Il monumento ad Eleonora d’Arborea

-  108  - C’incamminammo verso il centro della città, distante un venti minuti dalla stazione. Eravamo un reggimento inmarcia – vi erano rappresentate tutte le classi sociali di Sassari; dal nobile signore al più modesto operaio. Una nebbia di sottilissima polvere ci avvolgeva nelle sue spire graziose e importune, dorate da un sole arrabbiato. Lungo la via, di tratto in tratto, erano lunghe aste rivestite di stoffe a tre colori, su cui erano bicchieri colorati, pronti per le illuminarie della notte. Le vie tutte di Oristano erano gremite di gente di ogni colore, di ogni qualità, e di ogni paese. Era un concorso inaspettato, imponente. Dappertutto bandiere, drappi alle finestre, preparativi di illuminarie. Arrivammo alla Piazza del Mercato. Vicino alla gran torre si era eretto un grande arco trionfale che conduceva al Corso, lungo il quale erano un numero infinito di lampadari, bandiere di ogni nazione, arazzi damascati, fiori, ghirlande; e ciò fino alla Piazza, dove si offrì ai nostri occhi il grandioso monumento della figlia di Mariano, la cui statua era co- perta, dal capo alle piante, da un bianco lenzuolo, lasciando solamente scoperto il braccio destro ripiegato, con una mano il cui indice segnava il cielo, quasi volendo darci la ragione di quel suo travestimento, coll’accusare il sole che la corteggiava con troppo calore. Pochissime parole sopra Oristano. È una città antichissima; conta circa 7000 abi- tanti: ha fabbriche speciali di terraglie, di stoviglie, di cui provvede quasi tutta l’isola. Le pianure sterminate che le stanno d’intorno, il suo cielo infuocato, le sue donne dalla carnagione color perla e dagli occhi tagliati a mandorla, l’abbondanza favolosa dei fichi d’India, e il ciuffo di qualche palma che si mostra qua e là, le danno una tinta tutta orien- tale. È una città pulitissima, e così estesa che potrebbe contenere per lo meno il triplo degli abitanti che oggi conta. Gli oristanesi sono ospitali, molto sciolti ed alla buona; non si danno importanza alcuna, amano i divertimenti, hanno un carattere leale ed aperto, e sono in buonissima relazione con tutti i fratelli dell’isola, perché non si riscaldano troppo per questioni di municipalismo. – Oristano ha tre cose ragguardevoli: Eleonora d’Arbo- rea – la Carta de logu – e l’originalissimo campanile della sua Cattedrale. Ha tre cose buone e speciali: la vernaccia – il pane, e gli amaretti. Ha due cose curiosissime: case fab- bricate senza pietre né calce, ed uomini sbarbati, col fazzoletto in testa come le donne. Ha due cose brutte: troppe gambe nude, e troppe pelli di montone – le prime ti mettono il freddo addosso nel guardarle – le seconde invece ti mettono il caldo! Ritorno alle feste. Verso le dieci tutte le rappresentanze si recarono al Municipio, luogo di riunione, dove furono trattate con molta dolcezza; intendo dire, con paste, vini, rinfreschi, e simili. Su tre palchi molto eleganti, eretti attorno al Monumento, erano un gran numero di signori e di signore che volevano assistere alla cerimonia della inaugurazione. La piazza era letteralmente stipata, e vi si stava troppo a disagio, perché non si potevano sfuggire in alcun modo i cocenti raggi del sole. Tutte le finestre ed i balconi delle case vicine erano pur gremite di signore. Erano migliaia di teste e di braccia che si muovevano, si agitava- no come un campo di grano su cui soffi un po’ di vento. Verso le undici le autorità mossero tutte dalla casa comunale verso il monumento, dove era apprestato un tavolo. Prefetti, Rettori d’Università, Sindaci, colonnelli, società operaie, studenti con bandiere, ecc., ecc., tutti erano là, sotto la sferza di quel sole im- portuno, curioso, che frugava fra i panni di tutti gli astanti, i quali non potevano, anche volendolo, togliersi alle sue insistenti carezze. Un mortaretto, con una forte detonazione, diede il segnale; il Sindaco Comm. Corrias tirò a sé i tre nastri che assicuravano il sudario, ed agli occhi della folla curiosa si svela- rono alfine le belle forme di una statua di marmo, la quale aveva un cuore di donna – a differenza di certe donne non troppo rare, le quali invece hanno un cuore di marmo. Gli astanti salutarono con vivi applausi quella statua che doveva stare lassù immo- bile, Dio sa per quanti secoli; mentre le due bande intuonavano un inno ad Eleonora,

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