Il monumento ad Eleonora d’Arborea

-  132  - Eleonora, in abiti regali, esce fuori dal tempo e dalla storia per ritornare idealmente quale simbolo di speranza di una citta e di una nazione, quella sarda, che con l’Unità d’Italia rifiorisce a nuova vita. Convincimento profondo che lo stesso Corrias sottoli- nea, trasformandolo in una sentita preghiera laica, nel suo discorso per la posa della prima pietra: O Donna veramente grande, cinta d’auro immarcescibile serto, degna di somma commen- dazione, col tuo spirito, che aleggia certo intorno a noi in questo solenne momento, ricevi con benevolenza quanto i tuoi figli seppero fare, per onorare la tua cara memoria e dal Cielo, ove, crediamo, sarai, raccogliendo con degno premio alle tue esimie virtù, benedici l’opera nostra a te dedicata e presto le tue vetuste sembianze facciano mostra di sé, onde imperare sui nostri cuori e talmente il talismano del tuo gran nome operi sulla città, che ti fu culla, da farla rivivere a novella e più florida esistenza. 231 A questo effetto scenico, come piaceva ricordare la Virdis Limentani, si aggiunge quel- lo retro-scenico, poco indagato, che aggiunge tasselli importanti, utili nel contesto sto- rico, per una più corretta valutazione. Diversi sono i piani di lettura che il monumento ci offre. Fin qui abbiamo esaminato, con il concorso delle fonti documentarie, il con- testo oristanese, la sua classe dirigente, il lavoro degli amministratori e la cronistoria del monumento dalla sua ideazione, fino alle feste che caratterizzarono la sua inau- gurazione. Uno degli argomenti più facili da indagare è quello circa l’esecuzione della statua. Le risultanze sono a nostro avviso evidenti e ben supportate dalle carte. L’esecuzione della statua di Eleonora ha seguito lo stesso iter costruttivo applica- to in Toscana da secoli, patrimonio dalle più rinomate e storiche botteghe di Carrara che ancora nel XIX secolo sono operanti. Seguendo tutto il percorso di fabbricazione, dalla relazione del Giurì alla convenzione col Cambi, alle ricevute di Lazzerini, e alle comunicazioni del Satta Musio e dei sardi presenti in Toscana in quel periodo, non vi è motivo di dubitare, nemmeno per un attimo, sulla buona fede e la correttezza di Ulisse Cambi. Proprio la procedura d’esecuzione ed il luogo dove questa è avvenuta confer- mano l’inesistenza di tesi complottistiche o peggio le accuse di furfanteria allo sculto- re fiorentino. I processi di lavorazione della statua, immutati da secoli, prevedono un processo rigido e puntuale. L’artista prepara un bozzetto e da questo un calco in gesso. Spetta poi al marmista scegliere la pietra più adatta da cui ricavare il blocco nel quale eseguire la tecnica della smodellatura. L’artista ha compito di sorveglianza e di verifica che il lavoro aderisca perfettamente all’idea che questi ha riposto nel modello in gesso, intervenendo nella ultimissima parte del lavoro legata alla definizione dei particolari. Anche per la statua di Eleonora venne utilizzato questo protocollo operativo. Il Cambi non poteva sostituire una statua dell’Italia con quella di Eleonora per il semplice moti- vo che la statua della giudicessa non si muove da Carrara se non per essere trasportata in Sardegna. Sarà infatti la bottega Lazzerini, acquisito il bozzetto definitivo da Ulisse Cambi, a provvedere alla scelta del blocco di marmo Ravaccione, ad eseguire la sua smodellatura e seguendo le istruzioni dello stesso scultore fiorentino a provvedere dopo ultimati i dettagli, alla sua lucidatura ed incassatura. Già nel luglio 1874: 231 Cfr. G. Corrias. Discorso in occasione del collocamento della prima pietra del monumento in onore d’Eleo- nora D’Arborea. Cagliari, Tipografia del Commercio, 1881.

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