Sa Pippia de Maju

- 57  - -  56  - fanciulli questuanti. Ma lo studioso individua una possibile ipotesi: 57 vede nella figura principale della Sartiglia di Oristano, su Componidori , il re del Maggio, Non v’è dubbio che qui la figura del maggio ha conservato alcuni elementi ritualistici assai antichi, come l’uso della maschera, la Vestizione, il tabù del toccare la terra, la benedizione da lui data con uno scettro di fiori. Il tema nuziale e quello agonistico appaiono pure in aspetti vivaci di grande suggestione. [...] nel folklore di molti paesi europei questa figura si presenta spesso nella forma di Re di Maggio, che possiamo considerare un equivalente del re del Carnevale. La provvisoria e finta regalità veniva, di regola ottenuta da quello, fra i giovani, che vinceva la gara (TOSCHI 1955: 460). Anche questa interpretazione fornisce ulteriori spunti di riflessione. Focalizzando l’attenzione verso i riti celebrati in Sardegna per impetrare e ringra- ziare la rigenerazione vegetale, nel contesto popolare tradizionale troviamo una plu- ralità di esempi chiari e vivi, ancora praticati durante le feste tradizionali in tutti i paesi dell’Isola. Il Maggio, fa pur sempre parte di questa tipologia di riti, come più volte ripetuto in questa ricerca. Riflettendo su Oristano, pensiamo al fatto che in un certo momento della storia del- la tradizione oristanese, (ricordiamo che la Giostra viene praticata a Oristano da circa cinquecento anni) la Sartiglia diventa la Festa per eccellenza; è probabile che all’in- terno della sua celebrazione siano confluiti elementi di riti differenti, in seguito ad un naturale slittamento di pratiche cerimoniali che decontestualizzate, potrebbero aver trovato in essa una collocazione secondaria. Fondamentale è la presenza dei due Gremi (detentori della storia della Giostra), che probabilmente con il tempo hanno introdotto all’interno della corsa pratiche simboliche da loro conosciute e tramandate. Tali prati- che rituali potrebbero essere confluite in un intreccio di simboli, che successivamente hanno trovato terreno fertile e si sono in un certo qual modo “naturalizzate” all’inter- no dell’apparato cerimoniale della corsa all’anello, trasformando la Giostra Medievale, conferendole una connotazione simbolica che con il tempo si è affermata e arricchita di significati. Inventando quindi una nuova tradizione che tramandata e praticata costan- temente, è divenuta la prassi cerimoniale. Potrebbe quindi essere verosimile che riti agrari tipici del periodo primaverile (ciclo Carnevale-San Giovanni) (VANNGENNEP 1946) in cui veniva utilizzato unmazzo di fio- ri ed erbe per simboleggiare l’arrivo della primavera e auspicare l’avvento del risveglio vegetale, utilizzati anche nelle questue infantili del Maggio, siano poi stati trasformati in quel mazzo di viole mammole e pervinche che è andato a costituire sa “ Pippia de Maju ”. La denominazione stessa di questo oggetto simbolo infatti, pare rimandare al contesto rituale delle questue in cui si palesano elementi cerimoniali quali: Regine di Maggio, Bambine di Maggio ecc. Il discorso iniziale del presente studio, permette di fare una considerazione su come il Maggio, sia un periodo temporale esteso a quel momento di rinnovamento vegetale 57 In Italia il personaggio maschile che r ppre enta il Maggio non risulta esse e particolarmente diffu- so, ma abbiamo altri esempi come il Signor dell’Amore dei trionfi dei maggi medioevali fiorentini come riscontrabile nelle cronache di Giovanni Villani (Villani, cronache libro vii cap. LXXXIX), o a Bologna il Conte di Maggio che faceva coppia con la Contessa (TOSCHI 1955: 461-62) che, come già spiegato, si realizza dal Carnevale fino all’inizio dell’estate e quindi non circoscritto a l'unica data del 1° Maggio o al relativo mese dell'anno. È in quest’ottica che chi scrive ha cercato di dare una collocazione al simbolo che per eccellenza viene trasportato cerimonialmente da su Componidori . È probabile che que- sto emblema, abbia poi assunto un valore aggiunto nel contesto Sartiglia in quanto trasportato dal Mastro di Campo , che in quei due giorni di Giostra è identificato come una sorta di Eroe, di rappresentante della comunità tutta, visto con riverenza e rispet- to e quindi il “portavoce” per eccellenza del simbolo che rappresenta il rinnovamen- to ciclico della natura. In passato le fattezze de sa Pippia de Maju , erano molto meno precise come testimoniano immagini d’epoca e testimonianze dirette forniteci dagli informatori più anziani, le viole mammole potrebbero essere state pervinche, inoltre l’assemblamento approssimativo e poco curato portava a una semi distruzione della stessa durante la corsa, ciò fa presupporre che attraverso i gesti aspersori che effettua su Componidori, questi fiori venissero aspersi tra la comunità astante, gestualità tipica del simbolo del buon augurio legato all’abbondanza e la fertilità. In questo senso si interpretano questi gesti. 58 Purtroppo per quanto riguarda il contesto oristanese allo stato attuale delle ricerche, non è stato trovato alcun riscontro diretto o esplicito di pratiche relative al Maggio ope- rate nella comunità, come invece accade in alcuni paesi limitrofi. Il contesto locale infat- ti è fortemente contaminato, costituito anche da famiglie provenienti da altri luoghi che si sono stabilite in città nel corso dei secoli, creando quindi una naturale commistione di tradizioni che, in questo caso, non consentono di individuare con facilità delle parti- colarità propriamente autoctone. Le tradizioni sono in continua trasformazione, non restanomai immobili e immutate, la Sartiglia in modo particolare ha subìto una serie di influenze esterne nel corso dei se- coli, i cavalieri spesso non erano cittadini oristanesi e anche questo consente di dedur- re come sia possibile che simboli e pratiche esterne alla città, siano stati trasferiti nel tessuto cerimoniale della Giostra nonostante avessero una provenienza differente dal contesto strettamente locale. Inoltre è fondamentale l’apporto tradizionale dei Gremi, quello dei Falegnami e quello dei Contadini, che sicuramente hanno contribuito a svi- luppare l’apparato simbolico con un insieme di riti e pratiche proprie del loro contesto culturale e tradizionale. Attraverso le testimonianze trovate, ad oggi, sappiamo che la Sartiglia veniva celebrata in diversi momenti festivi, attestazioni individuate in registri di consiglieria infatti testimoniano corse relative al XVI e XVII secolo organizzate non a Carnevale ma per occasioni di varia importanza, nascite di principi, matrimoni reali e incoronazioni: “La Sartiglia nei documenti del Cinquecento e del Seicento, è documentata e rappresentata come festa organizzata dall’autorità civica per allietare la comunità in occasione di un evento straordinario […] La messe di documentazione sino a questo momento rinvenuta, induce a considerare la Sartiglia nella città di Oristano una manifestazione non certo estemporanea, ma “programmata“ per qualsiasi occasione ufficiale delle Istituzioni Civiche e per questo, in via di istituzionalizzazione, già dal XVII secolo” (CASU; OBINO 2012: 60-2). 59 58 Vedi cap. III 59 Casu, M. Obino, F. nel testo: "Il Gremio dei Contadini di san Giovanni Battista di Oristano" , La Sartiglia ,

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