Sa Pippia de Maju
- 33 - - 32 - Questi concetti costitutivi dell’apparato simbolico delle comunità con tradizione agro-pastorale, sono soppravissuti nella storia fino ai nostri giorni, nonostante la rivoluzione tecnologica e produttiva, in quegli apparati festivi che tutt’ora si celebrano ciclicamente reiterando il tempo comunitario. A tal proposito, riferendoci al simbolo “Albero” e inizialmente a un contesto europeo, possiamo affermare che la presenza del culto di Alberi e Boschi Sacri è attestata in tutta Europa. 16 Intorno al periodo Medievale sono numerosi i documenti, non soltanto storico letterari 17 , ma anche ecclesiastici o regali che attestano il perpetuarsi di pratiche ritualinoncristianechecelebranoAlberieBoschiSacrienelcontempopredispongono azioni mirate portate avanti, ad esempio, da missionari per contrastare tali pratiche cultuali. Altrettanto testimonia l’Agiografia dell’Alto Medioevo: “Attraverso questi documenti si intravede una cultura legataall terradaun sistemadi credenze fin troppo radic te per poter essere cancellate da un’azione repentina e vi lenta. Un insieme di credenze che si conservava più facilmente nelle campagne” (BUTTITTA 2008: 38). È da ricordare inoltre che l’azione di conversione forzata da parte degli ecclesiastici o dei sovrani, che agivano con violenza sul mondo cultuale delle popolazioni in questione, non fu mai indolore, le comunità si ribellarono con decisione all’indottrinamento obbligato nel quale il clero voleva imbrigliarle (BUTTITTA 2008: 30-43). Nel Mille in Europa sono ancora vivi culti e credenze 18 che pur “inglobati” nel cristianesimo e mascherati dalla religione ufficiale, mostrano le loro più profonde origini: “Miti e simboli antichi pervadono più o meno consapevolmente l’immaginario di tutta la società confondendosi, a tratti camuffandosi, con u complesso ap arato di figure, icone, exempla, di matrice vetero e neo testamentaria, patristica e agiografica” (BUTTITTA 2008:43). 19 16 Non sappiamo precisamente in che misura e in quali peculiari forme, ma certamente gli alberi, segna- tamente alcune specie, dovettero avere un posto rilevante sul piano cultuale e mitico-rituale dei popoli celto-germanici. In questo senso gli indizi sono numerosi. Le tribù celtiche non si costituirono mai in regno centralizzato, in unità politica transtribale. A partire dal VI sec. a.C., in diverse ondate, si diffuse- ro ampiamente e stabilmente sul territorio europeo: Germania, Inghilterra e Irlanda, Francia, Spagna, fino ai Balcani e all’Asia Minore […] Numerose altre testimonianze iconografiche, dove si osservano di- vinità antropomorfe accanto ad alberi e/o rami e a essi variamente connesse, confermano l’esistenza di dei della vegetazione e in particolare degli alberi. Tra le specie vegetali di maggior rilievo religioso, il tasso, il sorbo, la quercia. Quest’ultima, cui si accompagnava il culto di Taranis, divinità uranica, assi- milabile a Zeus-Giove, divinità del tuono e del fulmine, assume particolare rilievo in quanto chiamata a rappresentare l’axis mundi, il supporto del cielo. Da essa inscindibile è il vischio che cresceva tra le sue fronde. Era considerato il centro energetico della pianta, il luogo in cui durante la stagione fredda si ritirava la forza vitale dell’albero. Era simbolo della rinascita […] Anche nella religiosità degli antichi germani trovano ampio spazio boschi, alberi e in particolare la quercia. Quest’ultima pare fosse con- nessa al dio del fulmine, Donar o Thunar, l’equivalente del norvegese Thor (BUTTITTA 2008: 30-33) 17 Altre significative e più antiche testimonianze sono quelle contenute nel Concilio Cartaginiense del 397, e nelle Costituzioni del re Childeberto del 550, che attestano la diffusa venerazione di boschetti sacri in cima a colline e rilievi in genere. Nei concili provinciali di Arles (452), di Tours (567), di Nantes (568) si decreta contro l’adorazione di alberi, fonti, pietre. [...] Carlo Magno, che aveva avuto diretta esperienza, durante la campagna militare del 772, della tribù sassone degli angari nei cui santuari si veneravano alberi e pali sacri (BUTTITTA 2008: 39) 18 Ancora intorno al XI secolo la distruzione dei boschi sacri continuò a essere prescritta da concili, sino- di regionali, editti, soprattutto, in Germania e in Europa settentrionale (BUTTITTA 2008: 40) 19 Come sostiene il prof. Buttitta, questo intrico simbolico è presente nella Chanson de Roland: Nel testo si colgono interessanti riscontri riguardo ai significati che assumono alcuni elementi del paesaggio, in particolare gli alberi. Segnatamente non pare casuale la presenza in più luoghi di elementi vegetali Numerosi elementi simbolici appartenenti a culti precristiani nel corso dei secoli, si sono intrecciati nella tradizione cristiana ufficiale arrivando fino ai nostri giorni seppur con nuovi significati. Forti del loro simbolismo hanno continuato a sopravvi- vere all’interno di apparati rituali non originali mantenendo pur sempre il proprio emblematico significato. La comprensione degli apparati simbolici delle diverse civiltà è ostacolata dalle tradizioni culturali in esse variamente stratificate. Nella cultura del Medio Evo, per esempio, elementi di disparate matrici spaziali e temporali si fondono e confondono in un sincretismo i cui nessi è, talora, impossibile districare. La cosiddetta “cultura classica” sulla quale viene a impiantarsi e strutturarsi progressivamente il cristianesimo, come è noto, non è un tut- to omogeneo. Al suo interno tradizioni e culti di varia origine e natura, in particolare orientali, si trovano a interagire con diversi substrati regionali. A complicare le cose intervengono gli apporti delle diverse popolazioni bar- bariche che attraversano e si stanziano sui territori dell’impero romano, anche prima della sua dissoluzione. La loro progressiva adesione al cristia- nesimo, spesso praticato solo dagli strati alti della società, non esita nella integrale cancellazione delle precedenti forme di religiosità (BUTTITTA 2008: 22) D’altra parte è una realtà il fatto che oggi stesso, nella nostra epoca ipertecnologica e materialista, l’uomo trovi ancora conforto e risposte negli apparati simbolici che appartengono al proprio contesto culturale, in quanto, manifestando il simbolo o facendo parte di questa manifestazione, si sente parte integrante della comunità di appartenenza e trova una sua collocazione identitaria. Scrive infatti Buttitta riguardo “la costituzio e del significato di ogni singola unità simbolica e la formazione di sistemi simbolici”: Non è da credere che l’uomo “moderno”, ipertecnologico si sia emancipato da un simile modo di porsi innanzi al mondo, poiché “l’ideazione umana spontanea” resta nettamente simbolica: […] l’uomo si sente ancora ango- sciosamente alla mercè di oscure e indefinite forze esterne, solo cono- scendole, solo ripetendo un’azione simbolica (dove il simbolo implica tutta la potenza che gli è riconosciuta dalla psicoanalisi, o rispettivamente dalla magia), egli affronta l’angoscia del nuovo riportandolo entro la sfera del noto e dominabile (BUTTITTA 2008: 21) Praticando il simbolo attraverso la celebrazione del rito, quindi, il perpetuarsi della memoria collettiva, si esprime la propria identità culturale, trovando conforto in come complemento di specifiche figure e situazioni. L’albero (e ciò vale anche per altri elementi) è nel poema, referente topografico, luogo di adunanze, asse di riferimento e distribuzione dello spazio, ma è anche manifestamente strumento di passaggio e di comunicazione con la dimensione divina. L’albero axis mundi, tramite attraverso il quale discende il dono divino della regalità tra gli uomini, diviene esso stesso sua rappresentazione simbolica. È simbolo di ciò che viene trasmesso, di chi lo trasmette e di chi lo riceve. In altre parole se la regalità è dono divino, essa discende al mondo attraverso un asse, mezzo di comunicazione fra trascendenza e immanenza, fra uomo e Dio, e questo viene a costituirsi come suo simbolo (BUTTITTA 2008: 44)
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