Autunno fredda è la tua voce
72 di cosa lasciata così al domani che non giunge. E ti rivedo canonico rosato nel vano della porta bianco e oro. Rivedo la tonaca nera e i cento bottoni viola, rivedo le fibbie lucenti delle grandi scarpe tue nere. Il volto tuo grasso rivedo il lucido volto tranquillo di chi ha fiducia in se stesso e in Santa Madre Chiesa. – Quomodo te habe ? nel tuo latino ascolto la tua voce. – Non calcar la matita… Si consuma… Grasso e avaro canonico. Da venti anni rifacevi la punta alla matita, alla stessa matita, con la cura di quando ripiegavi il Corporale o segnavi la pagina al breviario col lustrino di seta verdolina. Alla vigilia delle grandi feste Ognissanti, Natale, Pasqua Grande, toglievi dall’armadio scricchiolante la tua fastosa cappa d’ermellino. E odorava di canfora la stanza. Non cerco te, canonico tranquillo. Non ho la nostalgia del tuo latino. Al suono triste della mattonella cerco me stesso quando ero bambino. (Casa, 12.XI.1971) 82 Anche tu mi ritorni dal passato o maestra formosa dagli occhi verdi dietro la veletta. Avevi l’andanza del gallo. Guardavi la gente dall’alto
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