Sa Pippia de Maju
- 163 - - 162 - o itineranti, di norma connotate da frastuoni, canti, recite, pantomime e danze che, pur nel declinarsi di molteplici varianti formali, si fondano sul medesimo codice funzionale-simbolico (BONANZINGA 2003: 285) Carnevale è una festa propiziatoria della fertilità della terra, dell’abbon- danza delle messi. Ora, per generare la nuova spiga o la nuova pianta, il seme deve trascorrere un periodo più o meno lungo sottoterra. Là, nel buio delle plaghe infere stanno le potenze della generazione, le divinità sotterra- nee, i demoni, le anime degli avi che nella giornata fatidica del ricomincia- mento dell’anno, dell’eterno ritorno del ciclo produttivo, evocati da appositi riti appaiono sulla terra, e vi esercitano la loro forza (TOSCHI 1976: 382) La maschera cerimoniale, dunque, lungi dall’essere travestimento, nascon- dimento, è rivelazione, cosa concreta che enuncia drammaticamente la sua presenza e con essa il sovvertimento dell’ordine della quotidianità. [...]Esse raffigurano il caos incombente ma necessario [...] Il loro avvento dunque, segnalando la necessità della morte, impone il ritorno alla vita (BUTTITTA 2009: 25-28) Leparoledi questi studiosi, benriassumono l’importanza fondamentaledell’apparato festivo sancito dal Carnevale. Si tratta, quindi di un momento particolarmente importante del calendario cerimoniale, in cui diventa necessario operare specifici riti e ingraziarsi i morti, che in questo contesto tornano tra i vivi imponendo la loro presenza. Questa “invasione” si realizza appunto anche attraverso le maschere. Che secondo Buttitta, sono: Simboli, oggetti semiofori che possono rappresentare i efunti, le potenze dell’aldilà in precise e determinate occorrenze rituali. Concorrono dunque alla loro definizione in tal senso, oltre ai caratteri morfologici, le relazioni sistemiche che intercorrono tra lemaschere e gli altri simboli dell’iter rituale (suoni, parole, gesti ecc.) nonché gli spazi e i tempi del rito e il complessivo comportamento delle maschere all’interno dell’iter rituale. In ogni caso esse diventano epifanie dell’alterità, presenze reali. Solo nel momento in cui vengono indossate, facendosi tutt’uno con il loro portatore, e agiscono, seguendo precisi codici espressivi, nello spazio comunitario (BUTTITTA 2013: 207) I cavalieri della Sartiglia , dal momento in cui indossano la maschera assumono un ruolo speciale all’internodella comunità, vengono seguiti e inneggiati conentusiasmo e ammirazione, il pubblico li acclama ed esulta ad ogni loro cenno di saluto. Nonostante oggi sia di dominiopubblico la loro identità 204 e gli oristanesi riconoscano 204 Oggigiorno essere riconoscibili diventa invece prerogativa essenziale: nei dépliant della manifesta- zione è possibile leggere diverse informazioni su ciascun cavaliere e sulla pariglia di cui fa parte, vengono pubblicate foto e dettagli dell’esperienza del cavaliere e del proprio cavallo. Durante la ma- nifestazione uno speaker annuncia nomi e cognomi dei cavalieri che sfilano e “corrono alla stella” de- scrivendone i costumi e le bardature dei destrieri (ciascuna pariglia indossa costumi particolari che cambia ogni anno, i cavalli hanno bardature con colori specifici per differenziarsi dalle altre pariglie). L’anonimato non viene più rispettato come in passato, ma diventa invece necessario svelarsi per poter Sartiglia 1959. Il Componidori del Gremio dei Falegnami, Antonio Casu riceve il grano lanciato presumibilmente dalla moglie del Majorale , come segno di buon augurio Sartiglia 1961, Il Componidori del Gremio dei Falegnami, Angelo Fiori benedice il suo Majorale con sa Pippia de Maju
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