Autunno fredda è la tua voce
50 vigorosa per le vene che gli anni non hanno corroso. Per questo io sono un mendicante beato. Non chiedo perdono per quel che mi han dato, per quel silenzioso furore che mi flagella la carne perché non ho chiesto la vita. L’accetto. La vivo. La sconto, con tutto l’amaro, con questo tormento nel sangue. Io ti vedo, lussuria, come le chiazze dei rosolacci nel grano maturo. Tu fremi tra le spighe dissolta nel meriggio. E ti assaporo torpida come il profumo nero e rosso dei rosolacci. Tu sola sai il profumo dei colori. Bianco snervante come i petali dei gigli del mare. Nero sapido come ascelle di danzatrici immote. Verde rugiadoso insinuante amaro come il risveglio di un mandorlo nella luce fredda di in un mattino d’inverno. Azzurro tormentoso e conturbante come il solco caldo tra i seni, per chi vi posa il capo. Giallo. Invitante da prima come cucina di locanda al viandante affamato. Acido poi come rutto d’ubriaco. [s.d.]
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