Sa Pippia de Maju

- 161  - -  160  - degli elementi del viso: pur rimanendo sempre inespressiva cambiano la dimensione dei fori per gli occhi, le labbra, il naso, i colori (più scura quella del Capocorsa della do- menica, più chiara per quello del martedì). Interessante l’abbigliamento: entrambi por- tano un velo, il cilindro 201 e una camicia bianca, variano invece i costumi: pantalone e cojetto in pelle chiuso da lacci per il Mastro di Campo del Gremio dei Contadini, cojetto abbottonato con bottoni d’argento per quello del Gremio dei Falegnami. Maschera si- curamente interessante e di non facile interpretazione quella dei Componi oris di Ori- stano, da diversi autori definita androgina, soprattutto per la presenza del velo, tipico dell’abbigliamento femminile tradizionale e per i lineamenti impersonali e indefiniti. Proprio questa particolarità necessaria per il nascondimento, (in passato infatti solo il Presidente e qualche componente del Gremio conosceva l’identità del Capocorsa , che doveva restare assolutamente segreta durante tutta la manifestazione) 202 , potrebbe rimandare alla necessità di rappresentare la comunità tutta indistintamente, scrive a tal proposito Maria Margherita Satta: La maschera del Componidori [...] rappresenta il volto di un individuo indefinito che riassume in sé tutti e nessuno. A questo riguardo si potrebbe ipotizzare che la maschera del Componidori accolga nella propria indefinitezza i lineamenti incerti di un’intera collettività e perciò non possa rassomigliare a nessuno in particolare. È in tale logica che forse il Componidori esprime il simbolo della comunità (M.M SATTA 1982: 105) Come sostiene Buttitta infatti, la maschera è “manifestazione rituale di identità altre”: Tra i molteplici simboli ritu li diretti a rappresentare tale temporanea periodica sospensione/inversione [del tempo comunitario ordinario ndr] evidentemente avvertita come necessaria, ricorrono potremmo dire quasi universalmente, i mascheramenti, i quali più che occultare una precisa identità individuale, sono diretti alla manifestazione rituale di identità altre, e questo non soltanto attraverso una “falsa faccia” che ricopre il volto, ma anche per via del complessivo costume, degli eventuali accessori, del comportamento a-normale, di peculiari sonorità e verbalizzazioni” (BUTTITTA 2013: 180) Anche l’identità degli stessi cavalieri era segreta. Nessuno poteva togliersi la maschera durante la Giostra. “Io l’ho fatto [ su Componidori ndr] il ‘52, di San Giovanni […] Si correva così, cummenti Deus bolidi, mascara de cera! Das bendiada Garau! Si tui no das rispettasta po su Martisi fiad’ iscallada! Bella de figura...però s’iscallada! […] s’antiga! das bendiada issu scetti, Garau! La regola era tenerla fino a 201 Quest’ultimo introdotto probabilmente sul finire del 1800, precedentemente viene testimoniato un cappello di foggia spagnola. 202 Intervista a Maurizio Casu del 10/12/2013 “Si scopriva a corsa ultimata, non abbiano nessun elenco del Gremio neanche ottocentesco che registra l’elenco dei Capocorsa, zero, non veniva ricordato da nessuna parte “fiada su Componidori de Santu Juanni, fiada su Componidori de Santu Giuseppi! No ti n’di frigada nudda de chi fiada!” Trad. Lett. : Era su Componidori di San Giovanni, era su Componidori di san Giuseppe! Non te ne frega niente di chi era! quanto accompagnavi su Componidori a domu! A mimi s’unicu annu chi nd’iu pigau sa stella, una bella stella de argento e da tengiu pura eh! Unu de sa giuria mi ndi faidi, in sa tribuna, seo accostau po ndi pigai sa stella de sa spada e mi ndi faidi «si tolga la maschera!» e m’est tocau mi nda bogai! E di podiu narri «la maschera non si toglie» mah, mi ndi d’appu bogada” 203 Inquesto caso lamascheranonprotegge l’identitàdel portatoredall’eventualepratica di azioni impetuose tipiche dello stravolgimento del tempo festivo carnevalesco, ma pare esclusivo mezzo per celare una specifica identità in favore dell’interpretazione di un ruolo altro. Nel Carnevale di Oristano, non sono presenti maschere teriomorfe o raffiguranti demoni della vegetazione né particolari azioni eccessive o aggressive da parte della maschera nei confronti del pubblico. La rigidità di questo Carnevale probabilmente è dovuta come già ricordato, alla tradizione della cavalleria medievale, che imponeva determinate regole nello spettacolo offerto al pubblico. La Giostra infatti, nasce come competizione cavalleresca praticata inizialmente solo dai nobili che avevano la possibilità di avere una preparazione militare e un destriero. In questo Carnevale, ciò che prevale è la spettacolarizzazione, l’esibizione dell’abilità e oggi della bellezza a discapito della trasgressione e dell’eccesso. Il fatto che la Sartiglia non abbia origine nel Carnevale, ma in un contesto rigoroso e regolamentato come quello dei tornei, potrebbe spiegare anche la rigidità di questa tradizione e delle maschere che oggi la praticano. I mascheramenti utilizzati, così indistinti, rappresentanti sempre comunque figure umane, potrebbero invece impersonare tutti e nessuno: maschere vicarie dei morti (BUTTITTA 2009-2013), che in questo giorno di sovversione dell’ordine sociale si manifestano e invadono lo spazio-tempo festivo inserendosi in un contesto rituale in cui ormai appare chiaro il richiamo alla propiziazione della vegetazione e della buona annata agraria. Durante il tempo extra ordinario del Carnevale, si realizzano molteplici significati, scrivono a riguardo Bonanzinga, Toschi e Buttitta: Il Carnevale rientra el ciclo delle feste d’inizio d’anno destinate a marcare nelle società tradizionali il passaggio critico tra inverno e primavera (simbolicamente, quindi, dalla morte alla vita). In queste feste ricorre un articolato complesso di strategie espressive destinate a significare la rigenerazione del tempo umano e naturale. Gesti e suoni - insieme a maschere, costumi, oggetti, alimenti, ecc. – concorrono a rappresentare la rottura e la ricostituzione dell’ordine sociale e cosmico. In ogni caso connotano la transizione da una fase “vecchia” a una fase “nuova”, o meglio “rinnovata”. Si tratta di consuetudini cerimoniali, stanziali 203 Intervista a A.F. Del 27/09/2017 Trad. Lett. : Si correva così, come Dio vuole, maschera di cera! Le vendeva Garau! Se tu non la rispettavi, per il martedì era squagliata! Bella di figura, però...si squagliava! [...] l’antica, le vendeva solo lui, Ga- rau! La regola era tenerla fino a quanto accompagnavi su Componidori a casa! A me l’unico anno che ho preso la stella, una bella stella di argento, e ce l’ho anche eh! Uno della giuria mi fa, nella tribuna, mi sono avvicinato per far prendere la stella dalla spada e mi fa: «si tolga la maschera» e mi è toccato toglierla! Gli avrei potuto dire «la maschera non si toglie», ma me la sono tolta.

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