Il monumento ad Eleonora d’Arborea

-  116  - Con buona pace degli Architetti che avranno tutte le ragioni del mondo, io dico che i profani che osservano non hanno tutti i torti. L’occhio, abbracciando l’insieme del mo- numento, trova subito quel distacco, e non è soddisfatto. Nel vedere quella donna molto più grande del naturale, ed ai suoi piedi quattro leoni così piccoli, non si può fare a meno di compararli a cagnolini; e per i profani sono cagnolini - e saranno sempre cagnolini! Insomma, lasciando i quattro re della foresta, e tornando alla statua, noi ci domandiamo meravigliati: ma perché il Prof. Cambi non ha voluto ritrarre le sembianze ed il costume della famosa eroina di Sanluri? Non esiste forse il ritratto di questa donna: un ritratto così originale,conlineamenticosìmarcati,cheèrimastoimpressonellamemoriadituttiisardi? Un tempo, è vero, si udiva celebrare il nome di questa gran donna, ma nessuno poteva immaginarne le sembianze, perché non si aveva un ritratto di lei. Dopo la scoperta delle Carte di Arborea, il desiderio del popolo di conoscere questa Eroi- na si fece più ardente; e fu allora che il cittadino sassarese Conte Boyl, o che veramente fosse stato tratto in inganno, o che lo facesse col patriottico scopo di contentare i sardi, battezzò col nome di Eleonora una statua, e la collocò nel Giardino Pubblico di Cagliari; e il pubblico l’andava sempre a visitare, e la trovava bella quanto il sole, risplendente quanto la luna, amabile quanto una rosa di Beranu – come diceva una poesia di Donno Giovanni Cubello di Oristano, rinvenuta nelle carte di Arborea. Fatto è però, che il valente archeologo Giovanni Spano svelò a tutti che la famosa statua di marmo che era nel Giardino pubblico di Cagliari non era già Eleonora di Arborea, ma bensì una statua antica rappresentante una sacerdotessa di Giunone di Nora, chiamata Favonia Vera. Ed ecco di nuovo i sardi senza il ritratto di quella gran donna. Il caso, però, portò nuovamente la gioia nel cuore dei sardi. Verso il 1837 si distrusse la Chiesa di S. Francesco dei Conventuali, e furono vendute moltissime tele o tavole appar- tenenti a quel convento. Lo Spano comprò una parte di questi quadri, e li pulì. Qual non fu però la sua meraviglia e la sua soddisfazione quando in uno di essi vide comparire il nome di Donna Leonora? Lo mandò subito ad Alberto Lamarmora a Torino, questi lo fece esaminare da valentissimi pittori, i quali giudicarono il ritratto essere antico, e la pittura del secolo XV. Lamarmora fece fare a sue spese una ricca cornice dorata, colle armi di Arborea, e lo restituì così allo Spano, il quale ne fece dono alla Galleria della Biblioteca di Cagliari, dove oggi si trova. Di questo ritratto furono fatte centinaia di copie ad olio, in litografia, in incisione, in oleo- grafia, ecc. ecc., e ben poche sono le famiglie sarde che non ne abbiano una copia in casa. Le sembianze di questa donna sono ormai passate nel dominio del pubblico - oramai tutti i sardi sanno a memoria i lineamenti di Eleonora, il suo modo strano di vestire, l’espressione del suo volto ecc. ecc., motivo per cui non è a stupire se dinanzi alla statua testé inalzata ad Oristano, ognuno abbia esclamato con meraviglia: ma questa non è la nostra Eleonora!! Lo scultore potrebbe osservare: - “ma chi vi dice che il ritratto di Eleonora da voi posse- duto sia proprio quello di Eleonora; e non invece quello di una gran dama di quei tempi, chiamata donna Leonora?” Ciò però non significa nulla: il ritratto è creduto della figlia di Mariano, e i sardi lo venerano per tale. - È questione oramai di fede, e basta così. In- venzione per invenzione, è sempre migliore quella già accettata dal popolo, che quella che ci dà il professor Cambi.

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