Autunno fredda è la tua voce
86 1. Edito come poemetto singolo in A. Corrias, B. Meloni, G.F. Uda, M. Porcu, M. Fadda, R. Cau (a cura di), Pep- pet Pau il cantore del Sinis , E.P.D’O, Oristano 2010, pp. 94-98. 2. Il testo originario riporta - per mano dell’Autore – integrazioni e modifiche con inchiostro rosso. Il tenore del componimento in origine era: Fa, Gesù, che t’i contri/sui s ntieri di campagna dei campi/vestito d lla tunica violetta/a piedi scalzi/coi capelli di rame/ al vento./Ch’io ti passi d’accanto/e che ti lasci/solo una spina della tua corona/perch’io la colga./Fa, Gesù, che t’incontri un’altra volta . 3. Originariamente: Anch’io lo dico a te: non mi lasciare. 4. Nella prima stesura: Gli elefanti ciangottavano 5. Originariamente: Partiva il circo in un caldo alone. 6. Nella prima stesura: Il mio era il sogno di una notte/ senza fine, senza alba, senza cieli. /Era un sogno di tra- chite rossa…dall’Antifona a lume di candela, oscillando le fiamme al crepitare /d’ogni foglio smosso, sugli steli/ dei candelabri./Originariamente: Anch’io lo dico a te: non mi lasciare. 7. Il termine diaconi sostituisce canonici. 8. L’aggettivo breve sostituisce triste. 9. Il 18 giugno 1956 iniziarono a cura di Gennaro Pesce e Giovanni Lilliu i primi scavi nell’area urbana di Tharros (G. Pesce, Tharros , Ed. Fossataro, Cagliari 1966), ultimati nel 1964. Peppetto Pau vide le ossa della città morta nei suoi frequenti viaggi a Tharros, da cui trasse la lunga poesia su Tharros che qui si presenta senza numero poiché non ritrovata nel 1977 all’atto della stesura dell’autografo delle sue liriche. Nel progetto di edizione delle liriche dattiloscritto è presente con la numerazione in cifre arabe delle pagine alla carta 143 r-v una lirica sulla città morta, Tharros, datata ’80 (1980), che riecheggia alcuni motivi della poesia del 1964 e de Il Sinis (1979), qui riportata: La città morta/ scalda/le ossa calcinate/ al sole del mattino/davanti alle acque verdi./Triste/è il riso trionfale/dei papaveri scarlatti /sulle rovine./ Fioriscono tra i conci d’arenaria /lungo le soglie di basalto./I petali di fiamma/han fremiti di seta/a ogni alito di vento./Ma il profumo amaro/invita al sonno/ lieve come la morte,/che vigila nascosta/i sepolcri violati/le case diroccate/i ninfei asciutti/l’acqua delle cisterne./Forse la sua falce ha reciso/i due fiori purpurei/che giacciono/sulle lastre di lava/ già tiepide di sole./Sanguinanti fiori/messaggeri di morte,/fate che io dorma [integrazione successiva
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