Sa Pippia de Maju
- 59 - - 58 - È probabile che in un certo momento della storia, la Giostra sia stata inserita nel contesto Carnevalesco, in quanto momento di caos comunitario, di festa e rivolgimento dell’ordine che nel Carnevale trovava una collocazione ideale. 60 ScriveButtitta: “Sospensione, sovversionee contestazione ‘’regolate’’ inqu nto s stanziate i comportame ti previsti comunque prevedibili, confinati in uno spazio e in un tempo prescritti dalla tradizione e tesi, a ribadire la necessità di un ordine, sia pur idealmente ‘’nuovo’’ o meglio ‘’rinnovato’’ [...] che si deve tuttavia imprescindibilmente ri-affermare ciclicamente per garantire una corretta conduzione della vita comunitaria” (BUTTITTA 2013: 180). È quindi possibile che con il tempo, la Giostra, in quanto momento di produzione di caos vs cosmos si sia naturalizzata nel Carnevale e abbia acquisito una struttura e una simbologia che, con la continua ripetizione ha costituito la tradizione, divenendo espressione di identità collettiva per la comunità oristanese. Scrive Seppilli: Le manifestazioni carnevalesche rappresentano una materia festiva eterogenea radicata in una pluralità di filoni culturali e in una costante e multiforme evoluzione [...] che procede attraverso l’ininterrotto interagire delle vecchie forme con i contesti storici in mutamento, muovendo tra riportano interessanti informazioni riguardo le scoperte che in questi anni di studio hanno consen- tito di portare alla luce documenti d’archivio che attestano l’organizzazione di diverse edizioni della Giostra. Si rimanda nel dettaglio al capitolo “La Sartiglia nel XVI e XVII sec.” (CASU; OBINO 2012: 57) 60 Scrivono Francesco Obino e Maurizio Casu nel testo: “Il Gremio dei contadini di San Giovanni Battista di Oristano, La Sartiglia”: “In un prezioso documento custodito presso l’archivio diocesano, ritroviamo la più antica attestazione della Sartiglia corsa a Carnevale. Si tratta della registrazione della visita pa- storale dell’Arcivescovo Mons. Giovanni Maria Bua datata 22 giugno 1832. Il prezioso riferimento alla Sartiglia compare nella relazione fatta dall’arcivescovo in seguito alla visita presso la chiesa rurale di San Giovanni Battista cappella del Gremio dei contadini. Dall’attenta lettura del documento si evince che l’arcivescovo lamenta le eccessive spese che il gremio effettuava per l’organizzazione della cosid- detta “sortilla del carnevale” contestando inoltre il mancato adeguamento da parte dei soci del gremio alle osservazioni già fatte per gli stessi motivi dal suo predecessore Mons. Sisternes de Oblites in oc- casione della sua visita pastorale del 1807” (CASU; OBINO 2012: 83) Le ricerche d‘archivio sono in continua evoluzione, a tal proposito si propone una nota a cura di Nadir Danieli che sintetizza gli ultimi promettenti sviluppi della ricerca ad opera di diversi studiosi locali: Grazie ai più recenti rinvenimenti documentari e ai dati noti, è oggi possibile restringere notevolmente il diaframma temporale entro il quale va circoscritta l’istituzionalizzazione della Sartiglia nei giorni del carnevale, col diretto concorso del Gremio dei Contadini. Quale primo appiglio vale ancora il documento del 1722, nel quale il Gremio risulta impegnato per la prima volta nella “Corsa alla Stella”, in occasione delle nozze di Carlo Emanuele III di Savoia. Un nuovo, fondamentale documento, rinvenuto dall‘archivista Ilaria Urgu presso l’Archivio Storico Comunale di Oristano e studiato dal prof. Maurizio Casu che ne ha dato notizia (si veda la relazione “Il Gremio dei Contadini e la Sartiglia”, comunicata dal Casu in occasio- ne del seminario di studi per il “XX Anniversario della costituzione della Commissione Cultura del Gremio dei Contadini” tenutosi l’8 ottobre 2016 a Oristano), in fase d’imminente pubblicazione, riporta simili dati per il mese di luglio del 1750: al Gremio di San Giovanni è ancora una volta riservata la corsa e vengo- no citate le “mascherate”, ovvero travestimenti, che coinvolgono gli altri gremi partecipanti (Falegnami, Figoli, Calzolai, Sarti, Fabbri, Muratori). Del 22 giugno 1832 è invece la visita pastorale alla chiesa di San Giovanni Battista di Mons. Giovanni Maria Bua, arcivescovo di Oristano. La visita, insolitamente estesa e densa di peculiarità che andranno ulteriormente indagate, tratta dei gravi ammanchi e sprechi del Gremio, che viene duramente rimproverato per aver sperperato il denaro nell’organizzazione “(…) della così detta Sortiglia di carnovale”. Nel testo si fa più volte menzione delle sanzioni e disposizioni già decretate in tal senso da Mons. Sisternes nella sua visita del 1807, sfortunatamente andata perduta ma la cui esistenza è confermata anche dalle visite successive (Mons. Soggiu, 20.9.1875). Tali indicazioni permettono quindi di inquadrare il passaggio della Giostra a festeggiamento del carnevale in un periodo successivo al 1750 e precedente il 1807. contrastanti determinazioni [...] (fattori di persistenza delle diversità locali, fenomeni di omogeneizzazione, sommovimenti dal basso e politiche di condizionamento o repressione tanto chiesastiche che statuali, spinte di produzione di nuovi schemi e nuovi significati) e dando luogo in tal modo a continui processi di rielaborazione e rifunzionalizzazione degli antichi modelli (SEPPILLI 2008: 505-517) Nonostante le feste della tradizione abbiano subìto spostamenti di data e modificazioni del significato originale, nella coscienza collettiva, celebrazioni come: “Capodanno, Carnevale, Calendimaggio, per ricordare le maggiori, in cui più chiara si è conservata la derivazione dagli antichi riti pagani, o altre come Natale, Epifania, Pasqua, dove è altrettanto palese l’origine cristiana, hanno avuto e tutt’ora conservano un carattere comune: sono feste di rinnovamento, di propiziazione per il nuovo ciclo di tempo (anno, stagione) che da esse prende inizio” (TOSCHI 1955: 7-8). Il Carnevale, come suddetto, è una fase ciclica fondamentale per ciò che concerne il rinnovamento del tempo. 61 Non c’è dubbio che anche a Oristano, con il passare dei secoli abbia assunto un significato sempre più importante per la collettività, divenendo Festa comunitaria per eccellenza, in quanto: “centro propuls re del tripudio che dà anima e carattere a tutta la festa, è il principio magico secondo il quale l’intera manifestazione della gioi da parte di tutta la comunità, provoca e assicura il prospero svolgersi degli avvenimenti, l’abbondanza dei prodotti, il maggiore benessere per il nuovo anno che sorge” (TOSCHI 1955: 8-9). Non deve sorprendere quindi che alcuni simboli appartenenti ad altre tradizioni, magari dislocati in altri apparati festivi, siano potuti confluire in questo contesto. Anche l’azione carnevalesca che si celebra a Oristano è relativa al propiziare una nuova fase che va a delinearsi, la buona riuscita della Sartiglia , secondo gli informatori equivale infatti, ad auspicare una buona annata. Troviamo spesso anche nel Carnevale che uno degli elementi è costituito da una gara o lotta: corsa, palio, cuccagna, corrida, danza armata, assalto a un castello, e così via, con quegli aspetti drammatici che nelle forme più sviluppate e conosciute si chiamano: «moresca» «abbattimento» e «maggio» drammatico. [...] In prevalenza, da noi tali forme sono caratteristiche delle feste periodiche primaverili, come risulta dal nome di «maggio», [...] però non dobbiamo dimenticare che esse possono far parte a pieno diritto anche del Carnevale, cioè dei riti di fertilità che si svolgono per feste di inizio d’anno (TOSCHI 1955: 120-1). Una commistione di simboli e significati quindi, che nel contesto oristanese sembrano convivere ormai da secoli e che vengono tramandati ciclicamente, sep- pur rifunzionalizzati dalle nuove generazioni. È forte, infatti, il senso di apparte- 61 Carnevale è il capro espiatorio che si fa carico dei peccati del mondo, ma è anche l’eroe rigeneratore che trae questa caratteristica dal suo porsi come coincidentia oppositorum: tra l’angoscia dell’esau- rirsi del tempo e la speranza del suo immancabile risorgere, tra il vecchio e il nuovo, tra la morte e la vita (BUTTITTA 2007: 11-17)
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