Il monumento ad Eleonora d’Arborea
- 113 - I cavalli presentati erano veramente stupendi, e si ebbero la generale ammirazione. Non meno di venti coppie di cavalli errano passati alla gran carriera a noi dinanzi, al suono della banda che… che era sempre fedele al suo compito di rallegrare cioè tutto il rallegrabile. I costumi che vestivano quei cavalieri erano quelli di: Mamoiada – Fonni – Pauli – S. Lussurgiu – Tula – Oristano – Abbasanta – Milis. – I premi pei vincitori delle corse furono concessi nel pomeriggio del terzo giorno, e i meritevoli furono: Tolu Ambrogio d’Oristano che prese il primo premio di L. 250; Argiu Giovanni di Narbolia che prese il secondo di L. 200 – e in ultimo Sanna Efisio di Cuglieri a cui toccò il terzo di lire 150. La notte si ripeté l’illuminazione della sera precedente, e da ogni angolo della piazza, dove suonavano le due bande, si accendevano fuochi di Bengala, che illuminavano con diversi colori la folla immensa che passeggiava, si urtava, sudava, ma ammirava tutto, e si divertiva! A questo punto corsi all’albergo Caldanzano, vi presi la mia valigietta e m’incammi- nai frettolosamente alla stazione perché dovevo trovarmi a Sassari alla mattina seguen- te, e temevo di perdere il treno straordinario che partiva alle 10. arrivai insieme a sette od otto miei compagni alla stazione e mi presentai allo sportello per acquistare il bigliet- to. Un impiegato mi rispose secco secco: - non si parte più! il numero dei passeggieri non è tale da staccare un treno apposito. Felicissima notte! – Rimasi con un palmo di naso per l’inaspettato annunzio, e con un palmo di lingua per la corsa di 20 minuti fatta fino alla stazione. Mi volsi indietro come una furia, mandai un accidente alla ferrovia, e mi posi di nuovo in cammino per Oristano, attraverso a un buio pesto che non mi lasciava vedere a un palmo di distanza. L’amico Intina dell’Avvenire, ben a proposito rammentò quel Monsignore, che per difetto di pronuncia, invece di dire ferrovie sarde, diceva sempre ferrovie tarde! – E durante le feste d’Oristano le ferrovie tardarono apposta per nascondere pietosamente la difettosa pronuncia del detto Monsignore! Mi presentai nuovamente al convento di Caldanzano, e quel buon frate mi accolse freddamente dicendomi: Figlio mio, la stanza non ce l’ho più! – Capite? io aveva perduto la corsa, avevo perduto la camera, ed ero sul punto di perdere anche la pazienza. Fortuna volle che il Caldanzano, da evangelico religioso, mi cacciasse in una cella con altri due compagni che al pari di me avevano tutto perduto: treno, camera e pazienza. Prima però di mettermi a letto tornai alla piazza del monumento di Eleonora per godere gli ultimi sgoccioli della festa della seconda giornata. I fuochi di Bengala si succedevano con rapidità – la banda cittadina suonava l’inno ad Eleonora del maestro Dessì, e la folla era sempre là, indecisa se in quella notte dovesse o no andare a letto. La serata terminò col famoso ballo sardo di Gonnella, suonato dalla banda militare con molta accuratezza. Alle armonie del nostro ballo tradizionale si elettrizzarono tutti – le gambe non vollero più star ferme, le mani si cercavano per istinto, e si finì per im- provvisare un circolo di danzanti attorno al Monumento. – Il divertimento era così nuo- vo, così attraente, e così geniale, che io, illuso, aspettavo da un momento all’altro di vede- re l’Eleonora di marmo scendere dal piedistallo per unirsi ai ballerini suoi compatriotti. E questo ballo pose fine alle feste del 23. Io mi ritirai nel solito Convento, per cercare un po’ di riposo in mezzo ai due compagni di sventura che mi aspettavano… in letto. Vi narrerò ora brevemente le feste del terzo giorno, quali mi vennero comunicate da un amico da me incaricato. L’estrazione della lotteria, che doveva aver luogo alle 9 del mattino, fu invece pro- tratta alle 6 pomeridiane perché giunsero in ritardo i telegrammi di parecchi spacciatori di biglietti che si trovavano fuori di Oristano.
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