schiererà il maestro anche in occasione della polemica sulla traduzione in marmo del Suicida del Cecioni): così, A.Cambi, Firenze,monumento funebre di Ulisse Cambi 1895
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