Autunno fredda è la tua voce
40 d’un mandorlo fiorito in un giardino m’alitava sul volto e mi chiamava l’Angelo Custode. E per un ora ritornai bambino. Correvo per le scale con il rombo del cuore dei fanciulli, un martellare di fanciullo in cuore, un’an- sietà, un modo di sentire le cose come un tempo 19 quando ogni mattina è una promessa nuova. Fuori era freddo. Spenta era ogni luce. Il cielo tra le case era nero. Le stelle erano verdi. Era l’ora di tutti gli spazzini. Assorti, muti. I Sacerdoti ignoti nelle strade. Alle mie spalle fluttuava l’Angelo simile a un alto lume d’alabastro. Era limpido e tiepido. Era caldo, come un raggio di sole. Gli spazzini gli furono d’attorno. Raggiati dal suo lume di topazio corsero a riscaldar le mani nere. E nessuno mi disse una parola. Non un saluto. Non un volto amico. La mia mano cercò la mano calda dell’Angelo che s’era fatto luce. Attorno a lui salivano le mani come le ombre nere sull’asfalto. Guizzavano le dita nere lunghe come le ombre quando si fa sera. Così fui solo al sorgere del sole. [s.d.] 35 Tu mi parli, bambino, e ti nascondi dietro il muro di nebbia di novembre. Io ti chiamo, bambino, e tu non senti.
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