Il monumento ad Eleonora d’Arborea
- 119 - faceano gli onori della festa. Ed oh! Quanto altresì mi compiacqui nel qui rivedere pre- senti parecchi di quelli stessi miei cari concittadini e amici, che in allora partecipavano meco a quelle prime esultanze popolari! Però soprattutto mi fece sempre palpitare il cuore di inaudito giubilo la ricordanza di quella primitiva dimostrazione che ebbe luo- go per cura di un’eletta di sinceri e provati patriotti per la erezione appunto del monu- mento che già inalzammo in onore di quell’unica donna che (siccome enunciavasi nel Manifesto d’associazione pubblicatosi fin dal 1863) in se raccolse tutte le virtù degli antichi nostri padri, tutto valore, tutto quell’amor patrio onde fu spesso doma ed in- franta la superba cervice dei nostri conquistatori; conchiudendo quindi che cotale mo- numento fosse simbolo di gloria nazionale centro dei comuni desideri, illustre testimo- nianza del passato eccitamento di generosi sensi per l’avvenire. Questa dimostrazione fu al certo foriera e percorritrice delle brillanti feste or ora celebratesi: e desse dimo- strarono col fatto che racchiudevano il più proprio e originario loro concetto del risve- glio cioè dei sardi per far d’una volta evocare dalla notte dei secoli un loro glorioso passato, per far rivivere e perpetuare la memoria, ad esempio e norma dei viventi e dei nascituri delle grandi gesta dei trapassati loro più illustri e celebri benefattori. Fra i quali senza dubbio fra lo scorcio del secolo tredicesimo e i primordi del decimoquarto primeggiava la incomparabile Giudicessa Eleonora. Era pur tempo che con tutta Italia, anche la nostra Isola (questa tanto preziosa quanto sempre invidiata gemma del Me- diterraneo, tenuta finora celata e oscurata sotto i rapaci artigli dei suoi conquistatori: anzi fatta sempre bersaglio a ingiuste e beffarde contumelie) ridiventasse libera pro- vincia italiana, come la fu già ai tempi dell’antica potenza ed a quelli del suo governo nazionale, già inaugurato da un Gialeto, e sostenuto col senno e col valore dei Giudici suoi successori fino al periodo in cui visse la nostra impareggiabile Eroina. Era pur tempo che anche la Sardegna si atteggiasse di nuovo a rendersi degna per ogni verso d’essere pareggiata in quanto le era dato alle altre provincie sue consorelle. No, non subiremo più l’oltraggio del dirsi che la nostra Isola è “un appendice incerta dell’Ita- lia”. Ella ebbe sempre l’orgoglio e il Diritto, affermato dal suo storico passato, di appar- tenerle e d’esserle unita… Ed ormai ne possiede ben potenti mezzi per esserlo di fatto. Sapremo noi, sapranno i nostri posteri profittarne. Giova saperlo. Ed ecco che esplica- vasi questo primo pensiero del rinnovamento morale e civile del popolo sardo nel vo- lerla onorare d’un perpetuo monumento. A quest’effetto erasi costituito in questa città il Comitato promotore; il quale corrispondendo tosto all’alta sua missione, non mancò all’appello, e nel volgere di poche lune riusciva a raunare [ racimolare ] dal prodotto delle offerte, tanto dei comuni ed altri enti morali, quanto da privati, la somma di circa ottomila [ lire ] .Io pure, quasi dismettendo, nol niego, in quei frangenti la veste governa- tiva che indossava, e da modesto e semplice cittadino anelava a contribuire alla buona riuscita di questa ardita opera patriottica. Io pure ebbi l’onore d’appartenervi e ciò che oggi mi riesce al riguardo più grato di rammentare si è d’avervi, in quanto il con- sentiva la mia pubblica posizione, cooperato unendo il mio piccolo nome a quello ben più grande e illustre di altri Sardi compatriotti, e vièppiù di un Salvator Angelo De Castro, del più distinto ed elegante biografo della grande Eroina, di colui che sarà sem- pre una delle più belle recenti illustrazioni del proprio paese di colui che hai! Pur trop- po ci fu nel bel meglio e assai prematuramente rapito dall’implacabile Parca! Mi riesce altresi consolante il rammentare d’aver preso parte alla iniziativa del Comitato Orista- nese di conservare cogli altri esimi cittadini che lo componevano; a capo dei quali fui ben lieto di qui rivedere l’onorevole sig. Sindaco Comm. D. Giuseppe Corrias, che con tanto senso e rettitudine ha saputo mai sempre reggere la cosa pubblica del proprio paese; in verità fiancheggiato e sempre coadiuvato dall’egregio deputato Comm.re Avv. Parpaglia, che predilesse costantemente e favoreggiò questa sua seconda patria d’elezione; nonché dal Comm.re Don Efisio Carta; tutti miei vecchi amici e commilitoni,
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