Autunno fredda è la tua voce
36 e dormono gli stagni come veli di danzatrici addormentate. Quando l’ape sonnecchia vagheggiando il calice violetto di campanule. E tu dormivi il tuo sabbioso sonno vecchia città già morta tra due mari 15 . Il cumulo dei miei pensieri è come la tua coltre di sabbia. Presso i tuoi cimiteri addormentati han vegliato le Parche, hanno filato con le dita scarnite. Hanno cantato la canzone che non ha parole sulle labbra violette. Hanno cantato la canzone del nulla, del silenzio, presso i sepolcri color d’oro, presso i mattoni del color del pane, presso le rocce del color del miele. E dolce come miele era quel canto sotto la bionda coltrice di sabbia. I mattoni eran come le focacce caldi nella luce del meriggio tiepidi sotto il raggio della luna immobile tra due mari di smalto. Il tenebroso salmodiar dei monaci Il crepitio dell’ossa negli ossari hanno udito le Parche ed han versato lacrime dalle occhiaie senza cigli. I tepidari furon fatti tombe Le terme furon nuovi cimiteri O monaci dagli occhi di felini che foste sordi quando le Sirene e le Nereidi nei fondali viola cercavano le ossa dei fanciulli per racchiuderle dentro alle conchiglie in una culla come arcobaleno trascolorante sotto i baldacchini dei coralli. L’Epistola di Paolo la sua voce di tromba hanno sommerso
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