Sa Pippia de Maju

- 165  - -  164  - le persone che si celano dietro determinate maschere e costumi, attorno a queste figure, permangono, nell'immaginario collettivo, un'aura di mistero e un senso di riverenza che si moltiplicano esponenzialmente riguardo lamaschera del Capocorsa. Questa soggezione verso la figura dominante del Carnevale oristanese, viene percepita soprattutto successivamente alla cerimonia della Vestizione , che sancisce il suo mascheramento, la sua trasformazione . Su Componidori , emblema del Carnevale di Oristano agisce nell’iter cerimoniale con determinati gesti rituali che compie dal momento in cui indossa la propria maschera al momento in cui durante la Svestizione tornerà ad essere semplice uomo. Oggi [la Vestizione ndr] è diventato un elemento centrale della manifestazione, tutta questa carica emotiva che crea questa Vestizione, costruisce un pers aggio […] lì non è il singolo cavaliere non è la persona con nome cognome e storia che sta sotto la maschera, li è la figura de su Componidori, […] una figura che di anno in anno passa, di anno in anno è presente che non muore mai […] adesso un po’ meno ma prima con il discorso che la Vestizione e la Svestizione non era un elemento pubblico, tu vedevi questo Componidori che compariva, compiva una manifestazione e poi svaniva e ricompariva l’anno dopo, tu non vedevi la persona che c’era sotto quella maschera quindi ancora di più non percepivi la fine di quella figura, ma percepivi il fatto che compariva e scompariva, ma che come cavaliere infinito [cit. Filippo Martinez ndr] continuava a essere presente. 205 "Questo è un carnevale serio. Non è neppure carnevale. Storia cifrata d’un re che c’era una volta. Non re di carnevale: re di primavera, re di maggio. Re di festa che si mostra al suo popolo nel pieno delle sue funzioni: perciò dovrebbe essere vestito da re. Ma è un re che si nasconde, si traveste, si maschera. Ma pure se si maschera, la sua vestizione è un rito serio, elaborato. Un re che si sceglie ad ogni inizio d’anno" (ANGIONI: 1990) I peculiari gesti che compie il Capocorsa 206 , palesano l'importanza di questo autorevole cavaliere, direttore e Re della schiera di maschere che obbedisce ai suoi ordini per tutta la durata della Giostra. Figura simbolo, rispettata e quasi venerata dalla comunità, che gli conferisce una apparire e poter testimoniare di partecipare a una manifestazione di tale portata comunitaria, turisti- ca e mediatica. Per i Cavalieri infatti è un onore partecipare alla Giostra e proprio per questo motivo diventa per loro importante farsi riconoscere. 205 Intervista a Francesco Obino, del 13/12/2013 206 I momenti specifici durante i quali su Componidori impartisce al pubblico la sua benedizione sono fondamentalmente quattro: La prima volta che gli viene consegnata sa Pippia de Maju , immediata- mente successiva al suo mascheramento: qui il Mastro di Campo effettuerà una prima benedizione al Presidente e al Gremio; una seconda benedizione viene effettuata quando esce a cavallo dalla sede della Vestizione salutando i cavalieri e il pubblico presente. La benedizione più importante è quella relativa a s’Arremada effettuata al galoppo, atto conclusivo della Corsa alla Stella. Un’ulteriore bene- dizione viene eseguita al termine delle Pariglie. Durante gli spostamenti, quando gli viene concesso di trasportare sa Pippia de Maju su Componidori elargisce al pubblico spettatore una sorta di “saluto/ benedizione” pratica come già ricordato, recente. carica emblematica potente e misteriosa: un'effigie che non si lascia facilmente interpretare, per lo meno senza cadere in definizioni banali e fuorvianti. Una maschera che può essere tutto oppure niente... Un uomo o una donna, un vicario dei morti, il Carnevale, un tempo effimero che come lui nasce e muore ciclicamente in quel preciso periodo dell’anno, un Mastro di Campo , un dirigente, un abile cavallerizzo, una figura dal costume androgino, una maschera, un simbolo comunitario. 207 207 Da autentico elemento di una tradizione vissuta, le maschere si fanno, come molti altri simboli rituali memoria della tradizione, di una memoria sociale la cui esistenza conferma l’esistenza storica della comunità, segni dunque di un tempo e di una storia, tracce di un’identità perduta e da riscoprire che rendono visibile e attestano l’esistenza di una comunità sia verso le sue componenti che verso l’e- steriorità. Una realtà cerimoniale le cui radici affondano nel più lontano passato, cessate e condizioni perché possa essere tradizione vivente, si fa memoria della tradizione mettendosi al servizio della co- struzione dell’identità comunitaria (BUTTITTA 2013: 212) Sa Pippia de Maju . (Foto di Stefano Flore)

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