Sa Pippia de Maju

- 55  - -  54  - questo principio magico [propiziatorio ndr] , sono dunque ispirati al tripudio. Essi si compongono e si svolgono secondo una sequenza, la quale, di regola, comporta questi elementi: la processione, il canto liric in coro, lamusica, la danza, e la forma drammatica vera e propria” (TOSCHI 1955: 9). Il Toschi individua due feste di fondamentale importanza dal punto di vista popolare: il Carnevale e il Calendimaggio. Tutte le religioni antiche e primitive conoscono queste feste annuali di rinnovamento, e altre minori connesse con l’inizio dei cicli stagionali. Da noi, la più grande di tali feste è stata il Carnevale, anche se ora questo suo significato sfugge alla coscienza dei più. Grazie ai vari spostamenti della data di inizio d’anno, saturnali e libertà di dicembre, tripudi per le calende di gennaio, riti agrari di purificazione e propiziazione per la fine dell’inverno sono venuti a confluire e ad amalgamarsi nel Carnevale adattandosi più o meno bene al nuovo clima cristiano in cui la data è riuscita a trovare la sua collocazione. Centro propulsore del tripudio che dà anima e carattere a tutta la festa, è il principio magico secondo il quale l’intera manifestazione della gioia da parte di tutta la comunità, provoca e assicura il prospero svolgersi degli avvenimenti, l’abbondanza dei prodotti, il maggiore benessere per il nuovo anno che sorge (TOSCHI 1955: 8-9) L’autore trattando “Le feste di Maggio in Italia e i motivi ritualistici a cui si ispirano” 55 , individua i caratteri fondamentali ricorrenti che si esplicano in questi riti, quello nuziale/sessuale/orgiastico e quello agonistico, che si presentano costantemente già dalle feste Laziali come quella in onore della dea Maja, la Majuma, e i Floralia. 56 Tuttavia sostenendo che non ci sono testimonianze esaustive sulla diffusione di queste feste all’infuori dell’Italia Centrale, afferma che in un’area come quella protostorica europea, viste le numerose sopravvivenze nelle tradizioni popolari di feste primaverili, sia ovvio che venissero celebrati riti in occasione dell’arrivo della Primavera; sostiene inoltre che in seguito alle invasioni barbariche è probabile che si siano verificati processi di acculturazione e contaminazione di nuovi usi e costumi riguardo le suddette festività. Successivamente con la nuova religione è probabile che si siano presentati adattamenti e travestimenti degli antichi riti in forme cristiane (TOSCHI 1955: 450-1). 55 (TOSCHI 1955: 442) 56 Dea Maja: Essa personificava il rigerminare della vegetazione al ritorno di ogni primave- ra, e quindi la fertilità della terra in maggio. Veniva identificata con la dea Bona, simboleggian- te la fecondità, e ad essa, come alla dea Bona, veniva offerta in sacrificio una scrofa pregna. La Majuma festa di carattere orgiastico che durava circa 30 giorni, con processioni notturne, fiaccola- te, sontuosi banchetti e rappresentazioni teatrali ispirate ai miti di Bacco e Venere. Nel periodo storico di Roma le feste primaverili che ebbero il sopravvento per solennizzare il rinnovarsi della natura e per assicurare l’abbondanza dei prodotti furono quelle dedicate alla dea Flora. I Floralia iniziavano con ludi scenici e terminavano con giochi del circo e un sacrificio a Flora. La rappresentazione scenica vera e propria si chiudeva con le danze, ed era qui che le danzatrici, dietro invito della folla, finivano con lo spogliarsi tutte e mostrarsi nude, queste danzando eseguivano dei combattimenti simulati. Tipico esempio di fusione del motivo sessuale e del motivo agonistico in una sola forma rituale con avvio drammatico […] il costume aveva carattere ritualistico e un preciso scopo: quello di favorire, sul princi- pio della magia simpatica, la fecondazione della terra e quindi promuovere il felice sviluppo di tutta la vita vegetale (TOSCHI 1955: 446-8) Il motivo della lotta nelle feste primaverili è secondo l’autore: “non meno protreptico- fecondativo del motivo sessuale: li vediamo entrambi presenti nelle feste di maggio, non già in contrasto, ma in collaborazione” (TOSCHI 1955: 452). Proprio durante il Medioevo emerge l’aspetto guerresco delle feste di maggio: In un campo di Marte avveniva l’adunata generale delle forze armate e il comandante le passava in rivista, in quell’occasione si stendevano i piani di guerra e se ne deliberava l’inizio; così alla stessa data si promulgavano le più importanti leggi. Gli accampamentimilitari divenivanoanche il centrodi grandi raduni di popolo: si tenevano fiere e mercati, gli aedi popolari raccoglievano intorno a sé un pubblico che si entusiasmava alla gesta guerresche esaltate nelle loro canzoni. […] Vi avevano anche luogo giochi e rappresentazioni […] incliniamo a credere che si trattasse di danze armate, giostre e azioni drammatiche ispirate a motivi guerreschi (TOSCHI 1955: 452). Lo studio dell’autore come già accennato cerca di focalizzarsi sui motivi drammatici che vengonopraticati a livellopopolare per celebrare ilMaggio. Tra questi, interessante pare quello che propone la personificazione e rappresentazione del majo da parte di un uomo. Questa tipologia di rito, è presente anche in Italia seppur non con la stessa diffusione che caratterizza il fenomeno nella tradizione di altri paesi, come: le Feuillu in Francia, Jack -in-the-green in Inghilterra o Verde Giorgio nei paesi slavi. Secondo le indagini dello studioso anche in Italia sono presenti esempi della rappresentazione/personificazione del Maggio-albero: Testimonianza dell’Appenin Pistoiese: “un giovanotto si veste di tutti i colori, si mette in capo una ghirlanda di rose e porta in alto un ramo di agrifoglio verde, tutto ammantato per bene, con tanti fiori di tutte le qualità. Quello sarebbe il maggio. Nella Maremma grossetana, almeno fino ad una ventina di anni fa, uno del gruppo di giovani che si recava di casa in casa a cantare il maggio. E a fare la questua, era tutto vestito di strisce colorate, per rappresentare la primavera. Così le ghirlande di fronde verdi e di arance con cui si adornano gli uomini che danzano il ballo della verdura a Cittanova d’Istria possono essere un ricordo e relitto di una figura del maggio più completa. Una testimonianza per quanto isolata si conosce anche per l’Abruzzo a Palena, suonatori e cantori muniti di bisacce, di ceste ecc menavano pel paese un asino, cavalcato da un fantoccio tutto coperto di fiori, che figurava maggio. In Calabria a Sant’Agata gruppi composti di donne e di uomini camuffati da donne con un gran velo bianco in testa vanno cantando ‘U bellu maju’. Ogni brigata ha il suo corifeo che è vestito da maggio, cioè ha in testa il solito velo e in più una gran canestra di vimini ornata di un ramo di melo fiorito, la ciurlanna (ghirlanda) (TOSCHI 1955: 458-60) In Sardegna, allo stato attuale delle ricerche da una prima e sommaria indagine, pare essere presente la celebrazione del Maggio prevalentemente attraverso il gruppo di

RkJQdWJsaXNoZXIy MjA4MDQ=