Il monumento ad Eleonora d’Arborea
- 124 - Farne macello inter fu un punto solo. Ma la gloria dei forti Alle magnanim’opre, unico sprone Per lei non era. Avea l’alma d’acciaro Pietosissimo il core. Deposto il brando, amabile regina Tornava a cittadina, Intesa sempre a migliorar le sorti Del popolo fedel. Con santo amore E civil sapienza, ella sublimi Leggi dettava, allor giuste ed umane, Ne di ciò paga,come in vita esempio Ai guerrieri ed ai regi Alle madri e alle spose In morte volle ai cittadini egregi Memorando lasciarlo, e tutta ardente D’ineffabil pietà, pel suol natio Martire rese la grand’alma a Dio. Vanne, canzon negletta, Testimon del mio core, ove superba Cagliari siede al mar sonante in riva; S’inchina alla diletta Terra di Iola, un dì famosa attrice Di grandi itale menti; Quindi all’occiduo sol volgi le piume Costeggiando le sirti Cinte di madreperle e di coralli he alle straniere genti Fur penitenza di superbi falli; Prosegui la tua via, Finchè di Leonora Che dopo cento lustri è viva ancora, Saluterai la nobil terra e mia. Dirai ch’in su la sponda Sacra del Tebro ì’ siedo e su la polve Meditando dei secoli passati, Pur del mio Tirso l’onda Adorata rimembro ed i merlati Castelli e l’ubertose Valli e gli aranci del giardin natio: Dirai che di pietose Rime, o canzon, d’ornai, Perché il mio cor si sappia ove tu vai. 212 ROMA, li 14 maggio 1881 212 ASCO S.S., cart. 1611, fasc. 6382, cc. 11-12.
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